Bootes
Mito, Bootes, noto anche come il Pastore o il Mandriano o anche come il Bifolco, è una costellazione che risale probabilmente ad un’epoca anteriore alla civiltà ellenica.
Come per altri casi, le leggende che in origine si occupavano della stella più brillante della costellazione, in questo caso Arturo, nel tempo sono state associate a tutta la costellazione e quindi sia Arturo che le altre stelle della costellazione furono per lungo tempo descritte come il Guardiano dei “Septem triones” i sette buoi identificati nelle stelle principali dell’Orsa Maggiore, a causa dell’ampio cerchio descritto interno al polo nel loro moto apparente.
Secondo coloro che invece individuano nella costellazione dell’Orsa Maggiore il “Grande Carro”, Bootes era un mandriano che aveva il compito di guidare i buoi che tiravano l’aratro (associato al Grande Carro).
Secondo una delle più note versioni della leggenda il ruolo di mandriano lo ricoprì Icario, contadino dell’Attica, a cui Dionisio (il più importante dio terrestre, secondo i Greci, generosissimo con chi lo rispettava e terribile con chi lo ostacolava) aveva rivelato il segreto per fare il vino in segno di gratitudine per l’ospitalità ricevuta.
Desideroso di divulgare i pregi della bevanda, Icario, durante una festa, ne offrì ai partecipanti che, appunto non conoscendo il vino, ne bevvero in quantità tale da ubriacarsi tutti.
Scambiando gli effetti dell’alcool per sintomi di avvelenamento tutti quelli che avevano bevuto vino si scagliarono contro Icario e lo uccisero, gettandone poi il corpo in un pozzo.
Il fantasma di Icario apparve alla figlia Erigone, che non aveva assistito al fatto perché intenta a custodire gli armenti in un pascolo lontano, e la supplicò di cercare il luogo dove era il corpo per dargli una degna sepoltura.
Erigone, aiutata dal fedele cane Mera, riuscì a ritrovare il corpo del padre e, dopo averlo ripescato, lo seppellì.
Al termine della triste incombenza, la figlia, sconvolta dalla disperazione, andò ad impiccarsi.
Dionisio, preso dal furore per quanto accaduto, scatenò sull’Attica una terribile pestilenza che fece impazzire tutte le fanciulle, mentre volle portare in cielo coloro che lo avevano amorevolmente accolto mutando Icario nella stella di Arturo, Erigone nella costellazione della Vergine e il cane Mera nella costellazione del Cane.
Descrizione, Bootes è una tipica costellazione primaverile ed è delimitata a Nord dalle costellazioni del Drago e dell’Orsa Maggiore, ad Est dalla costellazione dei Cani da Caccia e della Chioma di Berenice, a Sud dalla costellazione della Vergine e ad Ovest dalle costellazioni del Serpente e della Corona Boreale.
Occupa un’area di circa 450 gradi e può essere rappresentata con una forma che ricorda vagamente un aquilone.
Stelle principali, b Bootis o Arcturus è senza dubbio la stella più importante della costellazione.
Il nome Arturo è una corruzione popolare del greco “arctos-oura” che significa coda dell’orsa, ed infatti Arturo si trova sul prolungamento della curva suggerita dalle tre stelle del timone.
Per gli antichi era molto importante perché il suo sorgere e tramonto segnava l’avvicendarsi delle stagioni.
Con una magnitudine di -0.06 Arturo risulta essere la stella più luminosa del cielo boreale e la quarta di tutto il cielo dopo Sirio, Canopo e Alfa Centauri.
Osservandola attentamente se ne può scorgere l’accentuato colore arancione dovuto alla temperatura superficiale relativamente fredda.
E’ infatti una gigante rossa di tipo spettrale K2 che dista 37 anni luce dal sistema solare.
b Bootis o Nekkar è una gigante di tipo spettrale G5 di magnitudine apparente 3.63 e dista circa 136 anni luce, g Bootis chiamata anche Haris cioè sentinella del Nord.
E’ una stella nana con spettro di tipo A7 e una magnitudine apparente di 3.00.
Dista 99 anni luce.
d Bootis è una gigante gialla di tipo spettrale G4 e dista 116 anni luce.
S Bootis, o Izar, che in arabo significa cintura, è una gigante gialla di tipo spettrale K0.
E’ una stella doppia che dista circa 230 anni luce.
Se osservata con un telescopio abbastanza potente risulta essere talmente bella che è stata soprannominata “pulcherrima”, cioè bellissima.
BIBLIOGRAFIA
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