In memoria ad Antonio Gelsomino
Friday, November 15, 2024

La critica al primo principio di Rousseau: la volontà generale

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La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network:

Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi

 

 Constant

 

2.3.1 La critica al primo principio di Rousseau: la volontà generale

 

Il primo principio di Rousseau “stabilisce che ogni autorità che governa una nazione deve emanare dalla volontà generale, cioè dall’intero corpo sociale. Si tratta, in buona sostanza, del principio della sovranità popolare, in virtù del quale titolare del potere è la società nel suo complesso; ne consegue che può definirsi legittimo soltanto quel potere che viene esercitato sulla base di un esplicito mandato, conferito dagli individui che compongono la società”[1].

 

“Dal punto di vista della fonte, le opinione di Rousseau sarebbero corrette. Egli indica la fonte dell’autorità nella volontà generale, ovvero nel consenso dei consociati: e, secondo Constant altra fonte possibile non vi è”[2]. Non è, quindi, la fonte il principio roussoviano che egli intende contestare: “L’autorità può discendere soltanto dal consenso, o dalla forza”; la forza è un fatto non un diritto: proprio come in Rousseau non può conferire legittimità al potere”[3]. Secondo Constant, indipendentemente dalla forma di governo di uno Stato: “vi sono due soli poteri, l’uno illegittimo - la forza, l’altro legittimo - la volontà generale”[4], quindi se vi è una sovranità legittima, essa non può che discendere dalla volontà generale.

 

A questo proposito è importante sottolineare che in Constant il concetto di volontà generale si caratterizza in maniera sensibilmente differente rispetto a Rousseau e alla “degenerazione” giacobina. Constant identifica la volontà generale con il consenso, inteso nel senso largo di approvazione (tacita o espressa) da parte della società nei confronti della forma di governo esistente.

 

Quando parla di sovranità popolare pensa ad un sistema rappresentativo su base censitaria e ciò era del tutto normale, in un’epoca in cui il suffragio universale era stato utilizzato da Napoleone per i suoi plebisciti.

 

La volontà generale di cui parla Constant è invece diversa dalla volontà generale di Rousseau: la prima coincide con il principio di consenso e implica un sistema di autogoverno che non coincide necessariamente con il regime democratico (al massimo tende ad un progressivo allargamento del suffragio); la seconda rappresenta un regime democratico che non riconosce alcun limite alla sovranità del popolo.

 

In questo senso Constant dimostra di non accogliere nel suo pensiero la vera novità della filosofia politica post-rivoluzionaria, ovvero il principio democratico. Infatti, pur facendo proprio il principio della volontà generale, poiché riconosce come titolare dell’autorità sociale il popolo, lo interpreta in senso “ascendente” come consenso. Il consenso non è certo una novità della filosofia politica post-Rivoluzione, basti pensare che tutti i giusnaturalisti moderni, a partire dallo stesso Hobbes, hanno visto in esso il principio di legittimazione del potere, un consenso insito nella natura stessa del contratto.

 

Nonostante Constant dica esplicitamente di non voler contestare il primo principio di Rousseau sulla volontà generale, è necessario tuttavia notare che quando l’autore dei Principes de politique parla della volontà generale intende qualcosa di molto diverso rispetto al Ginevrino. Quella di Constant può essere interpretata come una sorta di volontà della maggioranza data dalla somma delle volontà particolari che incontrandosi e scontrandosi danno vita alla posizione di compromesso della maggioranza. Rousseau, invece, rifiuta completamente il concetto di volontà particolare e quando parla di volontà generale si riferisce a qualcosa di ben diverso dalla volontà di tutti. Afferma, infatti, nel Contratto sociale: “c’è spesso molta differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale, questa mira unicamente all’interesse comune, l’altra all’interesse privato e non è che una somma di volontà particolari; ma se si toglie da queste stesse volontà il più e il meno si eliminano reciprocamente, resta come somma delle differenze, la volontà generale”[5].

 

Il processo di annullamento delle volontà particolari che porta alla formazione della volontà generale, la quale è espressione di una società “sana”, non afflitta da particolarismi, è evidente. Nella concezione constantiana della volontà generale, al contrario, è già presente tutta l’ispirazione “liberale” dell’autore: l’individuo non aliena il proprio particolarismo come avviene invece per Rousseau. Da buon liberale, infatti, Constant vede positivamente il dissenso in seno alla società, una condizione che oltre ad essere normale e fisiologica è anche auspicabile. In altre parole, mentre Rousseau interpreta il dissenso come una prova della “malattia” del corpo sociale che si manifesta in antagonismo, conflitti e lunghe discussioni, Constant riscontra in esso lo stato di “salute” della società.

 

Questa ispirazione profondamente diversa rispetto a Rousseau è riscontrabile anche nella scelta della terminologia con cui Constant si riferisce al concetto di sovranità. Nei Principes de politique vengono usati raramente i termini “sovranità” o “potere sovrano”, sostituiti dall’espressione “autorité sociale”. Questo mutamento terminologico rivela una duplice intenzione da parte dell’autore. Innanzitutto “evidenzia la natura derivata del potere, lasciandone trasparire la sua provenienza dal basso”[6], in modo da contrapporla alla concezione assolutistica del potere che domina i sudditi dall’alto. In secondo luogo, l’espressione utilizzata “sottolinea la natura collettiva dell’autorità, rispetto alla quale la libertà si configura come qualcosa di essenzialmente individuale”[7]. In questa seconda accezione si può cogliere la diversità e la critica a coloro che, come Rousseau, intendono la libertà in senso collettivistico.

 

Renata  Dott.ssa COVIELLO

 

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI NICCOLO’ CUSANO - TELEMATICA ROMA

 

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

 

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

 

TESI DI LAUREA:

 

“La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network: Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi”

 

ANNO ACCADEMICO 2017-2018

 

 

[1] S. DE LUCA, B. Constant teorico della modernità, in “Bollettino telematico di filosofia politica al link: http://bfp.sp.unipi.it/constbib/index.html

 

[2] Mauro BARBERIS,  Benjamin Constant, Rivoluzione, costituzione, progresso, il Mulino, Bologna, 1988, pag. 274.

 

[3] Ibidem.

 

[4] Ibidem.

 

[5]  J. J. Rousseau , Il contratto sociale , i classici del pensiero libero. Corriere della Sera, Milano,  2010, pag. 30

 

[6] DE LUCA S., Alle origini del liberalismo contemporaneo. Il pensiero di Benjamin Constant tra il termidoro e l’Impero, Marco Editore, Lungro di Cosenza 2003, pag. 186.

 

[7] DE LUCA S., Alle origini del liberalismo contemporaneo. Il pensiero di Benjamin Constant tra il termidoro e l’Impero, Marco Editore, Lungro di Cosenza 2003, pag. 239.

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