In memoria ad Antonio Gelsomino
Tuesday, December 03, 2024

L'architettura della Serbia

isaija

L’architettura della Serbia

L’architettura della Serbia meridionale (Macedonia serba), ove sin dal regno di Milutin (1281-1321) si trasferì il centro della vita statale, ha un carattere diverso, assai più strettamente legato con l’architettura bizantina, in specie con le sue varianti nella Mecedonia occidentale. A differenza della Rascia, la cui architettura presenta, nell’ordine cronologico, lo svolgimento ininterrotto di un unico tipo, i numerosi monumenti di quest’architettura della «Serbia bizantina», come fu chiamata da G. Millet, si riallacciano a diverse varianti bizantine; tutte però hanno uno schema comune: la pianta a forma di croce.

Al gruppo di queste chiese appartiene fino a un certo punto già Chilandar sul Monte Athos (fondazione di Stefano Nemanja, della fine del sec. XII, ma ricostruita dalle fondamenta dal re Milutin nel 1293), ove col tipo della chiesa del monastero di Athos si uniscono elementi nuovi per questa regione, di carattere serbo, in specie il nuovo tipo di nartece, quale si aveva a Žiča.

Le chiese appartenenti propriamente alla Serbia meridionale sono però diverse.

Tra le chiese a cinque cupole emergono più tipiche: Staro Nagoričino (1312-1313) e Gračanica (compiuta prima del 1321).

La prima offre un esempio della pianta a croce allungata; la sua massa è in sé conchiusa, e la forma rettangolare è interrotta solo dall’unica abside; le quattro cupole laterali che circondano quella principale hanno una funzione più decorativa che strutturale.

La chiesa di Gračanica, costruita in forma di croce su base quadrata e quindi tipicamente bizantina, è d’altro lato, e non meno di Dečani, un esempio classico dell’originalità dell’architettura serba, la quale riuscì a realizzare, pur entro l’ambito delle tradizioni e delle forme dell’architettura bizantina, le proprie tendenze.

La pianta e l’alzata della chiesa appaiono composte di due croci inserite nel quadrato, e l’effetto così ottenuto dà l’impressione di perfetta armonia e allo stesso tempo di un elementare slancio verso l’alto: carattere questo che già era specifico per le chiese della Rascia.

Sono più frequenti le chiese con una cupola e a pianta di croce allungata.

Nelle molteplicità delle loro varianti non mancano tratti locali comuni a tutte, i quali s’erano già fatti  valere qua e là nella Rascia: le chiese sono più compatte delle bizantine, le proporzioni sono ristrette e più slanciate, evidente vi è la tendenza a raggiungere gli effetti delle costruzioni longitudinali; la cupola è alta, l’esterno è adorno di colonnati organicamente disposti.

Gli esempi più tipici sono le chiese di Cucer (tra il 1308 e il 1316), di Ljuboten (1337), di Lesnovo (1341).

I monumenti che risalgono agli ultimi tempi dell’indipendenza serba – tra i quali si distinguono particolarmente: Matejić con cinque cupole (fondazione della zarina Elena, moglie dello zar Dušan), Markov Manastir (fondazione del re Vukašin e di suo figlio Marco) – imitano in parte modelli costantinopolitani, e in parte accolgono motivi greci, introducendo nello stesso tempo elementi architettonici della Rascia.

Anche nel terzo gruppo di architettura serba, costituito dalla chiese nella vallata della Morava che durante l’ultima fase dell’indipendenza serba divenne il centro della vita politica e culturale, domina una grande varietà di tipi, che pur hanno un tratto comune: ai lati del transetto compaiono due absidi, motivo proveniente dall’architettura del monastero di Monte Athos.

A parte ciò, queste chiese sono da unire sia alla tradizione della Rascia sia a quella della «Serbia bizantina», poiché si trovano in continuità sia col tipo di chiesa a unica navata del gruppo della Rascia sia con quello di croce allungata; sicché l’intero sviluppo dell’architettura trova la sua conclusione in questa scuola della vallata della Morava.

Così, per esempio, la chiesa di Ravanica, fondazione del principe Lazzaro, fa capo all’architettura della Serbia meridionale, mentre la Lazarica a Kruševo costituisce un’interpretazione locale e un ulteriore svolgimento del tipo e delle tradizioni della Rascia.

I monumenti più armoniosi di tutto questo gruppo sono: le chiese di Ljubostinja e di Manasija, 1407-1411.

Dopo la perdita dell’indipendenza non finirono le tradizioni dell’architettura serba.

I Serbi emigrati le portarono seco nell’Ungheria meridionale, ove l’intera Fruška Gora fu popolata di monasteri serbi; e anche sugli altri territori abitati da Serbi sorsero ancora nel sec. XVII chiese e monasteri, nei quali, nonostante tutti i cambiamenti, sopravvivono tradizioni antiche.

Appartenendo alla cerchia della cultura artistica bizantina, l’arte serba non produsse una scultura monumentale: il suo genio plastico si espresse soltanto nell’ornamentazione connessa all’architettura.

Nella Rascia questa scultura prese in prevalenza i suoi modelli dalla scultura decorativa delle chiese romaniche, soprattutto di quelle dalmate, qua e là anche di quelle dell’Italia meridionale, specialmente delle Puglie, come nel portale della chiesa Nemanja.

La più grande ricchezza di sculture ornamentali si vede a Visoki Dečani, ove una delle finestre rivela stretta affinità con i modelli di Cattaro.

L’ornamentazione plastica delle chiese della Serbia meridionale ha naturalmente maggiore affinità con i modelli bizantini, benché qua e là imiti anche i motivi e la tecnica delle sculture del Caucaso.

La scultura decorativa giunge al massimo sviluppo nelle chiese situate nella vallata della Morava. Non mancano neppure i motivi di figure, ma sono rari in confronto con l’abbondanza di motivi vegetali e animali, e soprattutto geometrici, tra cui hanno gran parte quelli a intreccio: i motivi, la tecnica e il modo, come vengono adattati, rivelano rapporti meno con Bisanzio che con l’Oriente cristiano (Caucaso e paesi russi) e con l’arte islamica.

Poco si è conservato della pittura d’icone del Medioevo serbo; D’altro lato lo studio della storia della miniatura, specialmente delle sue fasi più antiche, si trova appena nello stadio iniziale. Tanto maggiore perciò è l’importanza dei numerosissimi documenti di pittura murale. Insieme con le opere più antiche di pittura bizantina sul territorio serbo (per es. a Ochrida e Nerezi) esse da un lato completano la visione della storia artistica di Bisanzio stessa nei secoli XII-XIV, dall’altro rivelano, con chiarezza pari a quella dell’architettura serba, le tendenze proprie, originali dell’arte serba.

La linea di sviluppo non appare unitaria neppure nella pittura: non tanto però si riallaccia alle tre fasi suddette dell’architettura chiesastica, in quanto riflette le tendenze di una serie di scuole di pittura, che fanno capo a varie tradizioni e le trasformano in vario modo. Queste differenze e queste varietà appaiono già nei più antichi gruppi di opere nella Rascia e vi si manifestano simultanee.

Un esempio caratteristico delle correnti locali dominanti nella pittura serba meridionale – e anche bizantina in genere – sono, per esempio, gli affreschi del 1236 nella chiesa di Mileševo che riprendono le antiche tradizioni della monumentale pittura a musaico dei secoli VI-VIII con le loro tendenze impressionistiche, spingendo l’imitazione fino a imitare il fondo d’oro musivo.

Il legame con i modelli tradizionali è evidente anche in un altro gruppo di pitture della Rascia (Studenica, Žiča, S. Gjorgje presso Novi Pazar).

In esse si esprime soprattutto l’indirizzo accademico dell’epoca dei Comneni, ma vi appare nello stesso tempo anche l’influsso della pittura di icone, senza però pregiudicarne né il carattere monumentale né la subordinazione all’architettura degli interni.

In altre opere di questo gruppo appare una certa vivacità di movimenti e una tendenza a esprimere le emozioni; ma diminuisce la ricchezza di colori.

In nessuno di questi gruppi mancano reminiscenze occidentali, sia stilistiche sia iconografiche; e sono desunte, secondo V. Petrović, soprattutto da modelli siciliani.

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