In memoria ad Antonio Gelsomino
Tuesday, December 03, 2024

Il Presidente della Repubblica titolare di poteri numerosi ed importanti

napolitano

LE ATTRIBUZIONI AFFERENTI ALLA FUNZIONE NORMATIVA PRIMARIA E SECONDARIA DEL GOVERNO: L’EMANAZIONE DEI DECRETI LEGGE, DECRETI LEGISLATIVI E REGOLAMENTI DEL GOVERNO

Dalla lettera dell’art. 87 Cost. si potrebbe desumere che il Presidente della Repubblica sia titolare di poteri numerosi ed importanti ma risulta doverosa e necessaria un’interpretazione sistematica della Costituzione, che va letta, in questo contesto, alla luce della natura democratica della forma di Stato e del carattere parlamentare della forma di governo.

Il 5° comma dell’art. 87, prescrivendo che la promulgazione delle leggi spetta al P. d. R., ribadisce il principio già espresso dall’art. 73, co. 1° Costituzione; per questo motivo la disposizione in oggetto è stata definita “ sovrabbondante “ e ripetitiva(1).

 

Nel medesimo comma si attribuisce al Presidente della Repubblica anche l’emanazione dei decreti aventi valore legislativo e dei regolamenti, contenenti norme giuridiche primarie e secondarie.

Secondo la dottrina prevalente e conformemente alla prassi, il P.d.R. ha il compito di emanare tutti i decreti aventi valore di legge(2)  previsti dalla Costituzione (i decreti legislativi ex art. 76; i decreti-legge ex art. 77; i decreti di amnistia ed indulto ex art. 79) e da leggi costituzionali (ad esempio i decreti di attuazione degli statuti delle Regioni).

Lo schema essenziale di esercizio delle attribuzioni presidenziali in ordine alla funzione legislativa trova applicazione anche in ordine alle attribuzioni connesse alla funzione normativa primaria e secondaria del Governo: benché la Costituzione si limiti ad enunciare la competenza ad emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti, anche in questo caso il Presidente svolge una funzione di controllo rispetto ad una attribuzione costituzionale di altro organo(3).

La differenza tra le due attribuzioni risiede essenzialmente nella forma riservata che caratterizza le relazioni tra Governo e Presidente, e la stessa attività del Governo, talché le motivazioni del rinvio di un atto normativo del Governo(4), la sua stessa esistenza, il dibattito e l’esito del riesame sono conoscibili solo se, e per quanto, i soggetti coinvolti ritengano opportuno comunicarlo all’estero.

Riguardo all’emanazione dei decreti legislativi va rilevato che la legge 400/1988 (art. 14 2° co.) ha previsto che la trasmissione al Presidente avvenga almeno venti giorni prima della scadenza del termine previsto dalla legge di delegazione, onde consentire anche l’eventuale riesame delle obiezioni sollevate dal Presidente.

L’emanazione dei decreti legge appare invece condizionata dagli stessi presupposti di tali atti, cioè dalla straordinaria necessità ed urgenza, che rappresentano un vincolo ed un limite anche nei confronti della possibile discrezionalità di apprezzamento di eventuali vizi da parte del Presidente; inoltre, la cornice entro la quale il Presidente può esercitare la richiesta di riesame è definita dalla esplicita affermazione della responsabilità del Governo per l’adozione di tali atti contenuta nell’art. 77 Cost., e dalla considerazione del ruolo che le camere sono chiamate a svolgere in sede di conversione del decreto legge: il rinvio presidenziale di un decreto legge riveste quindi un carattere del tutto eccezionale.

La prassi ha offerto un caso di notevole rilievo nel marzo del 1993, a proposito di un decreto-legge innovativo della disciplina sul finanziamento pubblico dei partiti(5), sulla quale già era stato indetto un referendum abrogativo per il successivo 18 Aprile.

Il Presidente Scalfaro rivolgeva al Governo l’invito a riesaminare la questione perché valutasse «se non fosse appropriato presentare il provvedimento alle Camere in forma diversa del decreto legge», e sottolineava in particolare le difficoltà che il provvedimento avrebbe sicuramente incontrato in sede di conversione «riguardando materia delicata, complessa e controversa», ed il conseguente problema di rilevanza costituzionale che sarebbe derivato dall’effetto di annullamento del procedimento referendario in corso, senza che fosse in alcun modo ragionevole prevedere non solo la possibilità di conversione prima della data del referendum, ma della conversione tout court.

La volontà di conferire la massima efficacia politica e costituzionale alla manifestazione del proprio dissenso era rilevata dalla iniziativa del Quirinale di rendere pubblico il testo ufficiale della lettera inviata al Presidente del Consiglio Amato, benché le motivazioni del rinvio fossero riferite ad obiezioni di natura costituzionale ed i contrasti sull’opportunità del provvedimento risultassero solo adombrati nel cenno alle difficoltà ed alle incertezze della conversione in legge; merita notare che il Presidente si limitava a chiedere al Governo il riesame del provvedimento(6).

L’emanazione dei regolamenti riguarda i regolamenti del Governo subordinati alla legge ordinaria(7) mentre restano esclusi quelli emanati dai singoli Ministri: non sussiste infatti per tutti i regolamenti il principio che ne riserva la emanazione, come per atti con forza di legge, al P. d. R.; va inoltre escluso che il controllo presidenziale sia diretto a rivedere in via ordinaria la conformità del regolamento rispetto alla legislazione ordinaria, restando la funzione del Presidente comunque orientata alla tutela dei valori costituzionali.

Relativamente ai regolamenti la giurisprudenza costituzionale ritiene che, anche se la Costituzione faccia esclusivo riferimento ai regolamenti emanati al P. d. R., non si può affermare che il C.d.S. abbia in materia competenza esclusiva di emanazione, né che le norme legislative che conferiscono potestà regolamentare ad altri organi siano di per sé costituzionalmente illegittime.

Difatti la disposizione in esame da un lato si riferirebbe esclusivamente ai regolamenti statali subordinati alla legge ordinaria, dall’altra recepirebbe la previdente disciplina relativa alla potestà regolamentare.

Da ciò discende che al P. d. R. sarebbe attribuita l’emanazione dei regolamenti statali governativi in precedenza emanati dal Re.

Resterebbero esclusi dall’emanazione presidenziale i regolamenti emanati da organi diversi dal Governo, cioè dai Ministri e da autorità amministrative locali(8).

E’ oggetto di approfondita discussione l’eventuale affinità o analogia tra promulgazione della legge ed emanazione del decreto o del regolamento; una parte della dottrina, collegando alla emanazione un potere di controllo conferito al P.d.R., conclude che l’ampiezza del potere in esame sarebbe identica a quella del potere di promulgazione, potendo in entrambe i casi il P.d.R. esercitare sull’atto governativo il sindacato di legittimità e di merito costituzionale(9).

Viceversa altri sostiene che proprio il potere di emanazione di regolamenti dovrebbe essere quello più rigorosamente esercitato.

Vi è chi invece nega che si possa parlare di analogia tra promulgazione ed emanazione, notando che mentre la promulgazione configurata come atto dovuto, l’emanazione avrebbe la stessa struttura giuridica di tutti gli altri poteri presidenziali rispetto agli atti propostigli dal Governo; il Capo dello Stato non dovrebbe limitarsi ad apporre supinamente la sua firma, ma con la firma a partecipare alla stessa formazione dell’atto(10).

Mentre la promulgazione è riservata alle leggi, l’atto analogo alla promulgazione che riguarda i decreti con valori di legge e i regolamenti è chiamato emanazione.

La funzione dell’emanazione sembra essere la medesima della promulgazione e cioè una dichiarazione che costituisce l’originale dell’atto emanato.

Al contrario da più parti si sostiene che il potere di emanazione sarebbe «formalmente» presidenziale, dato che nella fattispecie sarebbe più corretto parlare di atti «ministeriali», ovvero di atti pertinenti alla competenza propria del Governo, spettando al Presidente della Repubblica la esclusiva competenza della dichiarazione esterna della volontà dello Stato, formatasi prima ed all’infuori dell’intervento presidenziale(11).

Circa l’efficacia del controllo, il Capo dello Stato disporrebbe del potere di veto sospensivo che si distinguerebbe da quello esercitato nella promulgazione delle leggi, in quanto nell’emanazione il sindacato presidenziale potrebbe esplicarsi sia in forma manifesta che in forma riservata.

Taluno afferma che, qualora voglia manifestare apertamente la sua contrarietà all’emanazione del provvedimento governativo, il Presidente della Repubblica potrebbe chiedere all’esecutivo di riesaminare l’atto e contemporaneamente inviare un messaggio alle Camere al fine di porre il Governo di fronte alle responsabilità.

 

Salvatore Dott. Carlone

 

1 Rescigno in Commentario alla Costituzione Branca, Zanichelli Editore 1978, pag. 203

2 Un decreto-legge (pl. decreti-legge e abbreviato in d.l.), anche scritto decreto legge, è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell'art. 77 della Costituzione della Repubblica Italiana. È inoltre regolato ai sensi dell'art. 15 della legge n. 400/1988.

3 Crisafulli, Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia, in Studi Crosa, Milano.

4 L'art. 74 si limita a prescrivere l'obbligo della motivazione per il rinvio della legge alle Camere senza ulteriori specificazioni in ordine ai motivi adducibili; da ciò si potrebbe dedurre che la norma costituzionale non esclude motivazioni basate sul merito. Ciò potrebbe essere sostenuto anche sulla base dei lavori preparatori, nel corso dei quali la possibilità di un rinvio sia per motivi di legittimità che di merito era stata esplicitamente affermata. Un altro argomento, sostenuto da coloro che ammettono il rinvio per motivi di merito, è dato dal fatto che, mentre la Costituzione in varie disposizioni tiene conto della distinzione tra legittimità e merito, all'art. 74 mantiene un silenzio che appare molto significativo.

5 Quesito referendario: "Volete voi che siano abrogati gli artt. 3 e 9 della legge 2 maggio 1974, n. 195: "Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici", così come modificati e integrati: dalla legge 16 gennaio 1978, n. 11: "Modifiche alla legge 2 maggio 1974, n. 195"; dall'art. 3, comma 1 (Per l'anno 1980 la somma da erogare a titolo di contributo di cui al primo comma dell'art. 3 della legge 2 maggio 1974, n. 195, è fissata in lire 72.630 milioni. Con effetto dal 1º gennaio 1981 la stessa somma è fissata in lire 82.886 milioni annui) e dal comma 6 (La percentuale di cui al primo ed al secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 3 della legge 2 maggio 1974, n. 195, è ridotta al 90 per cento) della legge 18 novembre 1981, n. 659: "Modifiche ed integrazioni alla legge 2 maggio 1974, n. 195 sul contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici"? – Vinsero i “Si”

6 Digesto delle Discipline Pubblicistiche vol XI Utet 1996

7 Nel diritto s'intende per legge ordinaria l'atto normativo adottato dal parlamento secondo la procedura ordinariamente prevista dalla costituzione per l'esercizio della funzione legislativa, in contrapposizione alla legge costituzionale e, in certi ordinamenti, alla legge organica, adottate con procedure diverse e più complesse (o, come si suole dire, aggravate). È quella che, anche nel linguaggio comune, suole essere denominata legge, senza ulteriori specificazioni.

8 Quali fonti di secondo grado, i regolamenti governativi (interministeriali e ministeriali), i regolamenti di altre autorità statali, gli Statuti e i regolamenti degli enti locali.

9 Lavagna, Istituzioni di Diritto Pubblico pag. 648

10 ogni atto emanato nell'esercizio delle funzioni del C. d. S. deve essere controfirmato da un ministro o dal Presidente del Consiglio, che ne assume la responsabilità

11 Mortati, Istituzioni di Diritto Pubblico, II, p. 655


CONSULTA ANCHE:

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