La Serbia regno (1882-1918)
Per quanto l’assegnazione della Bosnia-Erzegovina all’Austria avesse privato la Serbia delle provincie più agognate, pure, l’aver quasi raddoppiato il territorio e l’aver conseguito nei Balcani una posizione di particolare importanza, le permisero di elevarsi da principato a regno. Milan assunse il nuovo titolo il 6 Gennaio 1882 e il 22 Febbraio ebbe luogo la proclamazione da parte della Skupština. Ristretta però rimase la politica estera e piena di convulsioni quella interna.  Il trattato di Berlino imponeva un atteggiamento austrofilo, per cui convenne legare l’economia a quella dell’Austria e non pensare alla redenzione della Bosnia-Erzegovina. Si aggiunsero altri insuccessi.
Nel 1885 la Bulgaria si annetté la Rumelia orientale, che il trattato di Santo Stefano le aveva assegnato e di cui a Berlino si era costituito un territorio indipendente. La Serbia, lesa nei suoi interessi, le mosse guerra. Ma a Slivnica subì una così grave sconfitta, seguita da una così acuta crisi interna, che il re, travagliato anche da dissidi famigliari, dovette il 22 Febbraio 1889 abdicare in favore del figlio Alessandro. Il regno di Alessandro, ultimo degli Obrenović, è il periodo più turbolento della moderna storia serba.Sanguinose gare di partito, colpi di stato, congiure di palazzo, tutti i più antipatici espedienti di governo di cui nei momenti più torbidi si erano valsi sovrani, governi e partiti, divennero sistema.  La situazione sboccò nel regicidio.
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Nella notte dal 10 all’11 Giugno 1903 una congiura di ufficiali soppresse il re, la regina, due fratelli della regina e parecchi ministri.
Il 15 Giugno la Skupština e il Senato, riuniti in unica assemblea, proclamarono re Pietro Karagjorgjević. Sotto di lui la politica mutò completamente. Sovrano di vedute parlamentari, lasciò libero giuoco ai partiti, assumendo essenzialmente la parte di custode della costituzione. Nel paese si riprodusse a poco a poco l’atmosfera, e ripresero le aspirazioni dei tempi di Michele Obrenović. Si incominciò a guardare con ostilità all’Austria e alla Turchia, detentrici di territori slavi; si cercò l’appoggio della slava Russia. Fissata questa linea, non la si abbandonò più.
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Nel 1908 quando l’Austria tramutò l’occupazione della Bosnia-Erzegovina in annessione, per poco non si venne alla guerra. Poco dopo, mentre ancora non erano concluse le trattative di pace italo-turche dopo la guerra libica, Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia, alleatesi, nell’Ottobre 1912 dichiaravano guerra alla Turchia (v. Balcaniche, Guerre). Gli eserciti serbi occuparono Skoplje, Priština, Prilep, Prizren, Peć, Ochrida. Vinto però il comune nemico, affiorarono tra gli alleati dissidi e gelosie.
Poiché l’Austria aveva posto alla Serbia il veto di affacciarsi all’Adriatico, questa chiese compensi a spese degli alleati. Non volle abbandonare la Macedonia bulgara che il trattato di alleanza aveva assegnato alla Bulgaria. Il dissidio si acuì tanto che nel Luglio 1913 si venne tra Serbia e Grecia da una parte, e la Bulgaria dall’altra, ad una guerra. La Bulgaria, attaccata anche dalla Turchia e dalla Romania, ebbe la peggio e nel trattato di Bucarest del 10 Agosto dovette accettare in pieno le richieste serbe.
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Dopo di ciò la Serbia, che un’altra volta raddoppiava il suo territorio, diventava la più forte potenza dei Balcani e non dissimulava il proposito di voler redimere anche altre regioni.
L’Austria, che tanti Slavi aveva dentro i suoi confini, sentì la minaccia e volle rispondere con dimostrazioni di potenza. Il gabinetto viennese deliberò che le grandi manovre militari del 1914 si svolgessero in Bosnia e che vi assistesse il principe ereditario Francesco Ferdinando. Il 28 Giugno, mentre il principe percorreva le vie di Sarajevo, un bosniaco, armato dalla propaganda serba Gavrilo Princip lo uccideva. L’Austria inviò a Belgrado una nota con una serie di richieste che la Serbia in parte non accettò, considerandole lesive per la sua sovranità . Il 28 Luglio fu dichiarata la guerra, che, rapidamente divampando e dilagando, investì quasi tutta l’Europa.
Nel 1914, due volte gli eserciti austriaci invasero il territorio serbo tentando di insediarvisi, ma furono respinti, la prima volta nella battaglia del Cer (16-19 Agosto) e la seconda in quella della Kolubara (3-15 Dicembre). Il disastro venne per i Serbi nell’autunno del 1915 (5 Ottobre-28 Novembre), quando, attaccati anche dai Bulgari, dovettero sgomberare fin l’ultimo palmo del territorio nazionale e riparare in pietoso e rovinoso disordine attraverso le montagne albanesi, sulle rive del basso Adriatico, dove furono raccolti dalle forze navali alleate, in primo luogo italiane, e trasportati, insieme col governo e molta popolazione civile, nell’isola di Corfù.
Qui, riorganizzati e riequipaggiati, i superstiti, circa 140.000 uomini, furono avviati al fronte di Salonicco, dove combatterono a fianco degli Alleati fino alla vittoria dell’Intesa nel 1918.
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Intanto il governo, d’accordo con gli emigrati serbi, croati e sloveni delle provincie austriache, che sin dal Maggio del 1915 avevano costituito a Londra il Comitato Iugoslavo, il 20 Luglio 1917 faceva la dichiarazione essere volontà di tutti i Serbi, Croati e Sloveni l’unificazione sotto lo scettro dei Karagjorgjević in un’unica monarchia costituzionale, democratica e parlamentare, nella quale i tre popoli e i portati delle loro civiltà (religione, lingua e alfabeto) godessero gli stessi diritti.
Ancor prima però, tra la popolazione e i rappresentanti iugoslavi alla camera austriaca, s’era delineata, e nella dichiarazione del 30 Maggio 1917 aveva avuto chiara espressione, un’altra corrente che voleva unificati gli Slavi dell’Austria sotto lo scettro degli Asburgo in base al diritto di stato croato.
L’esito della guerra realizzò senz’altro le aspirazioni del governo serbo e degli emigrati. Mentre l’Austria si sfasciava, si costituivano, nelle terre slave già appartenutele, i consigli nazionali, che, con opportune garanzie costituzionali, deliberavano l’unificazione con la Serbia.
Il 1° Dicembre 1918 il principe Alessandro, che fin dal Giugno 1914 aveva assunto la reggenza, riceveva i delegati e proclamava il nuovo stato. Alla Bosnia-Erzegovina, alla Slovenia, alla Croazia e Slavonia si aggiungevano il Montenegro, la Dalmazia e, lungo tutti i confini, varie zone di arrotondamento. La Serbia di Miloš si decuplicava; con ciò però essa esauriva la sua missione storica. Al suo posto subentrava il ben diverso Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e poi il regno di Iugoslavia (v.).
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