La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network: Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi
2. Constant
2.4.2 la libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni.
“Il risultato di tutte queste differenze è che la libertà non può essere presso i moderni quel che era presso gli antichi”[1]. Se, per gli antichi, la libertà risiedeva nella diretta partecipazione politica e per i moderni nell’indipendenza privata (anche e soprattutto rispetto al potere politico) ne deriva che i primi trascuravano i diritti e le libertà personali mentre i secondi i diritti e le garanzie assicurate dalla partecipazione politica.
La libertà per gli antichi “era tutto ciò che assicurava i cittadini la più grande parte nell’esercizio del potere sociale”, per i moderni invece “è tutto ciò che garantisce l’indipendenza dei cittadini dal potere”[2]. Costringere i moderni ad abbandonare ciò che per loro è un piacere (le libertà private) per imporgli ciò che non lo è più (il dedicarsi completamente all’attività politica) sarebbe una forzatura; confondere le due concezioni sarebbe una violenza inutile e premessa di grandi vizi e corruzioni.
La caratterizzazione delle due libertà dipende dal carattere e dal temperamento di Antichi e Moderni: i primi, avevano soprattutto il bisogno di agire, che per essere soddisfatto era necessaria una grande estensione dell’autorità sociale, cui partecipavano direttamente. I secondi necessitano invece semplicemente di tranquillità e di godimenti, resi possibili da un ristretto numero di leggi.
Dunque, “non bisogna esigere dai popoli moderni l’amore e la devozione per la libertà politica che avevano gli antichi; è la libertà civile che gli uomini della nostra epoca prediligono sopra ogni altra cosa”[3] L’uomo moderno non può più accettare determinate tipologie di leggi come quelle sui costumi, sul celibato, sull’oziosità, poiché esse “presuppongono un asservimento dell’individuo al corpo sociale che noi non potremmo più sopportare”[4].
Si vengono, quindi, a delineare due concetti addirittura antitetici di libertà: il fine degli antichi era la suddivisione del potere sociale fra tutti i cittadini di una stessa patria: era questo ciò che chiamavano libertà. Il fine dei moderni è la sicurezza nei godimenti privati; e chiamano libertà le garanzie accordate dalle istituzioni a questi godimenti.
Abbiamo quindi un insieme di libertà civili dette anche libertà “negative” o libertà “private” (quella dei moderni) intesa come indipendenza, e una libertà politica detta anche libertà “positiva” o pubblica (quella degli antichi) intesa come partecipazione. Il primo tipo di libertà fa capo alla non interferenza dello stato nella sfera privata e al godimento dei diritti civili, il secondo concetto si riferisce alla libertà politica, all’autodeterminazione e alla capacità dell’uomo di guidare il proprio destino.
La libertà politica offre nel mondo moderno meno godimenti rispetto al passato, mentre può causare dei danni sempre meno tollerabili: “di conseguenza, dobbiamo conservarne soltanto ciò che è assolutamente necessario”[5]. Non si può pretendere, come hanno fatto i giacobini, di “consolare gli uomini con la libertà politica per la perdita della libertà civile”[6] poiché questo significherebbe andare nel senso opposto a quello del genere umano.
Constant, da questa analisi, sottolineando le differenze che separano Antichi e Moderni, cerca di mettere in luce dei principi, che altro non sono che quelli della dottrina giusnaturalistico-liberale ovvero i diritti individuali di libertà. Intende chiarire che, secondo lui, il mondo greco non che non abbia goduto di una particolare libertà definibile come “civile”, ma che non abbia conosciuto quel concetto di libertà del singolo che si può riassumere nella formula del “rispetto dell’individuo-persona”, che è un’acquisizione successiva, di origine cristiana e di elaborazione giusnaturalistica e liberale.
A determinare un diverso modo di concepire l’idea di libertà sono le acquisizioni di valore che intercorrono e separano storicamente Antichi e Moderni.
Ciò vuol dire che la distinzione tra libertà antica e moderna non sta ad indicare che gli Antichi conoscessero la libertà politica e non la libertà civile, ma che l’idea di libertà politica, civile, giuridica, individuale degli Antichi non è quella dei Moderni.
Il concepire un certo tipo di libertà scaturisce dal differente sacrificio cui sono disposti i Moderni rispetto agli Antichi: i primi, perfezionatisi nel corso dei secoli verso una maggiore individualità, non sono più disposti ad immolare una cospicua parte della propria sfera privata in favore dell’autorità sociale.
Constant non rivolge un rimprovero agli Antichi per non aver conosciuto la libertà civile, egli è convinto che necessariamente essi non avrebbero potuto conoscere che quel tipo di libertà; la sua “convinzione” viene sostenuta da argomenti di natura geografica e ambientale, ma soprattutto di natura morale, psicologica e attitudinale.
Constant, inoltre, non solo denuncia i rischi derivanti dalla tendenza anacronistica di imporre esclusivamente la libertà antica, di natura esclusivamente collettiva e politica, ma allo stesso modo mette in guardia dal pericolo derivante dall’interpretare la libertà moderna esclusivamente in senso privatistico: entrambe le libertà contengono una potenziale pericolo. “Il pericolo della libertà antica era che attenti esclusivamente ad assicurarsi la suddivisione del potere sociale, gli uomini non tenessero nel debito conto i diritti e i godimenti individuali” mentre “il pericolo della libertà moderna è che assorbiti nel godimento dell’indipendenza privata e nel perseguimento dei nostri interessi particolari, rinunciamo con troppa facilità al nostro diritto di partecipazione al potere politico”.[7]
Infine, il liberale di Losanna chiarisce che “Non è alla libertà politica che voglio rinunciare, ma è la libertà civile che reclamo insieme ad altre forme di libertà politiche”[8]. Queste due libertà possono e devono coesistere, poiché nessuno dei nostri diritti sarebbe al sicuro se il cittadino non fosse in grado di influire sul potere grazie al suo voto e alla sua partecipazione.
Alla luce di tutto questo si riportano le parole di Constant: “Chiedetevi innanzitutto, signori, cosa un inglese, un francese, un abitante degli Stati Uniti d’America, intendano al giorno d’oggi con la parola libertà. È per ognuno il diritto di essere sottoposto soltanto alle leggi, di non poter essere arrestato […] né messo a morte […] per effetto della volontà arbitraria di uno o più individui. È per ognuno il diritto di dire la propria opinione […] di disporre della sua proprietà […] il diritto di riunirsi con altri individui, sia per conferire sui propri interessi, sia per professare il culto preferito […] Paragonate adesso questa libertà a quella degli antichi. Essa consisteva nell’esercitare collettivamente, ma direttamente, varie parti della sovranità tutta intera, nel deliberare sulla piazza pubblica della guerra e della pace […] nell’esaminare i conti, gli atti, la gestione dei magistrati, nel farli comparire davanti a tutto un popolo, nel metterli sotto accusa […] nello stesso tempo ammettevano, come compatibile con tale libertà, l’assoggettamento completo dell’individuo all’autorità dell’insieme […] la facoltà di scegliere il proprio culto […] sarebbe parsa agli antichi un crimine e un sacrilegio […] le leggi regolano i costumi […] l’individuo, sovrano pressoché abitualmente negli affari pubblici, è schiavo in tutti i suoi rapporti privati”[9].
La libertà teorizzata da Rousseau, di cui godevano gli antichi, in quanto cittadini poteva andare di pari passo con il totale asservimento degli individui, è una libertà che si identifica con l’autonomia del corpo collettivo. Con questa forma di autodeterminazione collettiva siamo liberi perché, obbediamo alle leggi che noi stessi ci siamo dati. Mentre la libertà moderna, secondo Constant è una condizione di indipendenza individuale, una forma di autodeterminazione individuale, con la quale, siamo liberi perché, nessuno può ostacolare le nostre scelte individuali.
L’errore di fondo che Constant attribuisce a Rousseau è quello di aver impostato il problema della legittimità del potere esclusivamente in termini di autorità, trascurando completamente la questione dell’estensione.
Renata Dott.ssa COVIELLO
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI NICCOLO’ CUSANO - TELEMATICA ROMA
FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI
TESI DI LAUREA:
“La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network: Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi”
ANNO ACCADEMICO 2017-2018
[1] Ibidem, pag. 485
[2] Ibidem.
[3] Ibidem
[4] Ibidem, pag. 489
[5] Ibidem
[6] Ibidem
[7] Giovanni PAOLETTI, Benjamin Constant, la libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni, Einaudi, 2008,pag.32
[8] Stefano DE LUCA, Constant B, Principi di politica, Rubbettini, Soveria Mannelli 2007, pag. 489.
[9] Giovanni PAOLETTI, Benjamin Constant, la libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni, Einaudi, 2008,pag.6-7