In memoria ad Antonio Gelsomino
Thursday, November 21, 2024

Kiskindha Kanda (libro della caverna della Kiskindha)

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Ramayana - Kiskindha Kanda(libro della caverna della Kiskindha)

Uno dei piu' grandi poemi epici della mitologia induista. Il libro piu' bello per ragazzi

Sita, in preda alla disperazione, si precipitò dal suo difensore, pose le mani su di lui e pianse, come quando una moglie piange la perdita del marito.
Ravana corse per riprenderla.
Sita si agrappò ai cespugli che circondavano gli alberi, iniziò a chiedere aiuto, gridando: Salvatemi, salvatemi ...! Rama, Laxman, madre mia! Dove siete?
Ravana la riprese per i capelli, la fece alzare, e si preparò a tagliarle la testa.
La trepidazione del cuore di tutti i santi uomini, che vivevano nella foresta oscurarono il sole, e la terra e il cielo piombarono nel buio più profondo.
Il demone si alzò nell'aria, trascinando Sita.
Dalle gambe di Sita scivolò un braccialetto, e dopo iniziò a perdere diversi altri gioielli, un filo di perle dal collo, i preziosi anelli e gli orecchini gemelli.
Il vento che strusciava le foglie sulle cime degli alberi, sembrava dire: "Non temere, Sita, non avere paura".

Infuriati con il demone violento, leoni, tigri, elefanti e gazzelle correvano follemente per Sita, seguendo il sentiero e la sua ombra.
Il sole impallidì.
"Non va bene, non c'è giustizia nel mondo, brontolavano e gemevano tutte le creature del cielo, quando un crimine è consentito"; un criminale sotto le spoglie di demone correva attraverso l'aria e portava Sita, che disperatamente gridava: Laxman! Rama! Salvami, salvami!
Ma il difensore non era né in terra e né in cielo.
Improvvisamente Sita vide sulla cima della montagna cinque capi delle scimmie, e allora cominciò a gettare i gioielli e l’abbigliamento che gli erano rimasti.
Una delle scimmie, la più importante, notò Sita e la seguì, con lo sguardo, attentamente in modo di capire bene, dove il demone Ravana la stesse portando.
La portava nella demoniaca capitale sulla sua isola di Ceylon.
Giunto nella reggia, il re demone fu accolto, con profondo servilismo, da una folla di demoni.

Ascoltate, disse Ravana: lasciate a questa donna meravigliosa tutto quello che vuole, abiti, profumi, pietre preziose, perle, tutto, ma dovete stare attenti che nessun uomo ne donna, scambi una parola con lei!
Allora, Brahma, il padre di tutte le creature, si rivolse a Indra, dio dell’aria, e gli ordinò di condurre con la propria nave la bevanda celestiale, Son e di andare a Ceylon, al palazzo del demone, per far addormentare Sita, che stava sveglia giorno e notte, assistita da migliaia di spiritelli.
Son! Disse il dio Indra, addormenta tutte le donne, meno Sita.
Son le addormentò cullandole allo stesso momento.
Allora, il dio Indra andò da Sita, con un viso dolce e gioioso, le disse: Principessa virtuosa e bella! Su di voi scenderà la fortuna! State tranquilla: suo marito e fratello stanno bene.
Io sono il dio Indra.
Guardami.
Prendi questa bevanda divina, bevila e non sentirai ne fame ne sete, e il tuo viso non perderà il colorito di donna affascinante.
Rama e Laxman andranno in guerra contro il demone Ravana, e io sarò loro di aiuto nelle battaglie.
Non cedere alla tristezza, domina il dolore, perchè esso mangia il cuore.
Sii felice!
Ma come faccio a sapere che tu sia il dio Indra?
Guardami, e ne sarai certa.
Sita alzò lo sguardo: Indra era in piedi, non toccava il suolo e la fissava senza battere le ciglia.
Oh, io ti riconosco Dio, Dio! Esclamò con gioia, sorridendo Sita, prese la bevanda; per prima bevve alla salute e felicità di Rama e Laxmann, e poi il restante per se.
Dio Indra si sollevò verso il cielo.
Sita conservò il coraggio e la forza nel corpo, mentre la stanchezza e la fame che prima  sentiva, immediatamente svanirono.

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Nel frattempo, quando Rama vide Laxman che si muoveva tra i cespugli, gli alberi, piante e viti pungenti, gli corse incontro, restò attonito e con rabbia esclamò:

Laxman! Che cosa hai fatto? Ti avevo detto di non allontanarti mai da Sita? Dopo tutto, quella gazzella, ha la voce, simile alla mia e chiede aiuto, ma è solo una magia, è l’inganno del demone!
Torna subito indietro!
Come hai potuto lasciare da sola la mia bella Sita!
Insieme si precipitarono da lei, la cercarono, guardarono tutt’intorno, la chiamarono, ispezionarono i fossati, i laghi, i fiumi, gli alberi, continuando entrambi a chiamarla con voce supplichevole; la ricerca fu fatta su una vasta area.
Tormentati dall’angoscia per la sorte e l’infelicità di Sita, andavano avanti e avanti. Improvvisamente, in un luogo solitario e desolato, videro qualcosa, un ammasso enorme come una montagna, si avvicinarono e videro malmenato, sanguinante e morente tra atroci sofferenze, il nobile re degli uccelli.

Rama, pensando che fosse un demone che fingeva di essere un falco e che aveva mangiato Sita, prese il suo arco con l’intenzione di scagliare una freccia contro di lui.
Ma, l’uccello era davvero un’aquila, era Re Dzhatau.
Dzhatau disse: Rama, Tu non mi conosci, io sono un amico di tuo padre e ho combattuto fino alla fine per la tua affascinante Sita.
Ho visto il demone Ravana, e mi sono precipitato per salvare Sita che chiedeva aiuto, l’avevo afferrato, ho combattuto contro di lui, guarda lì il suo carro rotto, vedi il suo arco spezzato e i suoi asini squarciati; ho combattuto ferocemente e a lungo con le ali, ho ferito il suo corpo con il becco e gli artigli; infatti, il sangue che vedi per terra, sparso in un grande spazio, è il sangue suo e mio. Rama! Purtroppo, Ravana era giovane, e la mia avanzata età, ha inciso su di me, facendomi soccombere.

Ero esausto, e lui mi ha battuto, e ora sto morendo. Rama corse dallo sfortunato uccello, lo abbracciò come fosse suo padre, e pianse amaramente.
Anche Laxman piangeva molto e con rabbia.
Mio nobile amico, infine Rama disse: se hai ancora la forza di pronunciare le parole per dirmi dove Ravana portava la mia cara, mia bella Sita.
Aquila si alzò un po', anche se morente, con flebile voce, ma chiaramente e inequivocabilmente rispose: Ravana regna sull'isola di Ceylon, ed è un re spaventoso, potente e malvagio.

In quel posto avrà portato la tua Sita. Dicendo questo, il re-uccello sussultò con tutto il corpo, dal suo nobile becco uscì un fiotto di sangue, ansiosamente osservò con i suoi occhi deboli tutto intorno, respirando lentamente e con affanno.
Questo fu l'ultimo sussulto di vita dello stremato Re Dzhatau.
La sua testa cadde al suolo, con il collo e le gambe distese per terra.
Rama e Laxman piansero inconsolabilmente su di lui, toccandosi il mento, esprimendo in quel modo il loro dolore; poi prepararono il fuoco, portarono i resti mortali del loro amico, e leggendo l'orazione funebre che declamano i bramini ai morti, bruciarono il corpo e sparsero le ceneri sul prato, secondo le usanze degli uccelli.
Fatto ciò, si diressero verso sud, là dove aveva indicato l’uccello prima di morire.

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Scavalcarono montagne, attraversarono boschi e dirupi; viaggiarono per diversi giorni dall'alba fino a sera.

Un giorno, i due esausti per la stanchezza mentale e fisica, si fermarono in un bellissimo posto: c’era un fiume luminoso, ove i raggi del sole ondulavano, gli alberi erano coperti di fiori e di frutta, sui rami gli usignoli cantavano, sulla verde pianura un venticello fresco, morbido ed allegro; sparsi come dardi di fuoco, i magnifici fiori di loto; tra i raggi di luce si respirava la fragranza e la freschezza.
Quando si entrava in questo paradiso, la stanchezza su tutti i viaggiatori scompariva completamente, e il cuore diventava più allegro e pulsante.

Qui, sulla cima della montagna viveva fratello eremita re delle scimmie, Sugriva, con i suoi amici e sostenitori che non volevano lasciarlo nell’odio. Quando avvistò due persone con un enorme arco, Sugriva, molto turbato, fu preso da mille pensieri, cominciò ad agitarsi nel dolore, sempre muovendosi tra i rami degli alberi, da un posto all'altro.

Interpellò i suoi nobili consiglieri, dicendo: guardate quelle due potenti persone, indossano abiti fatti di corteccia d’alberi, come gli eremiti; ma quali eremiti? Dove hanno trovato un’arma così? No, questi non sono eremiti, questi sono stati inviati da Bala mio fratello il cattivo, per farci eliminare tutti quanti. Sentendo questo, le scimmie si dileguarono per la montagna, alcuni più in alto che potevano sugli alberi; il re Sugriva correva come il vento.
Leopardi, antilopi e tigri fuggirono da loro e si nascosero nei canyon. Re Sugriva si fermò sulla vetta inaccessibile.
I suoi sostenitori corsero da lui e, posizionandosi con le mani secondo le regole previste, rispettosamente aspettavano i suoi ordini.
Poi, il più saggio delle scimmie Ganuma, rivolgendosi a Sugriva, disse: Re, perché stai scappando per una cosa del genere? Vedi tuo fratello Bala da qualche parte? Qui non c’è.

Come faccio a non suscitare in me il panico? Vedi quei possenti eroi! Le loro mani, gli occhi! Si nota subito in loro una straordinaria forza e coraggio.
In ogni caso, Ganuma, va da loro, parla gentilmente e con rispetto con essi, cerca di scoprire chi sono queste persone così maestose e belle.
Ganuma, il capo delle scimmie, immediatamente si precipitò giù dalla cima della montagna e, in un attimo, si trovò di fronte a Rama e Laxman.
Si avvicinò a loro, fingendo di essere un bramino mendicante, s’inchinò rispettosamente e cominciò a complimentarsi per la loro bellezza e potenza.
Voi, disse la scimmia, che state fiorendo in questo posto, insieme ai colori più belli della natura; voi che possedete la forza del fiero leone e avete la maestà di un elefante, e voi abitanti immortali del cielo, che vi vivete in splendidi e lussuosi palazzi reali, con troni dorati, perché vestitegli abiti di un eremita in questo luogo inospitale e selvaggio?

Il mio nome è Ganuma, io sono il consigliere del re delle scimmie, il quale è perseguitato da suo fratello Bala che lo vuole uccidere; io sono il figlio del dio del vento, posso spostarmi dove e quando voglio, mi trasformo in varie forme, qui ora ho assunto le sembianze di un bramino mendicante.
Ditemi chi siete, bellezze scintillanti, pieni di coraggio e forza?
Rama disse: Laxman rispondi, tu che sai pronunciare belle parole.
Laxman raccontò, la loro infelicità e chiese aiuto alle generose scimmie affinché li sostenessero a ritrovare Sita.
Allora, il consigliere di scimmie, disse: Voi avete il buon senso, il rispetto per tutte le altre creature, non stimolate rabbia, non siete dominati da desideri sensuali, vi meritate di governare il mondo!
Il mio signore Sugriva è stato estromesso dal trono dal cattivo fratello; Ti consiglio di solidarizzare con lui, sfortunato Rama; unisciti a lui per trovare Tua moglie Sita.
Ora aggrappatevi a me, e voliamo dal re Sugriva, che ci aspetta.

Detto questo, Ganuma, figlio del vento, riprese la sua naturale forma, la forma di una scimmia.
I fratelli si afferrarono alla scimmia, e subito si presentarono dinanzi al Re delle scimmie, Sugriva.
Si salutarono, si strinsero la mano, si abbracciarono e furono subito fraterni amici.
Ganuma fece un sacrificio rituale di ringraziamento: strofinò il legno di un albero, ottené il fuoco, e su di esso mise dei fiori.
Intanto, Sugriva disse: Ehi, meraviglioso Re, ascolta le mie sincere parole, non ti preoccupare, poderoso eroe, so chi ha rubato la tua bella moglie e ho visto come lottava nelle mani di un demone, ho potuto sentire la sua voce lamentosa che gridava Rama! Rama! Laxman!
Lei mi ha visto sulla cima della montagna, in fretta si è tolta la sopravveste, e alcuni gioielli.
Ora Te li consegnerò, sono nascosti nella caverna della roccia inespugnabile.
Splendido, generoso amico esclamò Rama, portameli subito, velocemente, Ti prego con tutto il cuore e con amore!
Re delle scimmie, Sugriva, immediatamente consegnò la veste e i gioielli di Sita.
Rama li afferrò e li strinse al cuore, pianse con le lacrime della disperazione, e dalla sua bocca uscivano solo profondi sospiri.
Perse il suo ego, il suo essere uomo, cadde a terra svenuto.
Re delle scimmie, Sugriva fu profondamente commosso del dolore di Rama, lo strinse con amore tra le sue braccia e con parole dolci e sagge riportò in lui l’ego maschile, la durezza del cuore.

Un eroe come Te, un grande uomo come Te, splendente Rama, piange e si deprime? Tu ed io, abbiamo fatto amicizia, e il testimone dell’unione dei nostri cuori è stato il fuoco.
Vinceremo i nostri nemici, ma ora mostrarmi il tuo potere, devo vedere dove sta la tua forza per combattere il nemico, mio potente fratello!
Rama, prese una freccia, decorata in oro, la scagliò con la sua potente mano, colpì sette alberi di palma a fianco a fianco, perforò la montagna e colpì il suolo fino al regno degli inferi.
Boom, sotto forma di un cigno, tornò indietro da sola e si riposizionò nella faretra.
Meravigliato e stupefatto, il re delle scimmie Sugriva esclamò dalla gioia: oh Rama! Come il sole è il primo tra i donatori di luce, l'oceano è il primo tra i vasti mari, così Tu sei il primo tra gli uomini! Rama, affascinato dalle parole così piacevoli, abbracciò il nobile re delle scimmie Sugriva, e disse: dai, portami dal tuo nemico Bala, convincilo a combattere con me, io lo ammazzerò.

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Consulta altri libri di Ramayana

Libro 1 - Bala Kanda(libro dell'infanzia)

Libro 2 - Ayodhya Kanda (libro di ayodhya)

Libro 3 -  Kiskindha Kanda(libro della caverna della Kiskindha)

Libro 5 - Sundara Kanda (libro bello)

Libro 6 - Yuddha Kanda (libro della battaglia)

 

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