La comunicazione - linguaggio del corpo
Sulla base di quanto detto, diventa impossibile instaurare una relazione senza la comunicazione.
Quest’ultima viene definita dalla teoria classica come trasmissione di un’informazione, di un messaggio, da parte di un committente a un ricevente.
La comunicazione, però, è anche un processo di interazione e di influenzamento reciproco che supera il semplice modello emittente/ricevente, perché il comportamento di ogni persona influenza ed è influenzato dal comportamento di ogni altra persona.
Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra soggetti diversi e quindi presuppone un grado di cooperazione e di realizzazione*”.
Ogni processo comunicativo avviene in entrambe le direzioni e là dove il flusso di segni risulta unidirezionale non si può parlare di comunicazione.
Comunicare significa “rendere comune”, far partecipe qualcuno di qualcosa, condividere esperienze e informazioni.
Grazie a questo la persona si sente realizzata, utile e soprattutto matura le sue conoscenze.
Comunicare implica l’atto di interagire con il prossimo, di ascoltarlo, di conoscerlo e questo implica la presenza di forme di stimolazione neuropsicologica e di socializzazione.
“Perché alcune persone, pur non avendo pronunciato discorsi particolarmente curati, riescono a trasmettere perfettamente ciò che volevano comunicare?”
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La risposta a tale quesito è rintracciabile nella presenza di tre livelli di comunicazione:
- Verbale
- Non verbale
- Paraverbale
Uno studio condotto negli stati uniti dal prof. Meharabian evidenzia l’importanza della comunicazione non verbale e paraverbale rispetto alla comunicazione verbale.
La comunicazione “verbale” fornisce i contenuti del nostro discorso ed è soltanto una piccola componente all'interno di un dialogo, mentre la comunicazione “non verbale” è rappresentata da fattori di diverso tipo, generalmente definiti come linguaggio del corpo, quali:
- la postura
- lo sguardo
- la mimica facciale
- la gestualitĂ
- le espressioni del volto
- i rapporti spaziali che si creano con le altre persone (la distanza)
- i movimenti del tronco, degli arti, del capo
- l'abbigliamento
Ognuna di queste componenti è importante, in quanto trasmette elementi aggiuntivi alla comunicazione in corso.
Spesso però, quando comunichiamo con una persona, accade che i tre livelli comunicativi non sono in sintonia fra loro, in quanto risultano essere contraddittori.
Possiamo ascoltare attentamente un paziente ed intanto rivolgere il nostro sguardo nel vuoto, in questo modo esprimiamo una forte contraddizione, in quanto la nostra comunicazione verbale: "Ti ascolto, non ti preoccupare" può essere accompagnata da una mimica facciale ed uno sguardo che esprimono scarsa attenzione al discorso.
Tutto ciò per testimoniare quanto la comunicazione non verbale sia decisiva e sincera nel trasmettere informazioni.
Il primo studioso ad attirare l’attenzione sull’importanza della comunicazione non verbale fu Darwin in un’opera del 1872 nella quale affermò:
“Comportamenti quali il riso, il sorriso, il pianto, il dolore, la rabbia, la paura, l’aggressione e la sottomissione, sono tipiche del comportamento umano e rivelano spesso affinità filogenetiche con gesti analoghi tra i primati”**
Ogni comunicazione ha un’influenza sul comportamento, di conseguenza anche l’assenza di comunicazione verbale comunica contenuti quali: “non voglio comunicare con te, mi è difficile o penoso, non mi interessa farlo”.
Se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che non si può non comunicare.
L’attività o inattività , le parole o il silenzio, i gesti, gli sguardi, il tono della voce o il semplice labiale hanno tutti valore di messaggio e di informazione.
Anche il silenzio è comunicazione ed è ricco di significato. Sia da parte dell’infermiere, sia da parte del paziente può esprimere ostilità , sfida, rifiuto, aggressione, rabbia, ma anche esitazione, indecisione o ambivalenza. In ogni caso può stabilire una lontananza tra i due membri della relazione differenziandoli l’uno dall’altro e in tal senso può riuscire perfino intollerabile.
Molto spesso accade di sovraccaricare il paziente di domande, precludendolo così della possibilità di dire, di sé, cose che aprirebbero orizzonti illuminati ed atteggiamenti empatici.
Pertanto, l’infermiere, si impegnerà ad ascoltare attivamente il paziente per comprendere i suoi bisogni, dandogli la possibilità di esprimersi e richiederà sollecitazioni, esplicazioni e concessione di spazi.
Martina Dott.ssa Cordeschi
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – ROMA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA “A. GEMELLI”
ISTITUTO FIGLIE DI SAN CAMILLO
SCUOLA “PADRE LUIGI TEZZA”
CORSO DI LAUREA I LIVELLO IN INFERMIERISTICA
Tesi di laurea
Il pensiero è azione: stimolazione neuropsicologica come strumento di assistenza
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
*Friedemann Schulz von Thun (1981), Miteinander reden 1 – Störungen und Klärungen. Allgemeine
Psychologie der Kommunikation. Rowohlt, Reinbek.
** The_Expression_of_Emotions_in_Man_and_Animals&action=edit&redlink=1
Consulta anche:
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