Anche i documenti medievali croati hanno, come quelli serbi, per punto di partenza l’attività letteraria di Cirillo e Metodio;
Con questo di particolare che essi conservano il più antico dei due alfabeti paleoslavi, il glagolitico, e che, per l’adesione dei Croati a Roma anziché a Bisanzio, essi riflettono un più stretto contatto con l’Occidente. La concessione della liturgia slava ad una zona ristretta del territorio croato (soprattutto le sponde dell’Adriatico nord-orientale), il carattere alquanto ermetico dell’alfabeto usato e il predominio, in queste terre, del latino e dell’italiano hanno ostacolato lo sviluppo e la diffusione di questa letteratura glagolitico-croata.
Infatti, oltre che essere strettamente regionale, tale letteratura appare limitata anche dal punto di vista dei generi letterari che vi sono stati coltivati. Vi prevalgono naturalmente opere di carattere liturgico: Messale del principe Novak del 1368; Messale di Hrvoje Vukčić Hrvatinić, del principio del sec. XV, il cosiddetto Vangelo di Reims.
Il contatto con l’Italia vi ha però fatto sorgere anche pregevoli opere giuridiche (Statuto di Vinodol del 1288, Statuto di Verbenico di Veglia del 1388, ecc.) e una ricca messe di traduzioni e rifacimento di “Visioni” (Visio Tundali), “Moralizzazioni”, “Prediche”, “Specchi di penitenza” e un Lucidario che però fu tradotto dal cèco a Praga, ove alcuni monaci croati erano stati invitati dall’imperatore Carlo IV. Alcuni manoscritti glagolitici dei secoli XIV e XV contengono anche versi spirituali (vi ha persino qualche verso profano) composti in volgare, mentre le opere citate appartengono, dal punto di vista linguistico, più al paleoslavo che al croato.
E sono appunti questi versi in volgare, una volta certamente più numerosi e più diffusi, che, assieme a qualche rifacimento di Laudarî e di Sacre Rappresentazioni, segnano il legame di questa letteratura con quella che in Dalmazia e a Ragusa sorge intorno alla fine del sec. XV.
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