SIGNORA AVA
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Il romanzo Signora Ava ha una genesi lunga e tormentata, come conferma lo stesso Jovine in unāintervista del ā49 (cfr. M. Guidotti, art. cit.). Nel ā29, ricorda lāautore,Ā stesi i primi quattro capitoli e poi mi fermai. Non lo sapevo scrivere. Sentivo che dovevo prima sfogarmi, dovevo esprimere qualcosa di molto soggettivo, di intimo, prima di poter obiettare. Ecco cosƬ Un uomo provvisorioā¦
Nel 1935 ripresi Signora Ava, scrissi due - tre capitoli, ma rifiutai i precedenti, poi lo interruppi di nuovo.
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Nuove esperienze nella scuola e nel giornalismoā¦ Nel 1941 mi rimisi ancora a Signora Ava dopo aver ripreso il primo capitolo del ā29 e finalmente lo terminai.
Lāopera ĆØ pubblicata nellāaprile del 1942 dallāeditore Tumminelli di Roma, e segnala il nome di Francesco Jovine allāattenzione dei critici e dei lettori.
Signora Ava ĆØ la descrizione di un ambiente paesano del Molise negli ultimi anni del regime borbonico e durante la caduta di esso: siamo nel 1859-61 a Guardialfiera.
Il titolo sembra suggerire una dimensione lontana, sfumata, āo tiempo da Gnora Avaā, di cui parla una vecchia canzone popolare, e che riaffiora nella memoria joviniana sulla scorta dei racconti paterni e dei discorsi contadini ascoltati nella prima infanzia. Invece, dallāiniziale tono idilliaco-favoloso cāĆØ un graduale arricchimento di casi e vicende fino a motivi di drammatica intensitĆ . Lāarcano mito della terra molisana costituisce lāaspetto lirico del romanzo, che si intreccia a quello realistico, teso a rappresentare la miseria e la disperazione dei contadini, i soprusi dei galantuomini oziosi.
La critica, in un primo momento, ha espresso giudizi univoci, ritenendo preminente o la tonalitĆ favolosa (Pancrazi, Russo) o la realistica (Sapegno, Salinari), mentre dagli anni settanta in poi gli studi monografici di Giardini, Grillandi, Ragni, Carducci, DāEpiscopo, hanno sottolineato che il senso e il valore dellāopera consistono proprio in una felice integrazione dei toni fiabeschi con quelli storici. La favola ĆØ anzi presentata da Jovine in chiave ironica, che risulta un mezzo valido per evitare i pericoli dellāautobiografismo e dare una valutazione disincantata di eventi e personaggi; la narrazione ĆØ equilibrata da una dote naturale di Jovine uomo e scrittore: la discrezione, per la cui presenza lāuso di un tono medio si rivela misura di umanitĆ e non scetticismo.
Pompeo Giannantonio scrive pagine illuminanti su una dimensione non provinciale della poetica storica di Jovine; istituisce il confronto con i romanzi āstoriciā di F. De Roberto e G. Tomasi di Lampedusa, -ambientati nello stesso periodo postunitario di Signora Ava-, e ne trae argomenti per dimostrare che il quadro socio-economico dellāepoca ĆØ tracciato dallo scrittore molisano in modo piĆ¹ pertinente e con piĆ¹ rigoroso rispetto della veritĆ storica, la quale negli altri due romanzieri funge da puro āpretestoā, mentre per Jovine diventa āsostanza qualificanteā. (Signora Ava tra I VicerĆØ e Il Gattopardo in Contemporanea, Loffredo, Napoli, 1981, pp. 187-198).
La novitĆ introdotta da Jovine nel realismo novecentesco ĆØ nellāattitudine ad intrecciare due piani, quello esistenziale della veritĆ piĆ¹ segreta e autentica di un essere umano con quello sociale della ārealtĆ ā storica, socio-economica.
In Signora Ava ĆØ lucidamente rappresentata la stratificazione sociale tipica dellāepoca: una borghesia agraria che nel corso dellā800 si ĆØ involuta rispetto alle posizioni di lotta antifeudale assunte a fine ā700, e vive ormai da parassita, come evidenzia la figura dellāusuraio don Eutichio De Risio; una borghesia piĆ¹ aperta alle idee liberali e sensibile alla giustizia sociale, come il colonnello Don Giovannino De Risio, desideroso di trasmettere ai giovani la sua cultura, di stampo illuministico; un clero che vive di espedienti oppure si mostra legato agli interessi borghesi; qualche prete come don Matteo Tritone che, povero e a suo modo ribelle, -pur senza essere rivoluzionario-, alla fine protesta di fronte al tradimento di don Eutichio, lasciando casa De Risio e mettendosi dalla parte di Pietro Veleno.
Allo stesso tempo, nel romanzo si dĆ autonomo spazio ai sentimenti piĆ¹ intimi, alla dimensione interiore dei protagonisti.
Pertanto, se lāanalisi critica si sofferma troppo sui risvolti esistenziali o sui condizionamenti ambientali, rischia di fraintendere il messaggio globale di Signora Ava. Esso ĆØ da cogliere, invece, nellāinterpretazione dolente ed ironica del modo di vivere e di pensare di un piccolo lembo di societĆ meridionale, raggiunto allāimprovviso dellāillusione che i garibaldini o il governo unitario possano apportare dei mutamenti radicali; illusione che si rivela presto amara e drammatica: ad un regime se ne sostituisce un altro, e tutto ritorna come prima, con rapporti sociali inalterati, nel Molise e nellāintero Sud.
La trama si svolge in due tempi, fra loro interdipendenti.
La prima parte focalizza una realtĆ statica ed una struttura socio-economica ancora di tipo feudale. La vita di un paese molisano.
Guardialfiera, ĆØ incentrata intorno alla famiglia De Risio e al suo vecchio palazzo. Qui abitano i tre fratelli De Risio: un vecchio canonico, il āSignor Zioā Don Beniamino, grasso e goloso; un ex ufficiale napoleonico, Don Giovannino; il rinsecchito e avaro Don Eutichio, implacabile vessatore dei contadini; e i giovani nipoti: Antonietta, creatura di animo femminile vivo e deciso; Don Carlo, il ādottor fisicoā, presuntuoso ed ignorante laureato in medicina.
Collegata a loro tutta una corte di personaggi: il sacerdote Don Matteo Tritone, i servi Pietro Veleno, Marietta, Fugnitta; e figure del restante ambiente paesano: il giovane Don Stefano Leone, infiammato da ardori libertari e amorosi; il notaio Don Giacomo Scansi, usuraio coi contadini, il flebotomo Don Peppe Spaventa, un praticone che beve volentieri, e tanti preti.
Nella seconda parte cāĆØ molto piĆ¹ movimento, perchĆ© la realtĆ paesana viene incrinata dagli eventi nazionali, che alimentano illusioni, paure, vecchie e nuove idee.
La pace locale ĆØ turbata. I contadini sperano che sia finita la loro schiavitĆ¹; in āGariobaldoā vedono un liberatore oppure un demonio che vuole togliere la corona al re Ferdinando. I galantuomini si preoccupano di conservare le loro ricchezze mettendosi al servizio del nuovo venuto. Dallāincontro con la ventata di āstoriaā, lo stato ānaturaleā delle cose ĆØ messo a soqquadro.
Ancora una volta, simbolo della realtĆ ĆØ la famiglia De Risio, disgregata nella sua compagine: Antonietta, -la figlia di Don Eutichio-, fugge con Pietro Veleno, -il servitorello di casa-, il Colonnello Don Giovannino muore; Don Beniamino, che passa da unāindigestione allāaltra, si inebetisce del tutto; Don Eutichio, angosciato, arriva al massimo dello squallore denunziando Pietro alle truppe piemontesi.
Nella conclusione, Pietro, costretto a fuggire, va suo malgrado a combattere insieme ai briganti che, guidati dal Sergentello, sono al servizio del re borbonico, contro i garibaldini e le truppe del nuovo re piemontese.
Pietro ritrova Antonietta in un Istituto di suore a Temoli e non se ne separa piĆ¹ perchĆ© la giovane vuole condividere la sua sorte e si rifiuta di tornare a casa; la loro unione viene benedetta da Don Matteo e tutti insieme cercano scampo al confine con lo Stato Pontificio ma vengono scoperti e catturati dalla Guardia Nazionale.
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Signora Ava nasce dalla fusione di memoria e fantasia, ideologia e storia. Jovine propone ideologia e storia nel modo a lui piĆ¹ idoneo: nel racconto, costruendo sui dati storico-politico-economici una vicenda āverosimileā al modo manzoniano.
Nella seconda parte, perĆ², la storia diventa la musa ispiratrice; non ĆØ piĆ¹ sullo sfondo come nella prima, ove la memoria poetica circondava situazioni e individui: ĆØ ribalta sulla quale agiscono e si scontrano i personaggi; non permette tregua, ĆØ un meccanismo segreto agli stessi protagonisti, che scatena le piĆ¹ diverse reazioni: i calcoli dei galantuomini, lāinquietudine dei cafoni, la paura degli agrari, lāidealismo dei giovani studenti, la sete vendicativa dei briganti.
Jovine con Signora Ava non vuole eludere la realtĆ del suo tempo, anzi delinea una posizione politica ed etica, che dĆ alla stessa rievocazione fantastica un significato di denuncia e non di idillio: non ĆØ nostalgico tentativo di risuscitare il āmondo defuntoā dei racconti paterni, ĆØ strumento narrativo per sottintendere una carica polemica verso una realtĆ immutata nel tempo. La conclusione del romanzo vuole dire che nulla cambia con la caduta del regime borbonico: chi aveva creduto in un avvenire diverso, alla fine si arrende passivamente.
I āgalantuominiā si rassicurano che i rapporti sociali non saranno alterati dal nuovo assetto politico del Regno unificato, e i cafoni restano nella loro diffidenza atavica verso le idee astratte di ālibertĆ ā, āleggeā, āgiustiziaā.
Il dramma della mancata āoccasione storicaā indica la direzione che Jovine seguirĆ nella sua ricerca narrativa, sollecitata proprio da quel mondo che, dopo secoli di attesa, doveva ancora realizzare la sua rigenerazione.
Signora Ava ĆØ il punto di convergenza di motivi giĆ enunciati ed ĆØ punto di partenza: il prologo delle Terre del Sacramento.
Lāironia joviniana, pertanto, non assume i toni scettici rilevabili nel Verga o nel VicerĆØ di F. De Roberto. Lo scrittore si sente ācafoneā tra i ācafoniā, partecipa alla vita degli uomini che lo circondano, esprime un materiale troppo intimo perchĆ© lāironia possa diventare scetticismo o superioritĆ . I personaggi di Signora Ava si riconducono anchāessi al suo mondo interiore, provocando in lui un giudizio soprattutto per le loro qualitĆ umane.
Storicamente, egli vede nellāinerzia il tarlo che corrode la nobiltĆ e la palla al piede del contadino; ĆØ un peso secolare che lega e divide le classi sociali e da cui entrambe non riescono a scuotersi.
Nel generale grigiore si distingueranno solo le qualitĆ umane: la semplicitĆ di Pietro Veleno, la ricerca di autenticitĆ affettiva di Antonietta De Risio, lāesaltazione romantica di Stefano Leone, lāingenua volontĆ di liberazione di Carlo Antenucci e Seppe di Celenza (i contadini finiti fra i briganti), il senso elementare di giustizia di Don Matteo Tritone.
Il personaggio di Don Matteo Tritone ĆØ elemento di congiunzione tra i due momenti fondamentali del romanzo.
Nella prima parte egli ĆØ il prete povero, lāassiduo cliente della mensa De Risio. Si limita ad una larvata polemica con i colleghi piĆ¹ fortunati, che hanno parrocchie e funzioni importanti, mentre a lui resta solo la possibilitĆ di girare nelle campagne per rifornirsi di provviste; o rivolge la sua protesta addirittura a Dio, attribuendogli la responsabilitĆ della propria miseria oltre che degli errori nella costruzione del mondo.
Eā un carattere delineato con sottile ironia e arguto umorismo; episodi originali e vivissimi di comicitĆ sono quelli del tiro giocato dai galantuomini al prete per la messa funebre dello speziale Malori o quello del dialogo tra Don Matteo e il suo asino Don Girolamo sulla strada di Termoli.
Don Matteo, perĆ², non ĆØ un don Abbondio che accetta tutto pur di mantenere i suoi modesti privilegi; ĆØ generoso ed onesto, con una solida morale.
Nella seconda parte, il prete contadino che ha sinora assecondato il gioco dei rapporti sociali in cui ĆØ inserito, recupera la purezza francescana delle sue origini e un ruolo sociale piĆ¹ libero ed emblematico, perchĆ©, di fronte al tradimento di Don Eutichio, abbandona la casa De Risio per unirsi ai piĆ¹ deboli e porsi al loro servizio.
Ora lo sguardo dellāautore sul personaggio si fa dolente, ma senza cadere in forzature di toni, cosicchĆ© la creatura umana ed artistica risulta credibile e coerente.
La linea di sviluppo del personaggio trova il suo centro di coesione nel tema unificatore della povertĆ .
Don Matteo, dal principio alla fine del romanzo, pur denunziando, in varie riprese, una serie di clamorose contraddizioni, ĆØ sempre dalla parte dei poveri e dei piĆ¹ deboli e da essi riceve, come contraccambio, una fiducia totale (F. DāEpiscopo. Il Molise di F. Jovine. Enne. Campobasso. 19847 p. 83).
Don Matteo, costretto, nella prima parte del romanzo, a ricorrere con āipocrita untuositĆ āalla falsa generositĆ dei ricchi, ai quali pagava come tributo dei loro favori la propria debolezza, divenendo bersaglio consueto di beffa e di canzonatura ora bonaria ora impietosa, ritrova nella povertĆ delle origini il senso autentico della propria dignitĆ di uomo e di sacerdote (F.DāEpiscopo, op. cit.p.84-85).
Altro personaggio-chiave ĆØ Pietro Veleno.
Eā lāeroe della vicenda sia dal punto di vista strutturale sia perchĆ© riunisce in sĆ© la forza della āveritĆ ā e del āsimboloā del reale.
Certamente, egli non personifica, -come Luca Marano nelle Terre del Sacramento-, lāeroe che combatte; Pietro Veleno, educato da Don Matteo allāobbedienza, pur quando si rende conto delle ingiustizie, si limita a sperare in un mutamento.
Tuttavia, lāintreccio narrativo attesta una maturazione esterna ed interna di Pietro, come essere umano se non come coscienza sociale. Dapprima ĆØ umile e sottomesso, reputa giusta e ānaturaleā la sua condizione di servo, codificata nel proverbio popolare che gli cita Don Carlo De Risio: āSe con la zappa in mano tu sei nato, devi zappare come sempre hai zappatoā. Lāistruzione che gli impartisce Don Matteo lo solleva dallāanalfabetismo ma non lo induce a rompere lāordine costituito delle cose.
Poi sopraggiunge lāattenzione di Antonietta, -figlia del padrone-, che lo turba, lo stupisce e lo aiuta a crescere interiormente. Scoprire che sul terreno puro dei sentimenti cāĆØ uguaglianza tra lui, -figlio di contadini-, e Antonietta, -figlia di galantuomini-, lo illumina a poco a poco e lo spinge a riflettere su unāaltra uguaglianza, quella umana.
A sua volta, Antonietta ĆØ attratta con spontaneitĆ da Pietro, perchĆ© lo scopre autentico nel modo di pensare e di agire.
Su di una profonda veritĆ interiore si conclude la vicenda.
Infatti, lāepilogo, -di per sĆ© fallimentare-, non vuole essere pessimistico; ĆØ segno del rispetto per la veritĆ storica: lāerrore ĆØ stato consumato al di fuori della responsabilitĆ dei cafoni; sotto il profilo storico, questa data si aggiunge ad altri fallimenti, del 1799, del 1848, e non sarĆ neppure lāultimo.
Ma Pietro Veleno, che si ritrova a vivere direttamente lāesperienza del brigantaggio, non condivide quel tipo di āgiustiziaā, ottenuta con la violenza feroce, capisce che il riscatto meridionale non puĆ² avvenire su tale strada, e sente il bisogno di inaridire la āfonte di odio che aveva per tuttiā.
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- La purificazione equivale ad una chiarificazione. Eā il messaggio positivo di Signora Ava.
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LāumanitĆ , il senso della āpietĆ ā, che si riafferma dalle radici dellāessere proprio nel momento della sua maggiore degradazione effettiva, vuol dire fiducia nei valori civili e sociali dellāindividuo, che rischiando di venire sommersi allontanano la prospettiva dei tempi nuovi (N: Carducci, op. cit. p. 66).
Lāintelaiatura della trama ĆØ rafforzata da ricorrenti contrappunti. Per esempio, il paesaggio di Guardialfiera ha quasi sempre i colori di un autunno fradicio, oppure, Ā Ā Ā -come terra franosa-, costituisce una minaccia per la speranza dei contadini.
Ulteriore motivo intrecciato a quello della terra, ĆØ il focolare della casa che, specie nei lunghi inverni, ĆØ luogo di incontro, di intimitĆ , e unico conforto ad una vita isolata e monotona, oltre che faticosa.
La mestizia del paesaggio naturale e della vita paesana ĆØ un fondale adeguato al senso della morte, vago presagio prima e via via Ā presenza continua nella conclusione.
La narrazione fluida ed armonica, lāabilitĆ di annodare motivi e temi in modo equilibrato, lāacutezza dellāindagine psicologia, la discrezione con cui lo scrittore descrive i personaggi o partecipa alle loro vicende, sono una prova del notevole livelli di maturitĆ raggiunto anche nello stile e danno ragione del fascino che Signora Ava ĆØ sempre in grado di esercitare.
Tratto da:
Francesco Jovine
Redatto a cura di: Anna Maria Sciarretta Colombo
Con la collaborazione di: Miranda Jovine Tortora
Della F.I.D.A.P.A (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Ā Affari) Sezione di Termoli (CB).
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