CONSIGLI AGLI UOMINI SU COME MANTENERE L’AMORE DELLE DONNE CONQUISTATE
Elevate il peana in coro. “Io peàn!” , cantate insieme; la mia preda è sotto, caduta è nella rete il mio bottino. O valido amante sull’ali del mio carme giunse a te colei che tu bramavi; ma tanto non ti basti né or né dopo. Se con l’arte mia ti venne tra le braccia, è d’uopo mantenerla ognora; per questo aggiungi i precetti de lo maestro tuo. Serbare la conquista non val meno che averla colta: spesso trionfi a caso, difendere il premio è frutto d’arte fina. Se mi chiedi quanto tempo farla spasimare, io ti rispondo tosto. Per poco, amico, acché l’esitazione non muti l’iracondia in troppo vigorosa rocca. Cingi forte l’immacolata dolente tra le tue braccia, coccole porgi tra lacrime sgorganti copiose sul tuo villoso petto.
Bacia il piagnucolare, coprila, mentre singhiozza, di carezze: sarà subito pace. E’ il solo mezzo per sbriciolare l’ira come brina al sole. Quand’ella suo tuo capo infuria come Arpia, quand’ella guerra ti farà in campo aperto, stringi il sigillo d’amore sul suo letto. Questa la via per farla mite, mentre senz’armi regnerà Concordia, nel tempo felice dell’Amor Sazio e del Perdono. Contempla lassù le candide colombe: or ora s’azzuffavano e già, unite e amanti, frammischiano i due becchi e nel tubare immettono sussurri e tre carezze. Gl’impazienti ingollino il vin nuovo; per me, versi il suo vino antico anfora vetusta, empita dai padri sotto trapassati consoli.
Squarquoio può serbare calure il platano, campi testé falciati al nudo calcagno dan molestia e danno. Oseresti Ermione anteporre ad Elena sua madre? O di sua madre Gorge era migliore? Se perseguirai il vilipeso eros maturo, persevera, e il premio non fallirai. Ammucchia insieme il galeotto letto soli due amanti: sulla serrata soglia bloccati, o Musa! Pur te assente, d’incanto le parole di sempre loro sussurreranno fresche, frementi insinuando tra carni dita e mani. Sapranno i tatti come vibrare là, dove l’Amore segreto infilza aguzze calde saette.
Così lavorò sul corpo Andromachèo il maschio Ettore, né soltanto in guerra e alla nazione recò vantaggio. Così amò la sua procace schiava di Lirnesso il forte Achille, quando con lei giacque di guerra esausto nella molle alcova. Tu permettevi che l’infinita mano ti palpasse, o Briseide, quell’arto imporporato ancor di sangue frigio.
Od era questo che bramavi tanto: che sulle tue membra lo schiuso pugno vittorioso indugiasse? Non conviene affatto, credimi, anticipare l’orgasmo estremo. Stai calmo, perché è d’uopo rimandarlo con sottile indugio.E, quando il punto scoverai debole su cui brama carezze, dài lena al tatto e fatuo pudore non trattenga i tuoi frementi tocchi.
Mirerai le pupille di lei farsi lucenti di tremulo deliquio, come il sole spesso rifulge sulla fluente acqua. E incalzeranno lai come di belva in foia, in una al voluttuoso mormorio, al gemito così tenero a udirsi, alle parole dette in sincronia al gioco d’eros. Ma tu, o amante destro, cura di non volare a troppo enfiate vele. Se ultimi la corsa prima di lei, la lasci a secco. Incalzatevi dappresso, fino alla meta. L’orgasmo è giunto al pieno quando, schiantati ad un tempo, e tu e lei, giacerete affranti insieme. Questo è il modo che ti s’addice, quando, aperto e libero tu sei, né la tema ti pressa all’amor furtivo.
Se il ritardare alquanto colmo è di rischi, inietta vigore ai remi, sprona di frusta il tuo cavallo di corsa.
Ecco finita ormai l’impresa mia; o giovanotti, grati porgetemi la palma, con serti incoronatemi di mirto i profumati capelli.Quanto possente e sommo era nella iatrica arte tra i Greci Polidalirio, pel suo braccio Achille, per la loquela Nestore canuto; quanto valeva a divinare dai visceri Calcante, e il Telamonio a serrare l’armi, e l’Automedonte al cocchio, tanto io merito nell’arte dell’amore. Maschi falluti, in me esaltate il Vate, cantatemi l’encomio. Il nome mio inneggiate sull’onde di tutte le galassie!