Il serpente era l'animale sotterraneo per eccellenza, quello che propizia la fecondità della terra e degli animali, così come era ad esempio venerato nel santuario di Giunione ed in quello di Buona Dea (cioè Fauna)
Ha in parte gli stessi significati del drago o dragone. Tre serpenti designano in alchimia i tre Principi: Sale, Zolfo, Mercurio. Due serpenti sul Caduceo, Zolfo e Mercurio dei Saggi; serpente alato il Volatile; senza ali il Fisso. Serpente crocifisso, designa la fissazione del Volatile.
Significative anche le leggende popolari, ancora in piena età storica, secondo le quali le madri di Scipione e Ottaviano sarebbero state fecondate da un serpente (si noti l'anologia serpente - fallo).
Il serpente sacro
Altre omologhe signore dei serpenti e dispensatrici di erbe curative sono Angitia presso i Marsi e Ancaria o Anchera presso i Piceni. Oggetto di venerazione era, come detto, il serpente sacro alla Buona Dea, una tra le più remote divinità agrarie, indigitazione di Fauna, nel cui Tempio in Roma, sotto l'Aventino, sappiamo erano nutriti tali animali. Fauno stesso, trasformato in serpente, si sarebbe così unito alla dea e ancora in piena età storica il rettile sacro si univa alla sacordetessa nel culmine del rito che propiziava la fecondità della terra, degli animali e degli uomini.
Un celebre tempio della dea era anche mons Aeflanus, sopra Tivoli, oggi S. Angelo in Arcese. Il serpente sacro della caverna del santuario di Giunone a Lanuvio, al quale un certo giorno dell'anno una vergine doveva offrire il pasto che se consumato, attestava la sua purezza e assieme assicurava la fertilità dell'annata. Questo serpente, come quello sacro alla Bona Dea, era il cosidetto saettone romano, una grossa biscia non velenosa, ancora oggi assai diffusa nelle campagne. Se questo era considerato un nume benigno, la superstizione ricorda invece come malefica la vipera e l'anfisbena*.
Altro serpente è l' Uroburos, talora associato, in alcuni amuleti rinvenuti, a simboli uterini (inclusi nell'anello dell'uroburos). Probabilmente si trattava di amuleti uterini, che in qualche modo significavano anche un tentativo di controllo sulle nascite "aprendo" e "chiudendo" l'utero con una chiave speciale. Su questo genere di amuleti, la scena dell'utero era spesso accompagnata da una parola che potrebbe essere il nome del potere che controlla l'attività dell'utero (o l'utero stesso) e da una formula il cui significato e funzione sono sostanzialmente sconosciuti**.
* L' Anfisbena era un serpente favoloso della Libia, con una testa a ciascuna delle due estremità.
** Ved.: Bonner C., Studies in Magical Amulets, Univ. of Michigan Studies, Human. Series XLIX, Ann Arbor, 1950
Dal libro "Culti misterici ed orientali a Pompei" di Antonio Virgili