Letteratura serbocroata del dopoguerra
La separazione politica, la diversità delle tradizioni e la duplicità dell’alfabeto erano, fino alla guerra mondiale, altrettanti fattori che tenevano distanziate le due letterature, la serba e la croata. Non vi mancavano certo tendenze e forze che agivano in senso unitario, ma un’unione effettiva incontrava sempre ostacoli insuperabili; non solo nella coscienza degli scrittori stessi, ma anche nella scarsa conoscenza che il pubblico croato aveva della letteratura serba, e nella quasi completa ignoranza che il pubblico serbo aveva di quella croata.
Un sensibile avvicinamento delle due letterature è avvenuto nel dopoguerra: a molte istituzioni culturali collaborano indistintamente Serbi e Croati; riviste a carattere esclusivo sono diventate rare e ve n’è qualcuna che accoglie articoli nei due alfabeti, la cui conoscenza è oramai diffusissima; parecchi scrittori croati vivono a Belgrado e qualche serbo a Zagabria, contribuendo così, anche inavvertitamente, alla fusione letteraria dei due popoli.
Ma questa fusione è lungi dall’essere completa: parecchi scrittori (Nušić, Dučić, Begović, Nazor, Stefanović, Kosor, Pandurović, ecc.), che si erano affermati già nell’anteguerra, continuano a partecipare attivamente alla vita letteraria conservando, più o meno, le direttive fissate prima del 1914; più importante ancora è il fatto che la letteratura riflette l’avvicendarsi della maggiore o minore forza coesiva nel campo politico.
La grande varietà di nuove tendenze letterarie (futurismo, espressionismo, surrealismo, ecc.), che propagandosi dall’Est e dall’Ovest raggiungono rapidamente la Jugoslavia, e quel forte disorientamento spirituale che ha accompagnato l’unificazione politica dei Serbi e dei Croati, rendono difficile una sintetica caratterizzazione della letteratura contemporanea serbo-croata.
Tuttavia, a darle una fisionomia propria, specie nei riguardi del passato, contribuiscono alcuni suoi caratteri più o meno comuni: l’assenza della nota patriottica che presso alcuni giunge sino ad affermazioni recisamente antipatriottiche (la poesia nazionalistica M. Bojić, 1892-1917, aveva già durante la guerra un sapore anacronistico); un forte egocentrismo promosso da una più approfondita analisi del proprio io, e di questa a sua volta promotore; un caos formale che va da una esagerata e corrosiva ricercatezza di espressioni inconsuete sino alla negazione e dissoluzione di ogni forma; infine una provincializzazione che talvolta è tanto più radicale e profonda, quanto più autoctona è l’ispirazione artistica e più regionale è la materia che poeticamente si riplasma.
Il posto predominante in questa letteratura di incertezze e di ricerche è occupato dalla poesia lirica: da quella pensosa, densa, personalissima di T. Ujević (1891) e quella latinamente serena di S. Miličić (1886) – tutt’e due sono dalmati – agli accenti di un individualismo intimo di G. Krklec (1899) e di una fin troppo ostentata spregiudicatezza di M. Crnjanski (1893).
Nel genere narrativo predomina di nuovo il breve racconto, ma in questo, tanto V. Petrović (1884) psicologo acuto e penetrante, quanto I. Andrić (1891) col suo stile incisivo e plastico e il suo sagace talento di osservatore, hanno compiuto, di fronte ai propri precursori, un progresso sensibile.Da segnalare, nel romanzo, B. Mašić. Nel dramma prevalgono tuttora gli anziani, fra i quali si potrebbe annoverare anche il dalmata B. Lovrić (1881) sperimentatore di vie nuove, ove naturalismo e simbolismo sembrano fondersi. La più forte e più complessa personalità del dopoguerra è però indubbiamente M. Krleža (1893) che in tutti i campi tentati – poesia lirica, dramma, racconto, critica politica, sociale e letteraria – ha lasciato l’impronta del suo genio turbolento, patetico, distruttivo.
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Per i singoli capitoli: M. Medini, Povijest hrvatske književnosti u Dalmaciji i Dubrovniku (Storia della lett. Croata in Dalmazia e Ragusa), Zagabria 1902; J. Torbarina, Italian influence on the poets of the Ragusan republic, Londra 1931; A. Cronia, I principali apprezzamenti dell’antica letteratura slava di Ragusa, in L’Europa Orientale, XIII (1933), pp. 586-615; M. Deanović, Les influences italiennes sur l’ancienne litérature yougoslave du littoral adriatique, in Rev. Litt. Comparée, 1934; M. Murko, Die Bedeutung der Reformation und Gege nreformation fűr das geistige Leben der Sűdslaven, Praga e Heidelberg 1927; J. Skerlić, Srpska književnost u XVIII veku (Lett. Serba nel sec. XVIII), Belgrado 1909; T. Maretić, Naša narodna epika (La nostra poesia epica nazionale), Zagabria 1909; S. Gesemann, Studien zur sűdslavinschen Volksepik, Reichenberg 1926; M. Murko, La poésie populaire épique en Yougoslavie au début du XX siècle, Parigi 1929; Dr. Subotić, Yugoslave Popular Ballads: Their origin and development, Cambridge 1932; A. Vaillant, Les chants épiques des Slaves du Sud, in Revue des Cours et Conférences, 1932; N. Kravcov, intr. a Serbskij Epos. Perevody, a cura di N. Berg, N. Galkovskij e N. Kravcov, Leningrado 1933; N. Banašević, Ciklus M. Kraljevića i odjeci francusko-talijanske viteške književnosti (Il ciclo di M. Kr. E i riflessi della lett. Cavalleresca franco-italiana), Skoplje 1935; H. Wendel, Aus dem sűdslavischen Risorgimento, Gotha 1921; B. Unbegaun, Les débuts de la langue littéraire chez les Serbes, Parigi 1935; J. Skerlić, Omladina i njena književnost, 1848-1871 (L’”Omladina” e la sua letteratura), Belgrado 1925, 2ª ed.: id., Istorija nove srpske književnosti (Storia della mod. lett. Serba), ivi 1914.
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G. Ma.
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