Ius exponendi
Come si è già detto, l’altra faccia del ius tollendi è lo ius exponendi.
Già Romolo avrebbe sancito una norma secondo la quale l’esercizio di questo potere per i figli, sia maschi che femmine primogeniti, era legittimo solo se c’era il consenso di cinque vicini.
L’ expositio, ossia il mancato riconoscimento del neonato, era molto poco gradita alla pubblica opinione già a partire dall’epoca dell’Imperatore Costantino, che sanzionava colui che avrebbe effettuato l’expositio con la conseguente perdita della patria potestas.
La norma riportata da Dionigi stabiliva il divieto di esporre i neonati maschi inferiori a tre anni, divieto dal quale era esentato il pater di bambini nati deformi o mostruosi. E’ probabile che la norma successiva, riferita sempre da Dionigi, secondo la quale il padre poteva esporre il neonato, abbandonandolo, dopo averlo mostrato a cinque vicini ed averne ottenuto il loro consenso, si ricolleghi in qualche modo alla prima disposizione, in modo che la prescritta formalità limitasse l’esposizione dei neonati ai soli casi di loro deformità o mostruosità.
Questa prescrizione attesta, oltre alla “soluzione” per i casi estremi derivanti dalla legge della natura, la presenza di un metodo di forte controllo della nascite, che avrebbe comportato una crescita sociale, non gradita soprattutto nei periodi in cui l’economia era precaria e non permetteva il mantenimento di tutte le nascite: soprattutto in aree periferiche e in periodi di crisi economica i casi di esposizione dei neonati dovettero essere piuttosto frequenti e senza la presenza di congrui controlli.
Ciò non conferma comunque che successivamente, anche quando era da favorire la crescita sociale, non si sia fatto ricorso all’esposizione degli infanti, il che naturalmente non significa affatto che questa facoltà rituale sia del tutto venuta meno.
Il diritto di esporre il proprio figlio trovava solide fondamenta nel contenuto personale e nell’estensione della patria potestas romana, facoltà che per tutto il periodo classico ed oltre non fu mai contestata dalle autorità statali, o quantomeno vigilata con l’introduzione di limitazioni controllate dall’autorità statale stessa.
Si stabilì che il pater potesse rivendicare il figlio, rimborsando le spese sostenute da coloro che lo avessero raccolto e allevato fino alla rivendicazione paterna, tutelando la condizione dell’infante esposto.
E’ Costantino che introduce una svolta stabilendo che chi avesse raccolto e suis alimentis ad robur pervexerit un neonato, che il pater avesse esposto consapevolmente e volontariamente, potesse tenerlo con sé, sia come figlio che come schiavo senza che potesse essergli sottratto da una azione da parte del pater originario, il quale per il solo fatto di averlo esposto aveva non solo perso la patria postestas ma anche il diritto di poterlo rivendicare: questa novità costituì da un lato l’ incentivo affinché il neonato abbandonato potesse essere salvato dalla morte ed allevato da colui che avesse avuto pietà della condizione dell’infante; dall’altro si sancì l’estinzione della patria potestas a seguito dell’esposizione dell’infante, stravolgendo i principi relativi a tale facoltà di cui si era abusato fino ad allora.
La legislazione degli imperatori cristiani, da ultimo accolta e sancita come principio nel diritto della Compilazione, vietò l’infanticidio e l’esposizione della prole.
- Salvatore Terranova - Noto