Pranoterapia – cenni storici
Nonostante la pranoterapia, nel linguaggio e nell'immaginario popolare, sia riconducibile a una pratica di chiara derivazione orientale, e specificamente indiana, essa è conosciuta in Occidente come pratica terapeutica non necessariamente legata a una tradizione spirituale e tanto meno religiosa. La pranoterapia, infatti, non può vantare precedenti storici precisi quali possono essere quelli ai fondatori ufficiali della pratica, a codici e manuali che ne illustrino tecniche e protocolli, a riferimenti teorici e filosofici che consentano di descriverne lo specifico approccio terapeutico.
In altri termini, essa non è altro che il termine con il quale nel mondo occidentale si descrive e riassume l'insieme di tutte le pratiche di medicina popolare riconducibili a quella più primitiva tra esse, ossia l'imposizione delle mani.
L'imposizione delle mani è un'arte terapeutica della tradizione popolare le cui radici sono antichissime, sia in Oriente che in Occidente, e storicamente certificata da alcune fonti storiche. Essa è sempre stata un fenomeno strettamente connesso con l'attività terapeutica dei cosiddetti "guaritori", ovvero persone che,
secondo i diversi contesti storici, hanno praticato la cura seguendo le pratiche che oggi definiamo etnomediche. La tradizione cristiana ne è profondamente implicata a causa della figura di Gesù, la cui vita adulta, così come descritta nei Vangeli, è in fondo la descrizione dell'attività di un guaritore itinerante.
L'occasione era troppo ghiotta per non cercare di rendere in qualche modo spendibile in termini di marketing tale precedente storico-religioso, per cui pochi decenni fa si è cominciato a costruire ad arte la leggenda dell'esistenza di vere e proprie “terapie essene” (di cui non esiste evidentemente traccia in nessuna fonte storica reale e credibile) come se si trattasse di veri e propri metodi di cura caratterizzati da un impianto teorico, metodologico, da tecniche e protocolli precisi. Tuttavia, questo precedente storico religioso ha comportato un doppio effetto: di avocazione della pratica della imposizione delle mani alle figure ecclesiastiche e all'operare miracolistico e di espressione della fede religiosa spontanea (in modo particolare nell'ambiente protestante).
Bisogna attendere il XVIII secolo perché si facesse avanti qualcuno – Franz Anton Mesmer - che cercasse di emancipare questa pratica (e se stesso, considerato ch'egli stesso era un guaritore) dalla religione, elaborando una teoria fondata sul magnetismo.
In realtà, quello che egli studiò, sperimentò e descrisse era una sorta di forza fisica non misurabile con le apparecchiature dell'epoca (e neppure con quelle attuali) che egli riconduceva in maniera inequivocabile alla natura biologica degli organismi viventi definendola non a caso "magnetismo animale”. Nessun riferimento, quindi, né alla fede religiosa, né alla spiritualità orientale, né a rituali di iniziazione o di avocazione a sé di energie soprannaturali. Egli aprì così un filone che ebbe successo e destò nei secoli seguenti un'attenzione particolare a quei processi psicofisiologici che noi oggi chiamiamo "psicosomatica" e che fu inquinato, in modo particolare nel XIX secolo, dallo spiritismo e dall'invasione della magia, con la complicità del cosiddetto paranormale.
In Italia, durante gli anni '50, ha avuto un notevole ruolo Francesco Racanelli, guaritore naturale, che, per poter esercitare il suo lavoro senza dover trascorrere il tempo nelle aule dei tribunali, si laureò in medicina. Fu anche autore di molti volumi, che contribuirono non poco a dare considerazione al ruolo dell'operatore di quella che lui chiamò la «medicina bioradiante» e che dopo qualche anno sarebbe stata definitivamente chiama "pranoterapia".
Contemporaneamente cominciarono ad essere compiuti studi di grande serietà e impegno, in particolare per opera dello psicoanalista Emilio Servadio e del medico Piero Cassoli. Solo negli ultimi decenni essa è stata recuperata a scopo squisitamente commerciale come pratica pseudo medica volta alla cura di patologie, mascherata sotto la forma di una pratica di derivazione spirituale e religiosa che opera a livello energetico (sperando così di porsi al riparo da denunce per esercizio abusivo della professione medica, ma esponendosi a quello non meno grave di abuso della credulità popolare).
Poiché la pratica antichissima della imposizione delle mani è sempre stata legata a una sorta di vocazione ereditaria o di “dono” misteriosamente concesso a seguito di un processo di iniziazione, ossia al superamento di prove di sopravvivenza particolarmente difficili (si pensi all'esilio nel deserto di Gesù Cristo per 40 giorni), essa non poteva essere così facilmente ricondotta a un sistema di cura che potesse affiancarsi alla pratica delle scienze mediche moderne, se non trasformandola in una pratica terapeutica organizzata intorno a un impianto teorico storico e a tecniche e protocolli precisi.
Riguardo al primo, l'impianto teorico e storico fu costruito intorno alla pratica della imposizione delle mani di derivazione orientale, e specificamente indovedica, non perché essa fosse la prima o la più importante tra tali pratiche, ma semplicemente per motivi commerciali, ossia perché la più suggestiva e affascinante in quanto evocativa di un'epoca lontana nel tempo e nello spazio.
Quanto a tecniche e protocolli, essi sono stati elaborati dagli stessi fondatori delle prime scuole di pranoterapia utilizzando semplicemente quella che era la loro pratica quotidiana e personale all'interno della loro attività terapeutica.
Tratto dal libro: Manuale di Pranoterapia di Davide Lamberti, Guido A. Morina