Ramayana - Sundara Kanda (libro bello)
Narra le avventure di Rama. Libro di narrativa per ragazzi. Il capolavoro epico della mitologia induista.
Andarono.
Sugriva entrò in una grotta, dove si nascondeva suo fratello, e gridò il suo nome con una voce inumana: Bali.
Bali, feroce ma potente, si fece vedere di sfuggita, come il sole tra le nuvole. Erano due fratelli spietati, pieni di rabbia, che iniziarono un terribile e assordante combattimento, si sentivano i rumori nell’aria, simili a quelli che avvengono nelle distese celesti, quando combattono due pianeti (Marte e Mercurio).
I due, come i nemici, si schiaffeggiavano uno con l’altro, e ogni sberla sembrava un tuono, i pugni sferrati erano potenti e duri come i diamanti, sradicavano gli alberi e strappavano le cime delle montagne.
Rama prese l'arco e si preparò a tirare una freccia, ma gli uomini si somigliavano a tal punto, che era impossibile distinguere chi fosse Bali, e temeva di uccidere l’amico invece del nemico.
Per fortuna, Laxman mise al collo di Sugriva una ghirlanda di fiori.
Rama scagliò una freccia, che durante la traiettoria brillava come il sole, e trafisse al petto Bali.
Sentendo ciò, la moglie di Bali, affascinante regina, si precipitò sul campo di battaglia e gridando: "La morte, la mia morte!", chiedeva aiuto per il marito.
Contemporaneamente, tutti, sia i cortigiani sia le dame, si precipitarono sul luogo dello scontro.
Bali sanguinante giaceva per terra, respirando appena, con gli occhi cerei e tristi guardava intorno a lui.
Vide accanto a se anche suo fratello Sugriva.
Sugriva! - disse senza cattiveria Bali: noi, fratelli di sangue, che dovremmo essere anche fratelli di anima, non per colpa nostra, inevitabilmente siamo diventati nemici.
Sono colpevole di aver combattuto con te, guarda, pago con la mia morte, non farmi andar via dal mondo terreno con l’angoscia nel cuore.
Vedi, nel mio corpo c’è un bell’eroe.
Quello è mio figlio e lui per me è la mia vita stessa.
Sugriva, prendi questa benda intessuta d'oro, mi è stata donata dal cielo e ti porterà la felicità, prendi la mia corona e governa il popolo della foresta, ma ancora una volta ti prego, occupati del mio infelice figlio, come fosse tuo figlio! Detto questo, esalò l’ultimo respiro, se ne andò nella tenuta delle anime in seno alla natura.
Tara, sua moglie, immersa nell’immenso dolore, fissò gli occhi sul suo viso ghiacciato, e poi, insieme al figlio, abbracciarono quel corpo senza vita.
La corte e tutte le persone con esclamazioni di gioia salutarono il nuovo re. Sugriva fu incoronato zar, si stabilì nel magnifico palazzo, nella grotta che brillava di tutti i tesori trovati sulla montagna, raggiante per la celebrità e il lusso, si diede allo svago e il piacere.
Su suo ordine, il consigliere Ganuma aveva invitato Rama e Laxmann nel palazzo a condividere con loro questo piacere.
No, rispose Rama, prima di quattordici anni di vita da eremita io non posso entrare nelle città, nei villaggi, questa era la volontà di mio padre.
Beh, il re Sugriva, preso dalla vittoria che aveva conseguito, accecato dal trono luminoso, affondato nei piaceri d’oro, dimenticò la promessa fatta al suo amico.
Re delle scimmie trascinato dal divertimento, dal lusso e dalla contentezza, aveva dimenticato la promessa: aiutare Rama a trovare sua moglie, Sita; Nell’animo Laxman era pieno di rabbia.
Il re Sugriva entrò nella grotta.
Si trattava di una straordinaria grotta, un intero regno di luce e lusso.
In essa lo splendore accarezzava e coccolava gli occhi, la mente e il cuore. Le strade erano larghe ed enormi, intrise di profumi, spazi lussureggianti.
Lo splendore e la bellezza architettonica del palazzo, le poltrone d'oro e d’argento, i sedili rivestiti con tessuti preziosi, e tutt’intorno giardini, alberi sempre coperti di fiori e frutti.
Interi giardini fioriti, con il vento che soffiava leggero sul fiume, le donne che passeggiavano erano più belle e affascinanti di tutte le perle e di ogni sorta di pietre preziose.
Il Re delle scimmie si sedette su un trono d'oro, circondato da centinaia di cameriere agghindate con ghirlande di fiori; tutt’intorno si udiva l’armonia della magica musica: era il suono dei flauti, delle cetre e arpe.
Re delle scimmie si era abbandonato completamente in quel paradiso.
Alla vista di tutto questo, Laxman, che rappresenta la miseria solitaria, la povertà, e il dolore del fratello del suo cuore e dell’amico Rama, andò su tutte le furie, come i serpenti racchiusi in un cerchio di fuoco, con il suo arco si fermò sulla soglia del palazzo reale.
Il Re lo invitò a sedersi e gli offrì doni di ospitalità.
Laxman non si sedette, non accettò i doni e iniziò a pronunciare rimproveri e minacce; tra le altre cose, disse: un uomo che inganna il suo cavallo, uccidendo centinaia dei suoi cavalli, un uomo che inganna la sua mucca, uccidendo migliaia delle sue mucche, un uomo che cambia il giuramento, porta sulla terra la punizione per tutta la sua famiglia, di generazione in generazione fino alla settima: uno che tradisce il giuramento fatto a un amico è un nemico di tutte le creazioni.
Tu sei una scimmia, disse Laxman, questo è il termine giusto: anche se tu sei il Re delle scimmie, ora scaglierò una freccia infuocata contro di Te, come Rama fece a tuo fratello!
Tutte le scimmie si spaventarono.
Il re Sugriva, si spaventò e si vergognava.
S’interpose la moglie dell’assassinato Bala, la regina delle stelle e disse: Laxman! - il Re delle scimmie non merita queste amare parole, soprattutto da voi, la sua anima non intende tradire l’amico con la menzogna e l'inganno, la sua anima non sta meditando cattivi pensieri, lui non è perfido, ricorda con gratitudine il servizio resogli da Rama, questa non è una guerra, è una cosa naturale, lo dovresti capire, dopo tanta sofferenza, umiliazione, dolore, è diventato il padrone del più potente regno, vuole godersi tutti i piaceri della vita, che gli sono stati tolti per così tanto tempo!
La regina e il re delle scimmie Sugriva, chiesero a Laxman di rassicurare Rama.
Voi mi avete frainteso, io ho molta fiducia nella vostra amicizia, soltanto che ora sono stato trasportato dal piacere, quindi non mi fate sentire in colpa.
Ripetilo a Rama, io per lui sono disposto a partire subito con tutte le truppe e andare a salvare Sita.
Laxman, gentile e dolce per natura, contento delle parole di Sugriva, si affrettò a informare Rama.
Immediatamente, dopo le parole del re delle scimmie, le foreste, gli abissi e le montagne s’illuminarono, assumendo le diverse forme animate e inanimate: tutti erano armati con ogni sorta d’arma, i grandi alberi e persino le montagne, le nuvole avevano oscurato il cielo, come fosse giunta la buia e profonda mezzanotte, e tutta la terra tremava.
Andarono subito alla ricerca del demone che aveva rapito Sita.
Il comando su di loro fu affidato al saggio Ganume, il figlio del vento.
Rama gli diede il suo anello con inciso il suo nome e gli disse: se incontri Sita, le farai vedere quest’anello, così crederà che io ti abbia mandato, e crederà a tutto quello che le dirai.
Il nobile figlio del vento prese l'anello, lo mise sulla fronte e s’inchinò ai piedi di Rama e Sugriva, e insieme a tutta la truppa volò negli spazi celesti.
La loro missione era trovare Sita entro due mesi e riprenderla; se fallivano, tutti sarebbero morti.
La cercarono senza tregua, sulle montagne, nelle foreste impenetrabili e sui colli, sugli argini dei fiumi e dei laghi; ma non trovarono traccia di Sita.
Ormai, era giunto il momento di tornare indietro.
Cosa fare? – disse il leader Ganuma.
Sugriva, il nostro re potente e nobile, crudele e implacabile, penserà che siamo stati incapaci e ci punirà tutti.
Beh, è meglio sdraiarsi sulla collina e morire di fame e sete.
Esausti, tristi, disperati erano pronti a morire.
Un’aquila li vide, era il fratello maggiore di Dzhitayyu, che era morto nello scontro con Ravana.
Ecco un bel piatto mandatomi dal destino, pensò il falco, giacché sono così affamato.
Quante scimmie sono queste! Le divorerò molto velocemente una a una.
E le scrutava con i suoi occhi avidi!
Siamo rovinati! - disse una delle scimmie, noi non moriremo in battaglia come Dzhitayyu, che aveva difeso Sita!
Dzhitayyu, mio fratello, gridò il possente uccello.
Parlate, parlate, ditemi, dov’è morto?
Un dolore profondo colse il suo cuore, e le lacrime caddero dai suoi occhi.
E' stato ucciso, ed io non lo posso vendicare.
Io sono vecchio, restato senza le forze, senza le ali, che sono state bruciate dal sole per proteggere il mio povero piccolo fratello.
Ora. Vi posso aiutare solo con la mia voce e i miei occhi a ritrovare la regina.
Vedo Sita e il suo nemico.
Oh! Se potessi volare! - disse con profonda emozione e compassione.
Appena pronunciò queste parole, all’improvviso iniziarono a ricrescergli le potenti ali.
Falco pianse di gioia nel vedere che poteva di nuovo volare, e andava sempre più in alto, poi si posò sulla cima della montagna e rivolto alle scimmie disse:
Non vi scoraggiate, andate dritto a Sud verso la costa, attraversate lo stretto dell'isola di Ceylon: nel palazzo di Ravana troverete Sita.
Detto questo, diede l’addio alle scimmie, salì in cielo e scomparve.
Le scimmie si precipitarono verso il mare, si separarono come le nuvole, e si fermarono sulle cime delle montagne e iniziarono a consigliarsi come fare per attraversare il mare.
Il più saggio, leader di quattro mani, cominciò a provocare Ganuma che desiderava fare un viaggio lungo e pericoloso, nessuno era forte, capace e coraggioso.
Poi, tutti si rivolsero a Ganume affermando che solo lui era in grado di attraversare il mare.
Bene, disse, con orgoglio, Ganuma il figlio del vento, così sia, vado.
Assunse una forma più comoda per facilitare il volo nell'aria e corse veloce.
A tutto l'esercito di scimmie fece molto piacere.
Ganuma si nascose tra le nuvole come fa il sole, e quando volò sul mare, questo sembrava agitato come durante le peggiori tempeste.
Tutti i serpenti che vivevano nel mare, tutti i pesci erano attoniti e stupiti.
Giunto sull'isola di Ceylon, Ganume osservò quella meravigliosa isola, che era cosparsa da splendidi palazzi d'argento, oro, marmo, cristallo, pietre preziose, dai gioielli più lussuosi, tessuti costosi, tappeti, sedie e logge magnifiche.
Per non suscitare curiosità e l’allarme degli abitanti di Ceylon, con le sue dimensioni inusitate, il figlio del dio del vento, si trasformò in un gatto e di notte, al chiaro di luna, iniziò a girare intorno a tutti i palazzi, per scoprire dov’era Sita.
Nei diversi palazzi e negli uffici assumeva immagini diverse.
Vide lampade d'oro che illuminavano le sale scintillanti, tante donne vestite con abiti costosi addormentate come i fiori di notte e intorno a esse dei bei fiori di loto fioriti da poco.
Negli altri palazzi e nelle camere vi erano mostri inimmaginabili: brutti, ridevano, rumoreggiavano, si raccontavano storie sporche e disgustose, si prendevano in giro l'un l'altro.
Ganuma disgustato li attraversò ed entrò in un magnifico palazzo, il più bello di tutti, si rese conto che il Re demone vive qui, ma non sapeva dove andare.
Improvvisamente sentì un soffio leggero e dolce di un profumo aromatico, e gli sussurrò: "Vieni qua”! – “Qui ", sulla scia di questo profumo poté vagare per molto tempo e finalmente giunse in uno straordinario giardino fiorito, si arrampicò sugli alberi, si nascose tra le foglie e iniziò ad aspettare l’arrivo di Sita.
Finalmente lei giunse, abbracciò un albero e si mise a piangere per la disperazione.
Il suo vestito era strappato, pieno di fango, i suoi capelli erano arruffati, esausta, pallida, con aria compassionevole, da un albero vicino sentì sussurrare: "Non ti preoccupatevi, Sita, non abbiate paura!"
Invece c’era qualcosa da temere: i mostri disgustosi che la circondavano, la prendevano in giro, la insultavano e la minacciavano, ma lei non si arrese di credere nell’amore di Rama.
Infine i mostri dissero: andiamo a ucciderla, racconteremo a Ravana che è morta, e poi la mangeremo.
Poi iniziarono a raccontare come sarebbe stato gustoso mangiare il suo fegato, il cuore e altre parti della bellissima Sita.
Ganuma s’incollerì.
Era seduto sul fitto fogliame dell’albero pensando a cosa doveva fare:
Pensava: parlerò con lei in sanscrito, ma non con parole bramine, altrimenti potrebbe spaventarsi.
Così, il saggio Ganuma sussurrò all’orecchio di Sita, affinché, solo lei potesse udirlo: bella principessa Sita! Rama e Laxman ti salutano e ti augurano ogni felicità! Sita saltò di gioia, guardò l'albero, da dove provenivano queste parole e vide una bella scimmia.
La scimmia stava facendo i suoi gesti, esprimendo simpatia e profondo rispetto.
La tristezza di nuovo rapì il suo cuore.
Potrebbe essere un sogno, ho sognato, mi sento stordita, penso che in realtà si tratti di un animale da compagnia, ma va bene, se non altro posso permettermi di sognare, fa parte della vita.
Coprendosi gli occhi con le mani, chiese alla scimmia di parlarle di Rama e Laxman.
Dimmi, grande scimmia, qualcosa per convincermi che non sei stato mandato da Ravana, che non sei un ingannevole fantasma, o mostrami qualcosa che appartiene a Rama.
Ganuma le raccontò alcuni eventi della loro vita in solitudine, che potevano essere conosciuti solo da loro e le porse l’anello d'oro su cui erano incise le iniziali di Rama.
Sita afferrò l'anello con tanta gioia, lo pose sul suo capo e gridò:
Una buona, dolce, affascinante scimmia, ora vedo che sei stato inviato dal mio bello, nobile mio Rama.
Dimmi, se sta bene di salute, se la sua fortuna fiorisce, se sono ancora viva nel suo cuore e quante volte egli si ricorda di me?
Sita! Ganuma le rispose sorridendo, Rama si ricorda di te giorno e notte, se vede un bellissimo oggetto, frutta, fiori freschi, una gemma, corre da loro, immaginando che loro sei tu, ed esclama: "mia Sita, Sita".
Oh! Che gioia, che felicità! - balbettò Sita.
Quando lo vedrò? Quando sentirò da lui queste parole d’incoraggiamento?
Sita, disse Ganuma, se vuoi, io ti salverò immediatamente, ti metti su di me, mi afferri strettamente ed io attraverserò di corsa il mare, e nessun demone, addirittura anche lo stesso Ravana, non ci potrà raggiungere, dopo tutto, io sono il figlio del vento.
Mia cara scimmia, Sita rispose: come farai a portarmi? Sei così piccolo!- Sita! – disse con orgoglio Ganuma, Io sono il figlio del vento, posso prendere tutte le forme, dimmi in cosa vuoi che mi trasformi, qualunque cosa. Ecco guarda! - Ganuma cominciò ad aumentare sempre di più le proprie dimensioni trasformandosi in un’enorme nuvola nera. Sita pensò e disse tristemente: no, Ganuma, ho paura di volare con te, tu corri così velocemente, cadrò in mare.
Inoltre, mi vergogno e non mi sento di volare con te.
Vola da Rama, digli che ci siamo incontrati e abbiamo parlato; portagli, quale, prova questa spilla preziosa che reggeva i miei capelli.
Ganuma prese la spilla, e con rispetto, si accommiatò, le augurò buona fortuna e iniziò a volare, e poi sfrecciò via, distruggendo il giardino del demone; spezzò tutti gli alberi e distrusse tutte le piscine, le fontane, i gazebo, tutto di tutto.
Gazzelle, elefanti e altri animali che erano nel parco, spaventati e con orrore, correvano in tutte le direzioni e morivano sotto gli alberi, le macerie di edifici distrutti e macigni che si staccavano delle montagne.
Sull’isola e in città regnava il caos.
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Libro 2 - Ayodhya Kanda (libro di ayodhya)
Libro 3 - Kiskindha Kanda(libro della caverna della Kiskindha)
Libro 4 - Aranya Kanda (libro della selva)
Libro 6 - Yuddha Kanda (libro della battaglia)