In memoria ad Antonio Gelsomino
Thursday, November 21, 2024

Ultime 24 ore di una kamikaze - recensioni del libro

 
LA REPUBBLICA 15 GENNAIO 2006



LE ULTIME VENTIQUATTR'ORE DELLA GIOVANE KAMIKAZE



Facendo un bilancio in una gabbia di filo spinato.raccontandosi sopra un manto di sabbia che lievi gesti trasformano in un ' onda acre nell' aria, spegnendo i sette candelotti di un ciclo di settimanale, indossando una casacca nera e un chador, coordinandosi con belle immagini di congedi dal mondo, evocando parenti arabi , uccisi, riferendo del sodalizio con un fratellino , delirando con calma d'un Dio padre nell'aldilà, descrivendo iniziazioni a base di sesso e alla Mecca, e accettando una cintura esplosiva per salire su un autobus di israeliani, la ventenne palestinese Samira immaginata dalla belgradese Sladjana Stojkovic nel libro " Ultime 24 ore di una kamikaze "ha le fattezze miti e la voce sotto ipnosi della estrema Mimosa Campironi, cui con scelta esatta Francesco Apolloni affida al Colosseo il suo adattamento-regia " Prendimi con te ". Dopo l'a solo di Tarantino, ecco un altro prologo del oiù misterioso e disperato degli atti umani.




CORRIERE DELLA SERA giovedì 12 Gennaio



            DONNA-KAMIKAZE A TEATRO, PER CAPIRE


ROMA - Aprile 2002: a Gerusalemme una donna kamikaze provoca sei morti e decine di feriti. Ottobre 2003: un'altra donna, trasformata in ordigno umano, compie una strage in un ristorante di Haifa, 19 vittime. Gennaio 2004: madre di due bambini si fa esplodere a Gaza, 4 militari israeliani morti, 12 feriti. Dicembre 2005: la prima kamikaze europea, una belga convertita all' Islam e arruolata nella Jihad, si fa esplodere in Iraq.
Un bollettino di guerra e una allarmante constatazione: aumenta la partecipazione femminile agli attacchi suicidi. Ma perché una donna, in certi casi madre arriva a scegliere di togliersi la vita, annientando altre vite innocenti?
A questa domanda tenta di rispondere la piece Prendimi con te, tratta dal romanzo di una serba, Sladjana Stojkovic, nata a Belgrado 34 anni fa, "Ultime 24 ore di una kamikaze". Lo spettacolo scritto e diretto da Francesco Apolloni, debutta domani sera al Ridotto del Teatro Colosseo.
Protagonista, nel ruolo della giovane Samira, la diciannovenne Mimosa Campironi, diplomata in pianoforte al Conservatorio di Milano, iscritta al primo anno del Centro Sperimentale di Cinematografia, ora all'esordio in teatro. Dice l'attrice: "Mia nonna è una orfana pakistana, adottata da italiani: posso in qualche modo capire cosa significa vivere in un Paese martoriato." Samira è una ragazza palestinese: le hanno ucciso i genitori e vive con il fratello minore che, durante un attacco israeliano, ha perso braccia e gambe. Per difendere il diritto del suo popolo a restare nella propria terra, sceglie il martirio.
"Cosa ho in comune con la mia Samira?" - spiega Sladjana - Anch'io provengo da un Paese dove una volta convivevano popoli di diverse religioni. Anche noi serbi, come i palestinesi, siamo stati cacciati dai croati dalla nostra terra. E' stato detto che i serbi uccidevano i bambini: non so se qualcuno ne abbia le prove. Penso che i serbi sono stati giudicati male, cosi come i palestinesi." Sladjana vive in Italia da dodici anni, ha trasferito sul personaggio di Samira la sua dolorosa esperienza. Nelle pagine del suo diario, la ragazza, che sta per trasformarsi in una bomba, racconta la sua infanzia in mezzo alla violenza, l'amore che sogna, la sua voglia di vivere, il suo odio per questo mondo che la costringe a scegliere la morte.
Dice Mimosa: "Non è facile per una occidente come me, cresciuta in condizioni di pace e prosperità, calarsi nella psicologia di un personaggio così lontano. Immedesimandomi in Samira, ho rimesso in discussione valori di vita e morte e ho capito quanto noi siamo fortunati. Alla fine di questo percorso, non posso non sentirmi solidale con la causa del popolo palestinese." Dunque, uno spettacolo che giustifica la gesta di Samira? Risponde Mimosa: "Non giustifica, ma comprende." Conclude Sladjana: " Se quelle donne arrivano a compiere atti estremi, vuol dire che sono disperate."



LIBERAZIONE  MARTEDI 31 GENNAIO 2006



UNA KAMIKAZE SI RACCONTA SULLA SCENA DI "PRENDIMI CON TE". REGIA DI APOLLONI


L' ultima di cui abbiamo conoscenza era un'europea, una belga convertita all'Islam. Si fece esplodere sulla via di Baquba, in Iraq. Le donne kamikaze aumentano, quelle affiliate ad Al Qaeda hanno annunciato la formazione di un gruppo terrorista di sole donne. Una "shahide"(martire donna) è anche la protagonista della nuova messinscena teatrale del giovane regista romano, Francesco Apolloni. "Prendimi con te" (liberamente tratto dal romanzo di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze". Al teatro Colosseo di Roma sino al 12 Febbraio) è il racconto dell'ultima settimana di vita di una giovane kamikaze, sulla scena l'attrice italo - pakistana Mimosa Campironi.




AVVENIRE 15 GENNAIO 2006



LA SCELTA DI UNA RAGAZZA KAMIKAZE



Molto indovinato il titolo del libro di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze" accende la curiosità di chiunque sia frastornato per questa scelta estrema di donne fondamentaliste. Ma sotto apparenza realistica del titolo c'è l'immaginazione della scrittrice, la quale afferma di essersi immedesimata in una ragazza kamikaze palestinese spinta da affinità psicologica. La Stojkovic è porta sulla pelle le piaghe di una convivenza balcanica mai accettata dai conviventi. Da qui il verosimile diario di una maturazione verso il terrorismo. A tradurlo in monologo scenico col titolo Prendimi con te, e ad allestirla nel Ridotto del Teatro Colosseo, a Roma, è stato Francesco Apolloni, che condividi, che condivide lo sconcerto di molti per la crescente presenza femminile negli attentati suicidi di segno islamico. E ne cerca il perché fra le pagine Stojkovic. Samira, diciannovenne è una "shahide" - simbolo "martire" stessa si racconta, ripercorrendo il suo breve passato come in una ricerca di senso: dapprima bambina spensierata nel modesto benessere della propria "terra", poi messa bruscamente di fronte all'odio di chi scaccia la sua famiglia per relegarla in un campo profughi. Resta forte l'ancoraggio alla religione, l'amore per il Corano e l'idea che "Dio è nostro unico padre", ma pure che l'slam conquisterà il mondo. La passionalità di Samira attira l'occhio dei capi, come figlia di una valorosa combattente. Ma la ragazza recalcitra. Finchè un attacco israeliano e le conseguenze nefaste non la inducono in ventiquattr'ore a indossare la mortifera cintura. "Per essere ascoltata", nella certezza che, poi, il mondo sarà migliore. Dallo spettacolo viene esplicitamente ad uno spettatore occidentale l'invito a riflettere. Ed è un bene, anche se gesti siffatti, premeditati per spargere tanto sangue innocente, non valgono motivazioni ideologiche, e tanto meno religiose...



L'UNITA' SABATO 21 GENNAIO 2006



Una donna kamikaze racconta perché sceglie di morire

Il villaggio palestinese in cui è nata Samira, il cous cous di pesce che le preparava la nonna, la vita senza i genitori, i suoi tentativi di proteggere il fratellino, le violenze subite dai soldati...e poi tanti perché, l'odio, la rabbia, la fiducia, le paure e i dubbi e la profonda fede religiosa che spingerà Samira fino alla morte perché morire è l'unico è l'unico modo per "essere ascoltata", come ripete più volte in scena tra un ballo liberatorio e una corsa nel bosco sul video alle sue spalle. "Prendimi con te" dice Samira ad Allah,e probabilmente è la stessa frase che hanno gridato tante donne-kamikaze: a Gerusalemme nell'aprile del 2002,in un ristorante di Haifa nell'ottobre 2003,a Gaza nel gennaio2004 fino al caso della prima donna Kamikaze europea che nel dicembre scorso sulla via di Baluba si è fatta esplodere. Lo spettacolo è liberamente ispirato al romanzo di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze".


IL TEMPO 22 GENNAIO 2006




QUELLA KAMIKAZE COSI ESSENZIALE

Si parla sempre di pace come suprema aspirazione di ogni uomo, ma nella realtà è la guerra a dominare gli scenari internazionali, con una miriade di focolai pronti a divampare in conflitti sanguinosi, come quelli che da anni percorrono il Medioriente senza riuscire a comporsi in più serene convivenze. Conflitti che inducono terrore e morte, ma anche riflessioni, dubbi, interrogativi in coloro che cercano di capire le ragioni di tanto odio e magari ne hanno vissuto le conseguenze sulla propria pelle. Come fa la scrittrice Sladjana Stojkovic nel suo "Ultime 24 ore di una kamikaze", scritto, sulla base di fatti realmente accaduti, attorno alla figura di una diciannove pronta a diventare "shahide" martire di Allah.
Una figura nata dalla sua fantasia, ma purtroppo facilmente reperibile negli avvenimenti degli ultimi anni. Sempre più imponendo al nostro sgomento la necessità e il dovere di comprendere le motivazioni che possono portare a una risoluzione tanto terribile. Cercando soprattutto di entrare nella psicologia, nelle esperienze, nell'umanità viva di chi vi si abbandona.





IL GIORNALE D'ITALIA 17 GENNAIO 200





LE ULTIME TERRIBILI ORE DI UNA DONNA KAMIKAZE

Vivo a pochi chilometri dal mare, eppure non ho mai visto. Tra sette giorni morirò, cosi Samira, donna kamikaze pronta a diventare martire per amore di suo fratello e per incontrare un Dio-Padre che le aprirà le porte della verità. In"Prendimi con te", in scena in questi giorni al Teatro Colosseo Ridotto,liberamente tratto dal romanzo di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze",adattato e ridotto per il palcoscenico da Francesco Apolloni, i dubbi e gli interrogativi tornano copiosi ad affollare le menti della gente comune,attraverso il monologo intenso, rabbioso, tragico e appassionato di lasciare la vita per una necessità di cui noi occidentali non riusciamo a comprendere i motivi.Non è solo la devozione religiosa a spingere Samira a compiere il gesto estremo, sono le origini familiari, le sue radici islamiche, la sfiducia verso il genere umano, la violenza che da quando era in tenera età incontra involontariamente, prima nella perdita dei suoi genitori, poi con la morte dei suoi nonni. Un percorso lancinante sviscerato all'interno di uno spazio delimitato da filo spinato, come una gabbia che le impone un distacco dal mondo esterno e che proprio attraverso questa delimitazione lancia un grido di dolore che arriva forte e chiaro ad una platea che partecipa attivamente alla storia lontana, eppure tanto vicina di una individualità manipolata, suo malgrado, dalla tanto distante cultura del suo popolo. Per una donna islamica sognare di essere uomo è il primo passo verso la libertà, libertà negata attraverso il chador, una cosa antica per la protagonista che va incontro per il miraggio dell'indipendenza a un destino senza via d'uscita. Testo bellissimo, interpretato da Mimosa Campironi, giovanissima attrice capace di infondere al suo personaggio forza ed espressività fuori dal comune e in grado di incantare il pubblico con una recitazione senza sbavature. Regia ineccepibile a firma di Francesco Apolloni, che contamina attraverso immagini video significanti sovrapposte alla figura della protagonista , mentre spara parole che hanno la valenza di una kamikaze sulla nostra indifferenza.




PENNE D'ORO




PRENDIMI CON TE


Il rumore-orrore della guerra rimbomba nel silenzio assoluto del teatro.
Buio: il sipario è intrecciato e trasparente, lascia scoperta la sola figura femminile, poco più che adolescente. Al velluto rosso si sostituisce filo spinato, alle assi in legno terra, polvere arancione.
La ragazza recita la sua vita quando alla morte mancano sette giorni: è Samira, 17 anni, palestinese, che nella realtà lo ha fatto davanti ad una telecamera, per testimoniare al mondo la sua lotta, il suo sacrificio, la sua fede.Sette giorni, sette candele, agli angoli del filo spinato. Raccontando, ballando, imprecando si piega, clessidra luminosa del tempo feroce, e le spegne ad una ad una.
Ritorna il buio, il silenzio è rotto dai canti dei beduini, da nenie religiose arabe.
Lei rimarrà unica in scena, inseguendo anche le voci dei pochi interlocutori che hanno attraversato la sua breve esistenza disperata di lotta, morte dei familiari e sangue.
Spenta l'ultima candela indossa la cintura esplosiva: salirà su un autobus e si lascerà esplodere, come altre giovani, e mamme, prima e dopo di lei:
Il regista, Francesco Apolloni, ha scelto dalle pagine del libro di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze" di guardarle nel silenzio dell'anima.
Ne esce un'ora emozionante, ma che accresce un paradosso e aumenta le domande.
Il silenzio e l'utopia la speranza e la fede di una fanciulla dentro l'orrore della guerra che la possiede, chiama sangue su sangue, violenza su altra violenza.
La madre sparita dalla sua vita per trovare la morte combattendo, il padre collaborazionista, i nonni trucidati con tutto il villaggio nella striscia di Gaza, un fratellino rimasto monco di gambe per il fuoco israeliano.
Cosa deve fare Samira? Cosa altro può fare Samira? Sangue chiama altro sangue e il nemico spietato è nemico fin dalla culla.
Eppure in quella ragazza, in quell'anima vivono straordinariamente, sillaba per sillaba, verso per verso, l'utopia di un mondo felice nella pace, in cui il suo Dio tornerà come pioggia sul campo di grano arso dal sole per portare acqua e paradiso.



CINQUE GIORNI 
E' " PRENDIMI CON TE ", ISPIRATO DAL LIBRO BEST-SELLER DI SLADJANA STOJKOVIC SULLA STORIA DI SAMIRA

QUELLE DONNE PRONTE AL MARTIRIO


Di una di quelle giovani donne kamikaze , pronte a diventare martiri e di cui spesso dà notizia la cronaca, parla "Prendimi con te"(liberamente tratto dal romanzo di Sladjana Stojkovic "Ultime 24 ore di una kamikaze "), ridotto , diretto e adattato alle scene da Francesco Apolloni , debutto fissato al Teatro Colosseo questa sera  , con repliche sino al 29 e l'interpretazione di Mimosa Campironi , giovane attrice di origine pakistana. " Prendimi con te "è un monologo intenso , dove la ventenne palestinese Samira racconta la sua vita e i suoi perché , in una storia di video-diario , negli ultimi sette giorni prima di farsi esplodere , fra ricordo e realtà , sul filo dei suoi pensieri , carichi di sfiducia , rabbia , odio , paura e dubbio , sempre segnati da una profonda devozione religiosa. Sono questi i sentimenti che inducono Samira all'estremo sacrificio , a immolarsi come martire , a "morire per essere ascoltata" come la si sente affermare in scena.



ITALIA SERA 18 GENNAIO 2006




SOGNI , CINTURE ESPLOSIVE E MARTIRIO , RACCONTATI SUL PALCO DEL COLOSSEO CON "PRENDIMI CON TE"


GAZA- Samira , giovane ragazza palestinese sta per diventare una bomba-umana.Guerriera adolescente , vergine militante , orfana votata al martirio , vive il dramma dell'autoproclamazione dello stato ebraico in terra altrui.In scena al teatro Colosseo fino al 29 gennaio, " Prendimi con te " per la regia di Francesco Apolloni ,è un monologo teso , percorso dagli spasimi , le aspirazioni legittime , le visioni di una
non ancora ventenne attivista di Hamas , che umiliata e colpita dall'esercito israeliano, viene strumentalizzata dalla Jihad. Liberamente tratto dal romanzo di Sladjana Stojkovic " Ultime 24 ore di una kamikaze " , il diario di Samira è il resoconto dettagliato di una vita strozzata, penalizzata dagli eventi , che mantiene fino all'ultimo un'idealità fatta di slanci, sogni , corse fino al mare. La sensualità e la carica vitale, la rabbia e la risoluta determinazione della donna-bambina suicida, diventano la voce e il corpo di Mimosa Campironi, promettente talento esordiente. La disperazione è intrisa di religione. L'invocazione degli spiriti angelici avviene al lume delle candele, lungo il fiume che costeggia il bosco, in un percorso che trova sbocco nel letale misticismo sussurrato nelle sura del Corano. La realtà delle imboscate e degli attentati , si trasfigura nell'acceso miraggio di una morte gloriosa , per arrivare al cospetto di Dio ed essere finalmente ascoltata.

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