LE TERRE DEL SACRAMENTO
Il romanzo รจ pubblicato postumo, nellโestate del 1950, perchรฉ lโautore รจ morto in Aprile, senza aver potuto rivedere neppure le bozze di stampa. Eโ il testamento letterario di Jovine sia perchรฉ รจ lโultima opera sia per la piena maturitร ideologica ed artistica.
Alla grande maggioranza di critica appare la piรน distaccata artisticamente ed insieme la piรน โengagรฉeโ, di un impegno โnaturaleโ.
La maturitร conseguita da Jovine รจ il frutto di un lungo cammino percorso dalla sua poetica e del lento, costante formarsi di una coscienza civile e politica. Le terre del Sacramento rappresentano, pertanto, il punto di congiunzione, lโarmonia tra poetica e ideologia, sono la naturale conclusione artistica di un processo che รจ iniziato sin dalle prime opere ed รจ poi pervenuto al neorealismo e al marxismo.
ย
Eโ inesatto parlare di repentine conversioni al realismo o di โgaranzieโ richieste allโideologia, come precisa con chiarezza Dina Bertoni Jovine:
Lโitinerario spirituale di Jovine fu del tutto opposto. Jovine รจ partito da aspirazioni generose ma forse confuse; attraverso esperienze mentali e morali profondamente sofferte e meditate, ha scoperto via via la sua veritร arrivando allโessenza dei problemi.
Egli poteva dunque dirsi da principio โun illuminatoโ, ma non gravitรฒ certo verso la sinistra politica chiedendo alla ideologia delle garanzie impossibili. Al contrario ero una coscienza viva e critica, tormentata da dubbi, continuamente assillata da esigenze di approfondimento, orientato a cercare questo approfondimento nella realtร della storia e capace di identificare il nocciolo dei problemi e di affrontare i contrasti nella loro crudezza (D. Bertoni Jovine, in Il contemporaneo, luglio-agosto 1960).
In Jovine, la convergenza col marxismo avviene, piรน che altro, sui problemi concreti: la โquestione meridionaleโ (sempre studiata e posta a sfondo delle sue opere) ed il rinnovamento culturale su base nazionale-popolare (concetto accolto da Antonio Gramsci ma giร elaborato per proprio conto in scritti giovanili).
Lo scrittore, che ha ereditato un forte senso storico da Francesco De Sanctis e da G. Battista Vico, lo approfondisce con le idee di Gramsci; acquista una nuova consapevolezza della questione meridionale, riflette sulle opere di G. Fortunato, di G. Salvemini) ed indaga egli stesso le cause dei fenomeni rivoluzionari e politici nella storia del Mezzogiorno dal 1799 in poi.
Elabora lโarticolo Come ho visto la questione meridionale (in La Voce, 19 dicembre 1947, ora in Viaggio nel Molise, a cura di N. Perrazzelli, op. cit.), in cui rileva che solo la terra รจ sempre stato il โtermine ultimo della contesaโ tra varie classi sociali: aristocratici, borghesi e contadini.
Tale molla ha spinto nel 1799 allโalleanza tra proprietari feudali e contadini contro la borghesia giacobina, e nel 1860 a quella dei contadini con i borbonici, contro i piemontesi e contro i nuovi proprietari della terra: i borghesi, i โgalantuominiโ, i professionisti, che si sostituivano ai vecchi padroni feudali.
โIl cafone sapeva che tra i due padroni, il duca o il marchese โฆ che conosceva appena lโubicazione delle loro terre, e lโavvocato, il notaio, lโusuraio localeโฆ che conosceva il valore del denaro, che era la sua arte di dominio, preferiva il duca o il marcheseโ (cfr. art. cit.).
A fine โ800, in piena emigrazione, la terra agognata fu acquistata dai contadini con le rimesse dallโestero mentre i borghesi si impoverivano proprio per lโโesodo migratorio che aveva privato di braccia le campagneโ. Nel โ24, perรฒ, quando lโemigrazione si chiuse, le condizioni economiche e psicologiche del Mezzogiorno tornarono stentate e drammatiche come un secolo prima. Cosicchรฉ la campagna dโEtiopia ebbe molti volontari nel Meridione: quello che il fascismo scambiรฒ per patriottismo era soltanto povertร e fame.
Alla luce di tali studi e riflessioni, il romanzo ha due elementi di fondo, fra loro complementari: il danaro per pagare la terra e le braccia per lavorarla.
La โcoscienza politica di Jovine si fa radice di quella morale e fantasticaโ (G. Giardini, F. Jovine, Marzorati, Milano, 1967, p.60).
E tuttavia, - ha subito notato Luigi Russo -, โla sua fede politica era cosรฌ pura e filtrata, che poteva essere taciuta nei suoi filosofemi, perchรฉ tutto si era disciolto nel sangue e in ogni particolare della fantasia. Nella civiltร pacifica del lavoro la sua Musa attinge con naturalezza e senza polemica, la propria linfaโ (L. Russo, I narratori, Principato, Milano, 1951, p.333).
Una poetica sincera e umana, tanto insita nella natura di Jovine che, malgrado il forte contenuto sociale, il romanzo non ha toni accesi o di persuasione propagandistica, non ha lโenfasi del neofita, non propone divisioni manichee tra i personaggi.
Eโ maturata anche la capacitร di esporre obiettivamente la realtร ; scompaiono le posizioni critiche, gli atteggiamenti ironico-parodistici di alcune opere precedenti.
Lโautore ama dello stesso amore tutte le creature della narrazione perchรฉ ognuna di esse apporta alla storia un elemento nรฉ positivo nรฉ negativo bensรฌ essenziale e
lโessenzialitร viene non tanto dalla appartenenza di ceto o di classe, quanto dal vincolo che in un modo o nellโaltro accomuna tutti alla terra, matrice prima di ogni speranza e di ogni desiderio. Sรฌ che la polemica, se esiste, รจ trasportata in un contesto naturale, quello dei terreni da coltivare e da migliorareโฆ Le terre del sacramento conferma cosรฌ il proprio titolo.
Eโ il libro, il poema della terra, dellโangoscia di possederla, di amarla, le difficoltร , una volta ottenuta, di tenerla; il pianto, il sudore, lโaffanno delle coltivazioni, i magri prodotti e le semplici speranze, tutto vuole concorrere a ciรฒ, e tutto a questo punto di vista si rapporta (M. Grillandi, op. cit. pp. 70-71).
ย
Lo studio monografico di G. Giardini insiste a lungo sulla tesi che la terra รจ il tema unitario del romanzo.
Tutti i personaggi nelle loro vicende essenziali sono strettamente legati alla terra: lo stesso Enrico Cannavale; Laura, con โil suo umano dramma di donna coraggiosa e vintaโ; Luca, che matura umanamente solo quando si occupa direttamente dei problemi della terra.
Ma della terra e per la terra vivono i contadini, e il loro amore per essa รจ comune e intimo allโautore.
La terra รจ vista nel vario avvicendarsi delle stagioni, con le caratteristiche che essa assume via via e le sciagure e la miseria che essa porta finchรฉ รจ abbandonata a se stessa.
E i contadini curano la poca terra che possiedono con un attaccamento quasi religioso, chรจ la terra nella loro mente (e in quella dellโautore) assume quasi lโatteggiamento umano di una creatura buona e grande, senza cui impossibile รจ la vita.
La necessitร del lavoro e del pane congiunge quasi con disperazione il contadino alla terra; egli ne sana le piaghe, le coltiva con amore, le sente e rivive in se stesso, nella parte piรน intima della sua anima.
Ma รจ in virtรน di questo attaccamento alla terra che essi riescono a vincere la superstizione che grava sul fondo del Sacramento e offusca la coscienza stessa dei loro diritti.
La terra diviene cosรฌ lโatmosfera corroborante e il motivo animatore del libro: se non acquista lโindividualitร di un personaggio, si articola nei personaggi e nelle vicende e ne costituisce il tema unitario (G. Giardini, op. cit. pp. 70-71).
A sua volta, Sebastiano Martelli (in F. Jovine, Casa molisana del libro, Campobasso, 1970, pp. 114-118) avanza alcune riserve sulla prioritร data al tema della terra da parte di tutta la critica orientata
a vedere nellโopera di Jovine uno stretto legame con quella verghiana, una critica che ha sostituito al motivo verghiano della โrobaโ quello piรน moderno della โterraโ. In realtร ci sembra che questo giudizio รจ un poโ in ritardo rispetto ad una tematica che ne Le terre del Sacramento appare piรน varia e complessa, una tematica che si permea di spunti ideologici, di critica storica, di crisi religiosa e che pone il romanzo in una dimensione diversa.
Certo la โterraโ รจ un motivo costante del libroโฆ lโhabitat dei personaggi, ma tale motivo non esaurisce e non comprende tutta la problematica insita nel romanzo.
Pertanto, a Martelli si configura troppo restrittivo il collegamento Verga-Jovine dei critici Russo, Pancrazi, Giardini, che si basano sulla analogia di โrappresentazione corale della vita paesanaโ, โpoetica dei vintiโ, โlotta per la terraโ, pur avendo essi rilevato le dovute differenze tra i vinti verghiani, - rassegnati alla loro sorte -, e i vinti joviniani, che lottano e maturano una coscienza sociale.
Martelli non nega lโinflusso verghiano sullโopera di Jovine ma preferisce sottolineare nei due autori la diversitร dei problemi storici e della ideologia.
Le terre del Sacramento sono nel contempo lโopera che colloca Jovine in primo piano nella narrativa realistica del dopoguerra.
Lโโistanza realisticaโ non deriva da una conversione immediata nรฉ solo dalle contingenze storiche, politiche, culturali ma proprio perchรฉ รจ presente in tutta lโattivitร letteraria precedente e scaturisce da unโintima esigenza alla veritร , alla sinceritร della vita, ha modo di esprimersi con autonomia rispetto alle formule realistiche di quegli anni, spesso riduttive e coercitive.
Osserva N. Sapegno che nellโaderire alla poetica neorealistica Jovine non deve fare, come tanti altri scrittori di quella corrente, alcuno sforzo nรฉ ha bisogno di โrinnegarsi, di tentare frettolose conversioni di rottaโฆ La sua adesione ad una tematica sociale si รจ maturata in lui e a poco a poco, negli anni, attraverso la sua umana e cordiale simpatia per i poveri e la crescente preoccupazione ai loro problemi.
Non gli occorre uscir fuori dal sua ambiente, mutare o capovolgere i termini del suo mondo sรฌ soltanto di approfondirliโฆโ (N. Sapegno, Pagine di storia letteraria, Manfredi, Palermo, 1960).
Si puรฒ concludere che, ben amalgamate con lโidea centrale della โterraโ, nellโopera sono rifuse e sviluppate in vasta composizione di respiro storico, altre tematiche narrative dello scrittore: lโimmobilitร della provincia molisana, la difficile situazione dello studente di provincia, un sentito bisogno di rinnovamento cristiano, i problemi dellโurbanesimo e dellโindustrializzazione, lโiniziale sviluppo del capitalismo nel Sud, il premere delle massi popolari.
La presenza e lโinfluenza di tutti quegli aspetti sugli avvenimenti narrati indicano la modernitร e lโautenticitร umana della poetica joviniana.
Le terre del Sacramento hanno una gestione lungamente meditata e maturata, cui accenna lโautore in un profilo autobiografico (in Fiera letteraria, 10 ottobre 1946): โDa dieci anni mi porto in mente un romanzo di vastissime ย proporzioni, senza titolo, per ora, ma con una decina di personaggi che mi fanno giร ottima compagniaโ; facendo riferimento anche ad un โnuovo romanzoโ giร iniziato, dal titolo La Capra del diavolo.
Eโ probabile che, al tempo tra Signora Ava e il โ46, Jovine abbia avuto due momenti inventivi separati per due romanzi diversi, uno sulle vicende di Enrico Cannavale (La capra del diavolo) e uno su quelle di Luca Marano (il โromanzo di vastissime proporzioniโ) e che poi sia nata la decisione di fondere i due nuclei narrativi, dando vita alle Terre de Sacramento ove si intreccia la decadenza di una ย famiglia borghese con la nascita di una coscienza sociale dei contadini.
Della Capra del diavolo lo scrittore dร un primo ritratto in Terra vecchia, un racconto del 1943 (in Giornale dโItalia, 7 febbraio), ambientato a Castelluccio Acquaborrana (oggi Castelmauro).
Invece, la situazione storica rappresentata nel romanzo, un sessantennio del contado di Molise in cui il โgalantuomoโ prevale sul โfeudatarioโ ormai decaduto e indebitato, trova riscontro in altri scritti di quel travagliato decennio di preparazione: gli articoli del Viaggio nel Molise (โ41), il saggio Del brigantaggio meridionale (dopo il โ45, rimasto incompiuto e pubblicato postumo), lโarticolo Come ho visto la questione meridionale (โ47).
Per le idee di fondo e il collegamento cronologico, Le terre del Sacramento sono lโepilogo di Signora Ava. Il contrasto tra โcafoniโ e โgalantuominiโ che in Signora Ava รจ inquadrato agli albori dello Stato liberale, ora รจ visto nel momento piรน drammatico della nostra storia unitaria: il crollo dello Stato liberale e la sua resa al fascismo. IL momento conclusivo dei due romanzi รจ ugualmente tragico: alla repressione del brigantaggio fa da corrispettivo lโeccidio fascista dei contadini.
Nelle Terre del Sacramento interviene perรฒ il punto di vista maturato dallo scrittore con le ultime esperienze culturali e politiche e con le tensioni sociali a cavallo degli anni โ50: i โcafoniโ non appaiono piรน una massa amorfa, stanno per acquisire la coscienza di avere diritto ad una vita finalmente umana.
La trama del romanzo รจ ambientata nel primo dopoguerra, negli anni che precedono la marcia su Roma e nei risvolti drammatici del fascismo in provincia.
I tremila ettari delle terre del Sacramento costituivano un antico feudo ecclesiastico espropriato dalla Stato con la legge del 1867 e passato alla famiglia Cannavale con regolare acquisto allโasta. Lโimmensa proprietร si estende ai piedi delle Mainarde, vicino a Calena (oggi Isernia) e a Morutri, ma รจ incolta ed abbandonata da tanto tempo per lโincuria dei proprietari e per il timore superstizioso dei contadini, ai cui occhi quelle terre sono maledette perchรฉ sono state confiscate alla Chiesa.
Esse, inaridite e sassose, sono diventate pascolo abusivo per i pastori e legnaia per i contadini.
Lโavvocato Enrico Cannavale, ultimo discendente della famiglia, detto โla capra del diavoloโ per lโumore bizzoso e la barba rossiccia, รจ il prototipo del ceto medio, la classe di โgalantuominiโ che dai tempi dellโunitร รจ andata incontro ad una progressiva decadenza ed ha perso ogni consistenza economico-sociale.
Inetto e debole di carattere, con vaghe aspirazioni socialiste contraddette da una vita dissipata nellโozio, tra sperperi ed avventure, non รจ persona adatta per riassestare il patrimonio famigliare e difendersi dai creditori, tra cui lโambiguo fattore Felice Protto. ย ย ย Si sposa con una cugina, Laura de Martiis, e le affida la direzione degli affari; quanto a sรฉ, continua a vegetare in una abulia che lo ridurrร ad unโombra.
La moglie รจ ben diversa: riflessiva, realistica, non vuole farsi coinvolgere dallโapatia che sembra unโaria connaturata alla vita paesana di Calena. Si serve delle sue amicizie altolocate per ottenere dal Credito Meridionale il prestito necessario a rimettere in coltura la sterminata proprietร . Rimane un ultimo ostacolo: il rifiuto dei contadini a dissodare le terre sconsacrate.
A questo scopo, cera lโaiuto di Luca Marano e del prete don Giacomo Fontana.
Luca, figlio di poveri contadini di Morutri, avviato agli studi sacerdotali per lโostinato desiderio della madre, lascia il Seminario quando si rende conto di non avere la vocazione e continua a studiare come puรฒ, frequentando saltuariamente lโuniversitร di Napoli e dando gli esami di legge quando ha soldi per pagare le tasse.
La sua vita quotidiana รจ fatta di ripieghi, come quella dei suoi compagni, poveri e senza avvenire; aiuta lo zio, ufficiale giudiziario, ma dai fratelli รจ considerato ugualmente un privilegiato.
Decisivi per lui sono due incontri; con Don Giacomo Fontana, un missionario tornato in vacanza a Calena, che gli insegna cosa sia il vero coraggio:
io -disse il prete- sono stato quarantโanni in Africa. Tu sai la riflessione piรน dolorosa che ho fatto in tanti anni? Ho visto migliaia di uomini e di donne crescere, invecchiare e morire con perfetto svolgimento della loro vita fisica. Ma la loro mente rimaneva immobile; morivano corpi di vecchi con cervelli di bambini. Erano uomini coraggiosi che si battevano contro le belve e tremavano di paura per la predizione di uno stregone. Erano temerari di corpo e vili di anima.
Ci sono due forme di coraggio -aggiunse parlando a sรฉ stesso- uno fisico e uno mentale, io dovevo cercare di dare loro questo secondo coraggio (Terre).
ย
Luca intende il messaggio e lo applica quando conosce donna Laura De Martiis, che lo invita a collaborare per il riscatto delle terre.
Si convince a fare da intermediario con i contadini, usa il suo ascendente per persuaderli a mettere da parte le paure superstiziose e promette, a nome del Cannavale, che le terre saranno date in enfiteusi in cambio del lavoro per coltivarle.
Don Giacomo a sua volta si offre per riconsacrare la cappella del Sacramento, piรน volte colpita dai fulmini, che i contadini interpretavano come un segno dellโira divina. Lโentusiasmo di possedere la terra vince la superstizione; i cafoni di Morutri, di Pietrafolca, in breve tempo trasformano il fondo: dissodano, arano e seminano.
Il denaro, perรฒ, finisce presto, le terre diventano proprietร del barone di Santasilia, e Laura Cannavale va via da Calena senza dare piรน sue notizie. Le promesse non possono essere mantenute e ai contadini giungono le prime ingiunzioni di sfratto. Essi dubitano anche di Luca che, invece, li raduna e li spinge ad occupare le terre.
La protesta intende essere pacifica ma le squadre fasciste, spalleggiate dai carabinieri, aprono il fuoco sulla massa dei contadini, donne, bambini. Muoiono Luca Marano, il suo amico Gesualdo, il contadino Marco Cece; la narrazione si chiude con un lamento funebre che la madre di Luca e le donne innalzano sui loro corpi.
In un romanzo di cosรฌ notevole ampiezza, la forza e la validitร artistica della rappresentazione sono il frutto di un rapporto armonioso tra tutti gli elementi che ne fanno parte: i personaggi principali, la coralitร di un intero mondo contadino, le figure appartenenti ad altre classi sociali, gli eventi storico-politici, le vicende naturali legate al lavoro della terra, il paesaggio molisano, sempre rapportato ed inserito nel vivo del racconto.
Nel tratteggiare i personaggi, Jovine non si serve di un esame psicologico diretto, ne coglie la mentalitร nellโambiente: il suo realismo fa parlare le cose piรน che le persone.
Talora lโintrospezione psicologica รจ colta di riflesso nel pensiero di altre figure.
Poesia e ideologia si fondono equilibratamente: i personaggi hanno un loro significato socialmente emblematico, senza risultare per questo meno veri e credibili; altrettanto veri sono i problemi e le realtร focalizzati nella narrazione.
Se Jovine esamina la condizione contadina piรน come gruppo che in ritratti individuali, ciรฒ non significa vederla โdallโesternoโ (N: Spegno, C. Salinari); non รจ squilibrio involontario ma scelta voluta per vari motivi: per la convinzione che la loro storia รจ uguale per tutti, per non eccedere nella pietร , e per non accentuare il distacco con i โpadroniโ.
Lโintento รจ di analizzare obiettivamente tutte le componenti di un determinato cotesto storico ed esistenziale.
La simpatia per gli oppressi trapela, ma con discrezione, per la convinzione che Luca e Cannavale, Laura e Gesualdo sono espressione di una stessa situazione di fondo: โmiseria e paura, superstizione, sono forse i termini piรน esatti per indicare i mali del nostro passato. Ed erano mali dei borghesi e dei contadini, sebbene si manifestassero in modo diversoโ (F. Jovine, Lettera ed Alvaro in Aretusa, 1945, 2, p.33).
Enrico Cannavale, simbolo di una classe sociale che vive storicamente la sua rovina economica e morale, non รจ presentato con una condanna preconcetta ed รจ anchโegli oggetto di pietร umana.
Laura Cannavale รจ figura complessa, non sempre ben compresa dalla critica; a volte รจ considerata una velleitaria con idee umanitarie, a volte una fredda ed astuta calcolatrice con lโunico fine di un egoistico interesse economico.
La sua azione รจ determinata, invece, da molteplici ragioni.
Jovine colloca Laura nel gran mondo e pur le attribuisce dei motivi validi a giustificare i suoi eventuali errori: il peso della numerosa famiglia De Martiis cui deve provvedere dopo la morte del fratello; il matrimonio non certo dโamore con lโavvocato Cannavale; le preoccupazioni per il patrimonio dissestato del marito; la decisione di occuparsene nonostante la difficoltร dellโimpresa; lโimpegno per ottenere il denaro; le delusioni per le evidenti infedeltร coniugali; lo sforzo per non lasciarsi vincere dallโabulia misteriosa ed atavica di Calena.
Il suo calcolo di โridare ordine alle faccende economiche del maritoโ, che si equilibra con la buona volontร di aiutare i cafoni di Calena e Morutri, non prevede una salvezza personale a scapito degli altri: Laura non specula su Luca nรฉ sul lavoro contadino.
Mette โda parte per il momento il groviglio di problemi e sentimentiโ famigliari per spendere โle sue energieโ allo scopo che si รจ prefisso. Comprime tutto dentro di sรฉ senza mai lamentarsi o ribellarsi, sempre soffrendo e spesso scoraggiandosi.
Solo una volta accenna apertamente a Luca il suo tormento: โse potessimo fare quello che vogliamo -disse ancora- lei non immagina come รจ dura la mia vitaโ.
La sconfitta finale non รจ solo di Luca e dei contadini, anche Laura รจ stata ingannata dagli eventi e ripiomba nel suo dramma, dopo aver nutrito una breve illusione. Quando fugge a Sanremo non si puรฒ accusarla nรฉ odiarla.
Una problematica profondamente sentita da Jovine, e riproposta da unโopera allโaltra, รจ il rapporto religione-superstizione che nel romanzo si intreccia in modo essenziale alle varie parti della vicenda.
La questione religiosa, non รจ stata adeguatamente studiata e solo ora si impone allโattenzione della critica joviniana; F. DโEpiscopo (in Il Molise di Francesco Jovine, op. cit.) elabora proposte interpretative convincenti di cui รจ necessario tener conto.
โLa ricerca di una โvera religioneโ, protesa verso unโautentica rivoluzione delle coscienze, scandisce i momenti chiave dellโitinerario narrativo jovinianoโ.
Jovine attribuisce alla dimensione religiosa incidenza umana e storica: ne rileva una presenza radicata nei costumi e nelle mentalitร contadina e ne vede i riflessi nelle stesse condizioni sociali del Sud.
Egli indaga su tali realtร , -in prove narrative e in articoli giornalistici- muovendo la sua critica ai โpoli devianti della superstizione e della magiaโ, -che spesso sono stati usati per asservire il popolo-, e, nellโambito di una meditazione sempre piรน chiarificatrice, va alla sofferta ricerca delle radici autentiche del sentimento religioso. Fino agli ultimi scritti insiste in un progetto culturale capace di fondere la fede โilluministica nella ragione con le esigenze di stampo spiritualistico, per una finalitร pedagogica della missione intellettuale che deve mirare a far acquisire una piรน matura โcoscienza di se stessiโ.
In Jovine la โcoscienza di se stessi รจ coscienza della nobiltร , e dellโintrinseca divinitร , della natura umana e, a suo avviso, puรฒ essere posseduta solo da una cultura โlaicamenteโ impegnata in una inquieta e sofferta ricerca interiore di tali veritร โ (op. cit.).
Nellโallegoria delle Terre del Sacramento la figura di Luca Marano, per la sua vicenda biografica, esempla una maturazione umana, sociale ed anche religiosa.
Dopo la confusa crisi di coscienza che lo induce ad andare via dal Seminario, egli riceve una chiara lezione di riscatto e di salvezza da Don Giacomo Fontana; grazie a lui ripudia una โreligione fatta piรน di paura che di speranzaโ e recupera unโโintimo ineffabile slancio dellโanimaโ.
Eโ perรฒ Don Giacomo Fontana il vero personaggio-chiave per incarnare a livello teorico la โreligione della speranzaโ.
โAlla religione del terrore magico e superstizioso, che sfuggiva ad ogni velleitร di dominio logico, Don Giacomo sostituisce la religione della fiducia e della speranza nel controllo razionale del realeโ, che puรฒ essere mezzo di elevazione del popolo e non piรน di soggezione.
Egli, che ha fiducia nella ragione, parta di โcaritร โ come di โgiustiziaโ.
Lโacquisizione consapevole delle dure leggi che regolano il ritmo della storia รจ nata in Don Giacomo dalla lunga esperienza missionaria in Africa, tra gente di colore emarginata per ignoranza, superstizione, miseria, e quindi non molto diversa dai contadini meridionali. A quegli uomini, โtemerari di corpo e vili dโanimaโ, egli ha cercato di dare il coraggio mentale.
A Calena, continua a battersi contro lโโirrazionaleโ paura di colpe non commesse, contro il degradamento del sentimento religioso, e non accetta le ragioni che hanno indotto il clero a sconsacrare la cappella delle terre.
Don Giacomo crede in un Dio che รจ โragioneโ, รจ โordineโ, ed il suo impegno umanitario viene illuminato proprio dalla fede nella forza del ragionamento.
Quella forza che difettava allโinizio in Don Matteo di Signora Ava e difetta in Don Settimio, -altra figura chiave delle Terre-, che impersona il prete di campagna pigro, abitudinario e lontano da ogni desiderio di rigenerazione morale e sociale.
Il rapporto di Don Giacomo con Luca Marano รจ molto piรน articolato e significativo di quello tra Don Matteo e Pietro Veleno.
Pietro viene educato allโobbedienza, Luca viene aiutato a liberarsi dalla paura dellโignoto, dallo spettro di sciagure passate e future, dai โveleniโ diabolici della superstizione e della magia che proprio la madre, Immacolata, gli ha sempre evocato attorno.
Don Giacomo gli propone una concreta via per scongiurare tali maledizioni; quella di agire nella storia con lโaiuto della ragione e con una nuova coscienza della โgrazia di Dioโ.
Se Don Matteo, -nonostante lโadesione morale e materiale ai piรน deboli evidenziata nella conclusione di Signora Ava-, non riesce a trasmettere agli altri il miracolo della propria redenzione; Don Giacomo e Luca tentano, specie nella seconda parte delle Terre, di comunicare il messaggio di liberazione agli umili che li circondano.
Nella trama ampia delle Terre, Don Giacomo ha uno spazio narrativo piรน esiguo di quello che viene attribuito a Don Matteo in Signora Ava, e perรฒ piรน funzionale, per il suo ruolo sociale di sacerdote impegnato nel mondo con vivo senso di responsabilitร storica e lucida volontร di azione per arginare le ipocrisie a danno dei poveri.
Jovine, in sostanza, auspica โil recupero della lezione cristiana, nel segno di una โcoscienzaโ la quale, piรน che come sicuro possesso, tende a porsi come travagliata ricerca della veritร , attraverso la difficile ricerca di se stessi e degli altriโ.
Nel contempo, ribalta โil piano dellโassenza nella cronaca, in cui si muove lโeroe provvisorio del suo primo romanzo, in quello realistico della presenza in una storia, minata dai subdoli โveleniโ dellโignoranza e della paura, ma animata anche da una nuova fiducia nella speranza della salvezzaโ (cfr. F. DโEpiscopo, op. cit., pp. 90-108).
A Luca Marano va lโobiettiva simpatia dellโautore; non รจ lโeroe che fin dallโinizio ha un marchio solo positivo, un โpersonaggio apostolicoโ, di cui parlano alcune definizioni critiche, perchรฉ Jovine non vuole fare โpropaganda romanzataโ.
Risulta anzi molto credibile nella figura umana e nella maturazione conseguita.
Eโ credibile la prima in quanto lo scrittore, con realismo spontaneo, riesce a non dare troppo rilievo agli elementi epici presenti in Luca: bellezza, forza, intelligenza; e cerca di giustificarne la diversitร dagli altri โcafoniโ o il suo saper operare delle scelte, giuste o sbagliate che siano.
In Luca รจ credibile la fondamentale onestร , che lo spinge ad abbandonare la via sacerdotale per non mentire a sรฉ stesso e agli altri visto che non sente una vera vocazione religiosa; e gli fa temere, una volta intrapresi gli studi di legge, di poter un giorno ridursi anche lui, -come tutti gli avvocati a Calena o altrove-, a sfruttare i poveri a vantaggio dei ricchi.
Credibile รจ la sua maturazione.
Eโ un giovane studente provinciale, al pari di altri personaggi joviniani, ma lโestrazione sociale non รจ quella piccolo-borghese di Giulio Sabรฒ, Giustino DโArienzo, Siro Bagnini (per i quali la โprovvisorietร โ derivava dallo sradicamento provinciale e dallโimpatto con la confusione cittadina).
La sua origine รจ contadina e a tale dimensione appartengono i dubbi, il complesso del povero, le illusioni, la morte; da rapporto con lโambiente locale sono condizionate le sue aspirazioni.
Come Laura, Luca rischia di inaridire nellโinerzia indotta dellโatmosfera naturale ed ambientale che รจ sterilmente monotona.
Eโ un tema costante, quasi ossessivo, nella coralitร del romanzo: โโฆ antica, mortuaria saggezza.
Era una scienza sepolta nelle pietre; a Calena era accaduto tutto senza modificare nullaโ (Terre).
Come Gesualdo e tanti altri conterranei, Luca teme lโinsabbiamento:
si veniva rifacendo la sua storia interna, a brano a brano, senza lume dโindulgenza per sรฉ e per i suoi simili. Luca Marano, figlio di Giuseppe, non era piรน una vittima solitaria. Il suo destino, la sua tristezza di ventenne miserabile era simile a quella di Gesualdo, del canonico, di Ferdinando, delle migliaia di studenti che piovevano a Napoli tra ottobre e novembre, per esporre ai professori le nozioni lette nei manuali di Diritto Civile durante le desolate stagioni trascorse in villaggi come Morutri. Lunghi mesi passati a fumar cicche avvolte nella carte di giornale, mangiando lasagnette di farina grigia condite con aglio e peperoni fritti, accanto ai camini ingrommati di fumoโฆ Giovani come lui, che si lasciavano intossicare lโanima senza speranze.
Domani avrebbero vissuto sfruttando, derubando subdolamente i contadini dei loro villaggi che erano legati alla loro stessa sorte, dalla stessa ingiustizia. Luca capiva ormai i legami sotterranei della sua tristezza con quella degli altri (Le Terre).
ย
Eโ una pagina che denota a pieno lโequilibrio di Jovine: nessun eccesso nel compianto, nessuna insistenza ideologica.
Luca, nel prendere coscienza che la โtristezzaโ รจ una condizione collettiva, non soltanto sua, trova il punto piรน alto di una maturazione etica e sociale che lo porta, a grado a grado, da un impegno casuale di intermediario tra il mondo dei contadini e quello dei โgalantuominiโ, alla comprensione dei problemi in atto, ad una diretta responsabilitร di lotta per la conquista delle terre, ad una disperata ansia di giustizia che gli costerร ย la vita.
Tutto il romanzo รจ imperniato su tale lenta maturazione.
Luca non รจ lโintellettuale formatosi con gli studi e le teorie, รจ il giovane che vive chiuso in un soffocante ambiente naturale e partecipa giornalmente ai problemi della sua gente.
La sua maturitร nasce da unโesperienza sofferta e rientra nei limiti storici e geografici della vicenda, cioรจ Luca non agisce sulla scorta di teorie marxiste, nel suo tempo ancora sconosciute al Sud.
Divengono cosรฌ astratte e immotivate le critiche che lo accusano di immaturitร politica, di essere โruota dellโingranaggioโ, piccolo intellettuale vittima di un giro piรน grande di lui, di essere indeciso e romantico; o, al contrario, che lo salutano primo โeroe proletarioโ in lotta per unโacquisita coscienza di classe, e โintellettuale gramscianoโ.
Jovine sa creare un personaggio vero perchรฉ conosce a fondo la problematica meridionale e tiene conto delle reali condizioni di vita e di mentalitร in cui Luca agisce; la validitร artistica รจ da cogliere proprio nelle ingenuitร ed incertezze della sua azione, dato che non si sente capo dei โcafoniโ e non ritiene di compiere unโimpresa eccezionale (โMi sono interessato dei contadini del mio paese ma spero di fare un altro mestiere poiโ).
La sua morte รจ tanto piรน tragica perchรฉ non รจ la morte di un eroe votato al sacrificio fin dallโinizio, รจ quella di un giovane che lentamente ha fatto luce dentro se stesso; entrato quasi per caso nella lotta, ne percepisce dopo le ragioni ed arriva a diventarne il protagonista, -lโingranaggio dellโazione-, per onestร e coerenza con i principi cui รจ pervenuto.
ย
Al ritorno da Napoli, quando ha chiara la visione dellโinganno subito per le terre, vive un dilemma decisivo: abbandonare i contadini al loro destino o aiutarli a lottare.
Non si sente di tradire la sua gente di origine, รจ diventato consapevole del ruolo che gli spetta, per cui sceglie lโazione al loro fianco.
La decisione di occupare pacificamente le terre, con donne e bambini, nasce da unโesigenza di giustizia, non รจ ritorsione, ricatto:
bisognerร rimanere sulle terre notte e giorno per aspettare che ci facciano giustizia.
Noi abbiamo bisogno delle terre del Sacramento, sono il nostro pane.
Se noi siamo forti e uniti, dovranno ascoltarci.
Non vogliamo far male a nessuno, vogliamo solo lavorare (Le Terre).
Proprio per la dinamica presente nel personaggio, โla morte di Luca Marano e dei suoi contadini, non appare come sconfitta, ma come il prezzo del sacrificio di chi lotta, nella fede di un nuovo riscattoโ (G. Giardini, op. cit. p. 61).
Il finale del romanzo, che รจ apparso ad alcuni critici unโinserzione mitologica, ieratica e musicale (Cecchi), un poโ fuori tono in un testo realistico, oppure letterario โlamento funebreโฆ in unโaria tra epica e jacoponicaโ (Grillandi), รจ una scena realistica che documenta una tradizione popolare nel Meridione, un uso ancora vivo al tempo di Jovine che qui viene utilizzato in funzione ed a suggello del significato di fondo del romanzo.
Nel canto funebre sulla salma di Luca e dei suoi compagni, la madre e le altre donne lanciano un grido di rivolta e, nel contempo, un grido di speranza per un domani migliore ai propri figli, un domani non piรน di inganni e sangue ma solo di bene:
โper noi fame e dannazione
ma per i figli paradiso e paneโ.
โ โ โ โ โ
Semplicitร e naturalezza sono caratteri peculiari dello stile e della lingua, malgrado lโimpressione di monotonia rilevata da Cecchi, De Robertis, Russo.
Jovine perviene al superamento della tentazione descrittiva o del tono โcantanteโ di Signora Ava, e lโassenza di musicalitร , della โvena di cantoโ รจ un merito, non un limite, delle Terre del Sacramento.
Grazie allo sforzo di autocensura, la prosa รจ agile, semplice nella sintassi, aderente al soggetto della narrazione.
I dialoghi sono naturali, gli aggettivi essenziali, il periodare semplificato a proposizioni subordinative di primo grado, il lessico รจ sobrio.
Ciรฒ permette una โlingua moderna, duttile, che si adattaโฆ senza sbalzi alle battute dei โcafoniโ come a quelle dei โsignoriโโฆEโ un risultato di straordinario equilibrioโ (E. Ragni, op. cit. p.129).
Non si tratta dunque di piattezza stilistica ma รจ una delle operazioni linguistiche piรน notevoli della letteratura italiana del โ900.
Tale esperimento, piรน che lโinfluenza dei contemporanei narratori americani, risente della lezione manzoniana e verghiana, rivissuta ed interpretata in modo originale.
La โcoralitร โ, messa in rilievo da tutti i critici, รจ storico-realistica, non lirica; penetra in tutti i risvolti della realtร umana e sociale per ricercarne il piรน autentico significato.
Una coralitร che permette di dare coerenza interna alla vita psicologica dei personaggi, verosimiglianza alle situazioni inventate, dinamicitร alla struttura della societร meridionale; una coralitร che permette al lamento funebre finale di essere un giudizio severo su ciรฒ che di tragico รจ accaduto e lo trasforma, malgrado la sconfitta del momento, in messaggio di fede e monito solenne per il futuro.
Messaggio e monito che danno intenso valore alle parole scritte da Jovine pochi giorni prima della morte (Lettera dal Molise, La Fine del Sanfedismo in LโUnitร , II aprile โ50) ove annuncia con gioia:
Ma cโรจ qualcosa di nuovo in queste contrade.
ย
Tratto da:
Francesco Jovine
Redatto a cura di: Anna Maria Sciarretta Colombo
Con la collaborazione di: Miranda Jovine Tortora
Della F.I.D.A.P.A (Federazione Italiana Donne Arti Professioni ย Affari) Sezione di Termoli (CB).
ย
ย
ย
ย
ย