I GIOCHI - LE LOTTE
Le lotte erano chiamate “giochi” e si terminavano, spesso, con la morte di buona parte dei protagonisti: questi giochi non erano un’invenzione romana; infatti, il rito del sacrificio umano era già praticato da Etruschi, Cartaginesi e Greci con l’uccisione dei traditori o dei nemici vinti che erano dati in pasto alle belve. A Roma il sacrificio umano era stato abolito fin dal 97 a.C., ma venne mantenuto nei circhi sotto forma di duello, caccia o esecuzione capitale. L’aspetto più sconcertante di questa usanza è l’entusiasmo con il quale il pubblico seguiva lo spettacolo. Le lotte senza scampo tra gli uomini e le belve erano considerate prove di coraggio e di valore che l’imperatore e il pubblico tanto più apprezzavano quanto più erano feroci. La loro passione per questi spettacoli è paragonabile a quella che molti oggi provano per il genere cinematografico "splatter". Con un'unica sostanziale differenza: la crudezza della realtà.
Basti pensare che durante i combattimenti in massa e nelle cacce, l'odore del sangue e della carne bruciata e quello degli animali selvatici diventava insopportabile e a nulla servivano i tentativi di mascherarlo con incenso e profumi.
Le manifestazioni che vi si svolgevano erano a un tempo simboliche e concrete e creavano un legame fra la cittadinanza e il suo capo attraverso la comune partecipazione a importanti eventi pubblici avendo inoltre la non trascurabile funzione di divertire il popolo e sviare la sua attenzione su problemi diversi da quelli politici.
Il crescente interesse che questo genere di rappresentazioni riscosse, in ogni ceto sociale, fece sì che lo spettacolo divenisse per i cittadini un divertimento e per chi li organizzava un mezzo di propaganda politica, tanto da perdere così nel tempo la loro funzione legata al culto propiziatorio o commemorativo per trasformarsi, poi, in “spettacolo”.
Quindi, gli aristocratici e soprattutto gli Imperatori, per ottenere il favore delle masse, si prodigavano ad offrire spettacoli sontuosi, immortalati nei versi degli scrittori latini del tempo: Svetonio, Tito Livio, Giovenale, Marziale ed altri ancora.
“Panem et Circenses” scrisse Giovenale.
Letteralmente significa “pane e giochi”, ma lo scrittore latino lasciava intendere, con una certa ironia, un concetto diverso: la volontà dell’Imperatore di distrarre il popolo dai veri problemi da cui era afflitto, come la distribuzione di generi alimentari, l’accesso ai bagni ed alle terme pubbliche.
Insomma, un vero strumento nelle mani degli Imperatori per sedare i malumori popolari, che col tempo ebbero voce proprio in quei luoghi di spettacolo.
Ma cosa accadeva all'interno del Colosseo?
Diversi erano gli spettacoli che venivano rappresentati nell'anfiteatro: al mattino le "Venationes", ovvero la lotta fra animali esotici, o fra animali e uomini.
Qualche volta, come forma di esecuzione capitale, le persone indifese erano esposte davanti agli animali feroci.
Spettacolari dovevano apparire le "Silvae", finti scenari, ricostruzioni effettuate da pittori e scenografi nell'arena, con alberi e cespugli, tali da somigliare ad una vera foresta popolata da animali, che in questo caso non dovevano essere per forza massacrati.
Ma anche spettacoli meno cruenti e sicuramente più singolari come la celebre esibizione di un elefante che sapeva scrivere con la proboscide parole sulla sabbia.
Da sfatare è la credenza che nel Colosseo fossero uccisi i cristiani come forma di spettacolo, ciò avvenne in altre epoche ed in altri anfiteatri.
Salvatore dott. Terranova - Noto
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