Mercanti veneziani e genovesi importarono in Italia, già nel XVI secolo, i piaceri delle caffetterie turche, che avevano conosciuto nel corso dei loro viaggi.
Le botteghe del caffè, adattate secondo i gusti e gli stili delle due città marinare, entrarono spesso in concorrenza con le botteghe che vendevano o somministravano vino o bevande alcoliche, prodotti largamente diffusi nei Paesi cristiani. A Roma una parte del clero tentò, persino, di mettere al bando il caffè, in quanto bevanda usata dagli infedeli, ma Papa Clemente VIII, avendo avuto occasione di assaggiarlo, lo trovò di suo gradimento e lo “approvò”, favorendo la diffusione del caffè nelle case e nelle famiglie, e non solo di Roma.
In Francia il caffè fu fatto conoscere alla società parigina, dai viaggiatori francesi, intorno al 1650, e già dieci anni dopo era diventato una bevanda di uso a Marsiglia, dove pare, fosse venduto al pubblico addirittura dai farmacisti.
Il caffè, in quel tempo, era importato dall’Egitto.
La moda del caffè, intanto, si diffondeva nelle grandi città del sud della Francia, e il porto di Marsiglia era il punto di arrivo del caffè in Francia.
I “cafès” intanto cominciarono ad essere frequentati da intellettuali e persone alla moda abituati agli ambienti della “buona società” parigina.
Re Luigi XIV, appassionato degustatore di caffè, contribuì, direttamente alla diffusione di questa bevanda, poiché ciò che faceva il re era ampiamente emulato.
Nel 1714, il re Sole ordinò che a Parigi fosse portata una pianta di caffè, coltivata dagli orti botanici di Amsterdam. Il re, ormai vecchio, durante il suo ultimo anno di regno, visitò personalmente le jardin des plantes, e trascorse parecchio tempo ad osservare l’alberello del caffè, da lui fatto piantare e per il quale era stata costruita una sorta di serra.
Nel centro dell’Europa il caffè arriverà qualche decennio dopo ed in maniera sicuramente più rocambolesca.
Nel 1683 durante l’assedio di Vienna ad opera dell’esercito di Mohammed IV, il comando delle forze austriache, a causa del durissimo assedio, ebbe l’assoluta necessità di inviare un messaggio al re di Polonia, con una richiesta di aiuto.
Attraversare le linee turche era però pressoché impossibile, ma un tale Franz Georg Kolschnitsky, che aveva a lungo soggiornato all’interno dell’impero ottomano, e che parlava correttamente la loro lingua, attraversato a nuoto il Danubio riuscì nella, quasi impossibile, impresa.
Cessato l’assedio di Vienna, i turchi furono costretti ad una rapida ritirata, abbandonando sul campo 25.000 tende, 10.000 buoi, 5.000 cammelli, 100.000 staie di grano, un notevole quantitativo di oro e numerosissimi sacchi di caffè.
Tutto il bottino di guerra, compresi i cammelli, fu spartito o comunque “rilevato” dai vincitori. Al Kolschnitsky, che aveva rivestito un ruolo essenziale in quella vittoria, su sua richiesta fu assegnato il caffè, probabilmente, non per generoso riconoscimento, ma sol perché nessuno in Austria, aveva idea di come utilizzare questa “strana mercanzia”, al contrario del nostro eroe, che aveva vissuto per parecchi anni con i turchi, ed aveva al riguardo idee chiarissime.
Kolschnitsky aprì a Vienna il primo caffè, “la bottiglia azzurra”, all’inizio i viennesi trovarono poco gradevole il caffè “alla turca”, per lo strato di fondi depositato sul fondo della tazza, ma il geniale Franz Georg ripropose la stessa bevanda filtrata ed addolcita e spesso anche mescolata al latte, fu un assoluto successo.
Paradossalmente, grazie ad una guerra, il caffè a Vienna lo avevano portato direttamente i turchi.
Orazio