L’ACCENTO
- Fonico: serve a distinguere il suono aperto e chiuso delle vocali “e” e “o”; il primo è “grave (̀`), il secondo è “acuto” ( ́ ).
- L’accento circonflesso (^), in uso ancora per indicare io plurale di alcuni nomi in “io” (esempio: principio principî) ed alcune contrazioni in poesia (Esempio: amâr = amarono) tende a scomparire.
Tonico è l’insistere della voce su una sillaba più che sulle altre nella pronuncia della parola. Si segna solo sulle parole tronche.
In base alla posizione dell’accento tonico, le parole si distinguono in:
1) tronche : l’accento tonico è sull’ultima sillaba.
Esempio : onestà
2) piane : l’accento è sulla penultima sillaba
Esempio: amóre
3) sdrucciole : l’accento è sulla terzultima sillaba.
Esempio: ìlare
4) bisdrucciole : l’accento è sulla quartultima sillaba
Esempio: ìndicano
N.B. L’accento trasforma addirittura il significato dei seguenti monosillabi:
CHE (Pronome-congiunzione) CHÉ (al posto di perché)
DA (Preposizione) DÁ (verbo dare)
DI (preposizione) DÌ (nome)
E (congiunzione) È (verbo essere)
LA (articolo) LÁ (avverbio)
LI (pronome) LÌ (avverbio)
NE (pronome) NÉ (congiunzione)
SE (congiunzione) SÉ (pronome)
SI (pronome) SÌ (avverbio)
TE (pronome) TÈ (nome)
N.B. Non si segna mai l’accento su qui e qua.
“Sé” perde l’accento quando è seguito da “stesso”:“se stesso”.
Alcuni monosillabi (articoli, pronomi, ecc.) sono privi di accento tonico; pertanto, nella pronuncia, si appoggiano alla parola che segue (Esempio: la torre) o a quella che precede (Esempio: vergognati).
“La” è proclitica, “ti” enclitica.