COLOSSEO ROMA
LA COSTRUZIONE, IL CONTROLLO DELLE MASSE, GLI SPETTACOLI E I GLADIATORI
Il più grande e imponente monumento dell’antica Roma è il Colosseo, situato al centro di Roma e con una capienza fino a 60.000 spettatori.
Originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio, la cui costruzione fu voluta dall’imperatore Tito Flavio Vespasiano, finanziata così come per altre opere pubbliche del periodo, con il provento delle tasse provinciali e il bottino di guerra soprattutto del saccheggio del tempio di Gerusalemme, e per motivi politici, come gesto "riparatorio" contro la politica del "tiranno" Nerone che aveva usurpato il terreno pubblico, e destinato ad uso proprio, rendendo così evidente la differenza tra il vecchio ed il nuovo principato.
La costruzione dell’anfiteatro durò dal 72 all’80 d.C..
L’imperatore Vespasiano, che l’aveva voluta e ne aveva fatti iniziare i lavori sollecitandone la conclusione, morì lasciandola a metà e l’opera fu terminata da suo figlio Tito, che lo inaugurò con festeggiamenti durati cento giorni.
Le ultime decorazioni furono eseguite sotto il regno di Domiziano, fratello di Tito, ed è dal nome della famiglia dei tre imperatori che l’anfiteatro fu detto Flavio.
Roma, infatti, in quel periodo al massimo della sua potenza e del suo splendore, capitale di un Impero che comprendeva tutto il mondo conosciuto, attraversava all’interno un momento particolarmente difficile: cinque degli ultimi sei imperatori erano stati uccisi e folle di poveri e di disoccupati si aggiravano per la città distrutta dall’incendio di Nerone. Per distrarre le masse dalla miseria e dall’emarginazione e garantire in una certa misura l’ordine, fu assicurato a tutti panem et circenses.
Si appagava cosi la plebe con la distribuzione gratuita di cibo e con il libero accesso ai circhi.
Il Colosseo aveva lo stesso ruolo sociale che ha oggi lo stadio.
All’entrata vi erano delle tessere che identificavano la persona e le assegnavano un posto, erano venduti dei gadget, come piatti e coppe con l’effigie dei gladiatori, e i tifosi sugli spalti, oltre a cantare ed urlare, portavano con sé stoffe del loro colore preferito.
Gli spettacoli davano al popolo romano, oltre alla possibilità di divertirsi, anche quella, forse unica, di incontrarsi con l’imperatore.
Infatti, la plebe, sebbene fosse seduta ben distante dal posto occupato dal principe, aveva l’illusione di partecipare con lui ai giochi e di dividere con lui il potere di vita o di morte sugli uomini che lottavano nell’arena.
Salvatore dott. Terranova – Noto
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