In memoria ad Antonio Gelsomino
Monday, November 18, 2024

Moratoria sulla pena di morte

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Moratoria sulla pena di morte

Alla luce delle “peculiarità” identificative di cui in premessa, la LIDU, prendendo spunto dal fatto che, per la prima volta, grazie soprattutto all’impegno umanitario ed allo sforzo politico prodotto, memore di Cesare Beccaria, dalla delegazione italiana, l’ONU ha approvato, seppure a maggioranza, la “Moratoria sulla pena di morte”, apre il 2008 (10 Gennaio) con il documento che segue. Ovvero un comunicato che, alla luce delle specifiche ed attualissime considerazioni di Cesare Beccaria sulla pena di morte che, già nel 1764, affermava “parmi assurdo, che le leggi che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e per allontanare i cittadini dall’assassinio ordinino un pubblico assassinio”, denuncia e condanna, senza riserve, gli stati che ancora la praticano, così come denuncia e condanna tutta una serie di “violenze”, fisiche, morali, politico-religiose, razziali e sociali di cui, ancora all’inizio del terzo millennio, parte dell’umanità è vittima.



Parlare di Diritti Umani, di parità di diritti fra i cittadini del mondo, di eguaglianza fra uomo e donna, di lotta ad ogni tipo di discriminazione, di natura etnica, religiosa, politica, di fede, di pensiero, di sesso etc., può e dovrebbe apparire, oggi, un classico non sense se solo facessimo mente locale sul fatto che i valori di parità ed eguaglianza tra gli individui, fin dal secolo dei lumi, hanno, in larga massima, organicamente permeato e contraddistinto l’umanità moderna e culturalmente evoluta.
Eppure così non è!

 

Non è così perché ancora oggi, agli inizi del terzo millennio post Christum natum, milioni di persone, ripartite nei diversi continenti, patiscono l’oltraggio di non essere riconosciuti nelle loro prerogative fondamentali di individui, non solo nella pienezza dei diritti di cittadinanza attiva e passiva per la conduzione dello Stato, ma anche nelle condizioni di base, quali la libertà e l’inviolabilità della persona, la sicurezza, la garanzia d’esistere e di non essere sfruttati o schiavizzati.

E questo stato di cose, per solito, si evidenzia soprattutto a danno delle donne, dei bambini e degli adolescenti, mortificati, abusati e ridotti, di fatto, a vittime di sostanziale violenza morale e fisica, sociale e materiale.

Ci riferiamo, specialmente, ai bambini ed agli adolescenti segregati nel lavoro coatto all’interno di nazioni che praticano regolarmente, con agghiaccianti performances da record annuali, la pena di morte e che vanno per la maggiore, in termini di indici, a due cifre, di sviluppo del prodotto interno lordo; nazioni con le quali i più evoluti stati occidentali fanno a gara per consolidare ed accrescere i rapporti commerciali.
Ci riferiamo a bambini ed adolescenti brutalizzati e fatti oggetto (spesso all’interno delle stesse mura domestiche) di perversioni sessuali, non solo apertamente praticate in alcune aree dell’estremo oriente, ma, addirittura, fomite e ragione, non occasionale, di lucrosi flussi turistici, specificamente e laidamente organizzati e mirati.

 

 

Ci riferiamo a bambini ed adolescenti fatti scomparire, ed il più delle volte fisicamente soppressi per commercializzarne gli organi in lussuose cliniche occidentali, specializzate in trapianti.

Ci riferiamo, checché se ne dica, soprattutto alle donne di non poche nazioni di religione mussulmana, costrette, non solo ad una condizione politicamente e strutturalmente subalterna rispetto all’uomo, ma, anche, in gran parte, disinvoltamente e deliberatamente violate nei loro attributi sessuali (nel 2009, solo in Italia “mutilazioni”, quali l’alsunna, l’al-vasat e l’infibulazione, sono state 70.000) soprattutto per meglio compiacere il maschio, nonché, vittime, sovente, di oltraggi e condanne a pubbliche umiliazioni e punizioni corporali, quali, rispettivamente, il ripudio e la fustigazione, se non, addirittura, di esecuzioni sommarie, come la selvaggia e primordiale lapidazione coram populo.
Ovvero, come appena di recente è accaduto nel nostro Paese, quasi, nella fattispecie, si fosse trattato di un “fenomeno” di perniciosa e contagiosa mutazione genetica, da estirpare e da cui salvaguardarsi ad ogni costo, lo sgozzamento di una figlia, colpevole d’essersi “piegata” ai costumi occidentali, perpetrato addirittura dal padre con la complicità e l’omertà dell’intero clan familiare (madre compresa).

 

 

Specie quest’ultime sono condizioni di bieco e perverso millenarismo, in cui il fondamentalismo religioso la fa da padrone e genera letteralmente mostri e perversità.

Per cui, si lapidano, senza remore, le “peccatrici”; si emettono sentenze di morte (le cosiddette fatwe) per blasfemia, eseguibili ovunque possa disgraziatamente trovarsi, anche per caso, un fanatico disposto a farsi boia per guadagnarsi (questa è la credenza tramandata), in perpetuo e con tanto d’onori alla memoria e sostegni pratici alla famiglia d’appartenenza, un assai edonistico“paradiso”, quale sede abbondante d’urì compiacenti, di latte, di miele e di tante altre delizie; si impiccano gli omosessuali, dandone addirittura pubblico spettacolo a mo’d’esempio, quasi fossero anomalie della natura da emarginare, disprezzare, sopprimere per il solo fatto di esistere, in quanto ritenuti “cloache” immonde del male assoluto e vergogna della terra, ovvero, vittime predestinate al carnefice da cicliche involuzioni ed aberrazioni ideologiche di regime, come avvenne con il Nazismo (leggasi, al riguardo, “Homocaust. Il Nazismo e la persecuzione degli omosessuali” dello scrittore Massimo Consoli, recentemente scomparso).

 

Al cospetto di tutto questo, di uno stato di cose che vede i Diritti Fondamentali dell’Uomo mortificati, violati e concussi, del sistema della tortura praticato anche da nazioni di consolidata tradizione democratica e libertaria, di una realtà, insomma, che sembra essersi fermata e fossilizzata all’età della pietra, e che, giorno dopo giorno, sembra confermare l’assioma contenuto nel secondo atto dell’”Asinaria” di Plauto, secondo cui homo homini lupus, non homo, il tentativo di ergere muraglie di diritto e di buon senso alla pratica incivile del “dente per dente”, che è solo espressione di crudele vendetta, soprattutto quando è praticata dallo Stato, battersi per la giustizia giusta e per l’eguaglianza universale degli individui, ciascuno con le proprie specificità, è inutile?
È vano sperare in palingenesi rigenerative?
In sane resipiscenze di regimi o scuole (si fa per dire) di pensiero fondamentalista, obnubilate dall’odio e dall’ignoranza quali sono, nella fattispecie, le madrasa?

Ebbene, non ostante tutto, crediamo di no! Anzi, pensiamo che nel momento di massima caduta, quanto tutto sembrava irrecuperabile ed irreversibile, e non per volere divino, molti uomini dal cuore puro, dalle fede incrollabile nella forza della ragione, dall’animo fermo e rivolto al bene, perseverando nei loro incrollabili principi di rispetto, comunque, dell’intima natura dell’uomo, quale individuo pensante, hanno saputo darci un segno ed un esempio tangibili di grande speranza.
Sono questi, ed a questi dobbiamo essere assai grati, i rappresentanti di quelle nazioni (protagonisti, per primi, gli Italiani) che, in chiusura di 2007, all’ONU, non ostante la mortificazione di reiterati pregressi fallimenti, mostrando massima convinzione e determinazione nella suprema validità di una battaglia di principio in difesa dei diritti naturali dell’uomo, tra cui soprattutto quello inerente l’inviolabilità assoluta della persona, sono riusciti a far approvare, seppure a maggioranza, la “Moratoria sulla pena di morte”.

Per tanto, fidando che a questo primo, importantissimo, evento sospensivo faccia seguito la cancellazione definitiva, dai codici, della pena di morte, ovvero di questo, barbaro, esecrato e massimamente feroce atto irreversibile d’imperio, finora, proditoriamente praticato da molte comunità nazionali (anche le più evolute) contro il proprio o l’altrui cittadino, per tutti questi uomini, per questi politici illuminati, cui va tutta la nostra gratitudine e stima, noi, che siamo e ci sentiamo, senza dubbio alcuno, fermamente laici, non proviamo alcun imbarazzo a dire, nell’accezione strettamente lessicale dell’espressione: “Che siano benedetti!”.

 

Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio.
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli
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