In memoria ad Antonio Gelsomino
Sunday, November 17, 2024

Tre significativi fatti di cronaca

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Tre significativi fatti di cronaca

 

Anno 2008_08 Maggio


L’8 Maggio, la LIDU prende posizione, con un “ampio” comunicato-stampa, su tre significativi fatti di cronaca: la “vicenda” che ha visto, alla Fiera del Libro di Torino, aprirsi una pretestuosa e grave polemica di boicottaggio oltranzista contro l’editoria israeliana; l’aggressione, cui è seguita, la morte del “malcapitato”, avvenuta a Verona, da parte di un gruppo di skinheads, a danno di un giovane che, alla richiesta di una sigaretta, non essendo fumatore, aveva, come si usa dire, declinato l’”invito”; la pubblicazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’elenco generale delle denunce dei redditi presentate al Fisco.
Per il primo caso, che ha visto alcuni “scalmanati” bruciare simbolicamente la bandiera israeliana, a testimonianza di un evidente, vile e brutale “antagonismo” di minoranze intolleranti e sostanzialmente razziste, immancabilmente schierate, a danno d’Israele, in favore delle “caste” fondamentaliste islamiche dei paesi mediorientali che, ad ogni piè sospinto, minacciano di distruggere l’unico stato democratico esistente in quell’area geografica, tiene ad evidenziare, anche attraverso le parole del Presidente della Repubblica, la legittimità di Israele ad esistere; legittimità che gli addiviene dalla storia delle persecuzioni sanguinarie e dei pogrom subiti dagli Ebrei nel corso dei secoli (ben ultimo l’Olocausto patito, assieme a Rom ed omosessuali, per mano dei nazisti).

 

Per il secondo caso, richiamando, tra l’altro, il clima violento delle tifoserie calcistiche, sottolinea che, in Italia, sta prendendo, via via, sempre più piede, la logica del “branco”, che trasforma pacifiche “singolarità” in “accolte” e gruppi di inaudita violenza, sempre pronti allo scontro fisico.
Nel terzo caso, si esprime sostanzialmente a favore della pubblicazione degli elenchi fiscali, giustificando la sua presa di posizione con il fatto che, siccome, da noi, esiste una discrepanza storica di trattamento tra chi il proprio reddito lo percepisce attraverso il lavoro subordinato o la pensione e per questo non può “evadere” le tasse neppure se lo volesse, e chi, invece, lo riceve da patrimoni, attività commerciali, professionali, speculative, etc., che, in quanto tali, consentono ampie potenzialità di “distorsione” ed evasione, non è male che ogni cittadino possa prendere visione della “denuncia” altrui, in modo da verificare, de visu, la reciproca veridicità e, se del caso, sollecitare provvedimenti correttivi.

Al di là delle vicende di governo e dei molteplici eventi nazionali ed internazionali che connotano, quotidianamente, le nostre cronache, tre fatti, soprattutto, s’intrecciano e richiamano la nostra doverosa attenzione: la polemica che, in occasione della Fiera del Libro di Torino, è insorta, pro o contro Israele, cui, per il 60° anniversario della nascita di quello Stato, il significativo evento editorial-letterario era stato “dedicato”; l’omicidio, volontario o preterintenzionale (rispetto agli esiti, non fa molta differenza), compiuto, a Verona, da cinque “sbandati” skinheads a danno di un giovane disegnatore industriale che, non fumatore, aveva avuto addirittura l’ardire di rifiutare loro una sigaretta; la pubblicazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’elenco generale delle denunce dei redditi presentate al Fisco dagli Italiani.
Ebbene, su queste tre notizie di cronaca che hanno valenza universale, la LIDU non può astenersi dal prendere una precisa e responsabile posizione.
Per quanto attiene il primo fatto, innanzi tutto, non possiamo astenerci dall’affermare che, come ha ben detto il Presidente Napolitano, se è legittimo criticare Israele per gli atti politici che compie, se non li si condivide, non lo è affatto se il dissenso si esprime attraverso la messa al rogo della bandiera che, è bene non dimenticarlo, non solo è simbolo dell’unico stato democratico del Medioriente e testimonianza dello sterminio di oltre sei milioni di ebrei, ma anche “vessillo” di una nazione “insediata” dall’ONU su un territorio che ha visto comunità ebraiche presenti fin dalla notte dei tempi e, comunque, ben prima che esistesse una qualsiasi parvenza di organica “aggregazione” abitativa palestinese.

Di più: secondo noi, il rogo della bandiera dello Stato di Israele (accompagnato dall’auspicio della sua scomparsa), con l’aggiunta di quella degli Stati Uniti, ci sembra la prosecuzione sacrilega dei “fastigi” del Terzo Reich, che, non solo, perpetrava il genocidio dei “diversi” (Rom ed omosessuali compresi), ma, attraverso i roghi nelle piazze, cercava di obliterarne addirittura il ricordo, bruciandone, con i simboli ed i libri, la cultura millenaria e le stesse origini.
Nel ricordare, quindi, per buona memoria, alle sinistre estreme, nonché all’egregio professor Vattimo, che il primo Stato sovrano che riconobbe Israele fu l’allora Unione Sovietica, teniamo a ribadire che, così come ha diritto d’esistere lo Stato di Israele (che, tra l’altro, guadagnatasi la sopravvivenza sul campo, attraverso più guerre difensive, s’è dichiarata disposta a rientrare entro i confini originari a fronte di un riconoscimento ufficiale da parte delle forze ostili), parimenti ha diritto d’esistere sovranamente, entro confini altrettanto ben definiti e sicuri, lo Stato della Palestina.
Per quanto attiene il secondo fatto, frutto diretto di una cultura che, nel contesto di una mancanza di orizzonti e prospettive sociali, fa della prevaricazione e dello scatenamento della furia del “branco”, fini a se stessi, l’unico approdo di una gioventù educata male ed abituata ad avere tutto e subito solo a chiederlo, purtroppo troviamo affinità con le sgradevoli vicende della Fiera del Libro di Torino. Ovvero, con la vile intolleranza nei confronti dei diversi, di chi la pensa in modo difforme, di chi oppone un rifiuto, magari
senza malanimo, magari perché oggettivamente impossibilitato, come nel caso in specie, a soddisfare la richiesta, soprattutto se formulata in maniera perentoria ed aggressiva.

 

A riprova di ciò che diciamo, anche a voler prescindere dalle inibizioni a frequentare gli stadi, comminategli a motivo di violenze compiute verso tifoserie avverse, ci piace fare riferimento al primo omicida costituitosi; omicida che, in occasione di una gita culturale, promossa dal liceo cui era iscritto, ha rifiutato di entrare, in una Sinagoga.

È evidente che il rifiuto era determinato dalla paura che l’ingresso in un luogo di culto ebraico potesse, in qualche modo, “contaminare” la purezza di una razza e di una cultura, si fa per dire, che, sciaguratamente, era stato educato ed indotto a considerare superiori.
Sulla terza questione, la nostra opinione, senza tanti giri di parole, è presto detta.

La nostra, purtroppo, è una società, anche economicamente, “diseguale”: economicamente diseguale, si badi bene, non tanto per ragioni di merito, bensì per ragioni di furberia o di casta.

Ci sono Italiani che, a prescindere dalla loro volontà d’essere o meno conformi alla legge, percepiscono, in quanto salariati e pensionati, redditi che non solo sono ben “visibili” al Fisco, ma sui quali “pagano” al Fisco, per altro in anticipo, esattamente quanto dovuto.
Al cospetto di questi, ce ne sono altri che, a prescindere dal vantarsi talvolta d’avere bellamente evaso il Fisco, ostentano ricchezze assolutamente incompatibili con quanto dichiarano di guadagnare.

 

Ebbene, a ragione di questo male endemico della nostra società, male che, se solo fosse sconfitto, chi paga pesantemente il suo impari tributo (su questo si è giuocata buona parte della campagna elettorale) troverebbe sollievo, senza prendere ad esempio quello che avviene in altri contesti statuali, parimenti civili rispetto al nostro, dove chi “segnala” alle pubbliche autorità introiti nascosti di altri (vicini o conoscenti non fa differenza) riceve adeguati compensi, non possiamo esimerci dall’affermare che mettere nero su bianco quanto ciascuno di noi dichiara di guadagnare, è indice di equanimità e di giustizia; equanimità e giustizia che, quantomeno, dovrebbero portare ad atteggiamenti di pudore e di modestia e, magari, di ravvedimento operoso da parte di chi metodicamente traligna.
Ad uno specchio, sia che rifletta cose di cui il cittadino “virtuoso” è consapevole, sia che le evidenzi soltanto in parte, ovvero le ignori del tutto perché qualcuno si è addirittura dimenticato di dichiarare il proprio reddito (il più delle volte assai cospicuo), ad uno specchio, appunto, ed a chi ce lo mostra, non possono essere imputate malevolenze di sorta, in quanto l’uno è mero strumento d’informazione e l’altro è semplice manifestazione di volontà di mettere ogni cittadino in grado di confrontarsi con gli altri.

E questo, soprattutto, nel contesto di un sistema impositivo-fiscale che, mentre grava pesantemente su alcuni soggetti e su alcuni cespiti reddituali, non consentendo scampo, per altri, allo stato delle cose, non può che sostanzialmente contare sull’onestà e sul senso civico di un potenziale contribuente che, se ci è consentita la semplificazione, compilando una specie di autocertificazione (quando addirittura non se ne dimentica) e decidendo, di fatto, se e quanto versare allo Stato, diventa contestualmente soggetto ed oggetto d’imposta.
A fronte di una così macroscopica contraddizione in termini, se non opportunamente emendata, non solo riteniamo che, sic rebus stantibus, il Viceministro Visco e l’Agenzia delle Entrate abbiano fatto bene a mettere in rete i redditi dichiarati dagli Italiani, ma siamo anche convinti che varrebbe allora la pena di sostenere quanto, a suo tempo, ebbe, per paradosso, ad affermare Marco Pannella.
E cioè, che se non si riesce ad equiparare il trattamento tra chi paga alla fonte quanto dovuto e chi paga quanto più gli conviene, dovrebbe essere abolita la norma relativa al cosiddetto “Sostituto d’imposta”; norma che impone ai datori di lavoro ed agli enti pensionistici di detrarre, appunto alla
fonte, quanto dovuto al Fisco per i compensi da lavoro o da pensione.
Naturalmente senza che, però, il Fisco possa poi avvalersi di strumenti d’accertamento e di analisi dettagliate, in merito ai costi del personale e dei percipienti pensione, sui bilanci dei datori di lavoro e degli enti di previdenza, così come sulle buste paga e sui certificati di pensione.

Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli
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