Atti di pura violenza
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Anno 2009_2 Aprile
Il 2 Aprile, giunta, da parte dell’ONU, la notizia che, in Afghanistan, per più lustri, martoriato da conflitti endemici tra i “signori della guerra” ed i fanatici della Sharia, quali sono i fondamentalisti talebani, ed adesso “puntellato”, come Stato semi-unitario, sotto l’egida delle Nazioni Unite, dalle forze occidentali, sta per essere approvato un provvedimento di legge che obbligherebbe la donna, già più che abbondantemente discriminata e sottomessa, secondo le leggi islamiche, al “potere” del maschio padre-fratello-marito-individuo qualunque, sempre e comunque, padrone assoluto di fatto della sua sorte (ad esempio, una donna che si trovi per strada non accompagnata da un familiare può essere redarguita e frustata da chiunque), a soddisfare, sempre e comunque, la libidine del marito, fa sì che la LIDU “insorga” con uno specifico comunicato.
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Comunicato di dura reprimenda contro l’annunciato provvedimento che, di fatto, legalizzerebbe atti di pura violenza, subornazione e sostanziale stupro dell’uomo sulla donna, ancorché moglie, affatto incompatibili con un minimo di rispetto dei Diritti Universali, conclamati e suffragati dalla comunità internazionale.
Premesso che, in senso generale, i “fatti” dell’Afghanistan ci interessano profondamente per varie e molteplici ragioni, una cosa che, al momento, ci pare, però, importante rimarcare più delle altre è quella relativa alle notizie che, secondo fonti ONU, danno per imminente l’approvazione, in quel Paese martoriato (“preda”, per anni ed anni, dei Talebani e dei cosiddetti “signori della guerra”), ove le forze militari dell’Occidente cercano di tenere in piedi, alla “meglio”, una qualche parvenza di Democrazia, di una norma che, di fatto, istituirebbe lo “Stupro di Stato”, se compiuto, ai danni della moglie, dal legittimo consorte.
Ovvero, una norma che, assieme ad un “corollario” di disposizioni di seconda linea, che, nel rimarcare l’”inferiorità ” sostanziale della donna, vietandole di cercare lavoro, istruirsi o farsi visitare da un medico, senza aver prima ottenuto, magari, addirittura, per iscritto, il permesso del coniuge, autorizza il marito ad usarle violenza se, per così dire, “riottosa” o “semifrigida”.
A questo punto, a noi che riteniamo d’essere, come istituzione storicamente più longeva delle altre, uno degli antemurali più significativi posti a difesa dei Diritti Universali dell’Uomo, non possiamo astenerci dal manifestare, assieme alla ripulsa per la probabile introduzione nelle “pandette” afghane, di una norma talmente “maschilista” e disumana da sembrare incredibile, la speranza che, in tempi brevi, si giunga ad un vero e proprio redde rationem in materia.
E cioè che, al cospetto delle tante aberrazioni e violenze, cui ci è dato, pressoché ogni giorno, assistere, si faccia finalmente chiarezza.
Diciamo questo perché, al di là delle generiche quanto retoriche affermazioni che, per solito, si fanno, con immancabile uso di termini accattivanti quanto dissimulatori della verità vera in materia, circa l’uguaglianza e la parità di diritti che esisterebbe nella specie umana, ancorché il 10 Dicembre 1948, a Parigi, la molteplicità delle rappresentanze nazionali presso l’ONU, abbia proclamato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che tiene tra i capisaldi più qualificanti la parità assoluta di ogni individuo rispetto alla società di appartenenza, senza alcuna differenza di sesso, di razza, di etnia, di credo religioso e politico, di ceto e di livello economico-culturale, assieme ad altre “colonne portanti” quali la sacralità , anche fisica della persona, non riducibile in contenzione, se non per ragioni di reati compiuti a danno del prossimo, così, invece, nella realtà delle cose, non è per tutti gli abitanti dell’“Universo-Mondo”.
Alcuni Stati, infatti, non solo continuano a farsi beffa di queste “garanzie“ originarie e primarie di parità , di equanimità , di giustizia e di libertà , ma, addirittura, s’adontano politicamente e diplomaticamente, minacciando “rappresaglie” di varia natura e grado, se qualcuno azzarda affermare l’esistenza di un netto divario di civiltà tra chi crede nella laicità dello Stato e dei costumi, senza discriminazioni od intolleranze, e chi, trae, invece, le proprie convinzioni comportamentali da fondamentalismi politico-religiosi, da ataviche costumanze, da persistenti, quanto anacronistiche, arroganze di casta, da ideologici e formali assoggettamenti e costrizioni della persona all’imperio delle autorità costituite od usurpate.
E che questa sia una realtà con la quale occorre fare i conti al più presto ed una volta per tutte, acciocché la civiltà , che poggia sul rispetto universale della persona, prevalga, e la inciviltà , che, quale antinomia, poggiante, invece, sul disprezzo della persona, sulla disuguaglianza e sulla prevaricazione, soccomba, in quanto la cultura della vita non può che prevalere su quella della morte, sta a dimostrarlo il fatto che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, col tempo, è andata, via via, sempre più edulcorandosi.
Edulcorandosi attraverso la strumentalità con cui i Paesi islamici si sono fatti portatori di una visione alquanto “ammorbidita” ed attraverso l’ambiguo comportamento dei Paesi di più consolidata Democrazia, che, in più circostanze, hanno finto di non sapere e di non vedere: gli scempi compiuti a suo danno, da una parte, per quieto vivere, e, dall’altra, per non inficiare e depotenziare l’unanimità delle decisioni da prendere, ovvero per non rischiare il default dell’autorevole consesso delle Nazioni Unite, formalmente, seppure faticosamente, pronunciatosi al riguardo.
Non a caso, infatti, al di là ed al di sotto dello schermo di generale copertura dei Diritti Universali che, nel 1948, furono diramati per il mondo, i Paesi a cultura islamica, ne hanno adottata e fatta propria una versione piuttosto emendata. Una versione, cioè, che prevede, in modo ineludibile, che la valenza dei Diritti Universali, non possa, comunque, prevalere sul diritto positivo di ciascuno Stato. Diritto che, per alcuni, poggia solo e soltanto sul Corano e sulla sua trasmutazione nelle forme della Sharia.
Al punto in cui siamo, con il preannuncio dello “Stupro di Stato”, ed il resto che ne consegue, è di tutta evidenza che non c’è più spazio per una qualsiasi conciliazione in materia, le differenze sono talmente marcate che, al di là delle eccezioni di natura nominalistica che qualcuno potrebbe, con estrema faccia tosta, accampare in termini interpretativi, circa i diversi concetti di civiltà esistenti tra gli uni e gli altri, a nostro parere, rimane fermo ed inequivocabile il fatto che, uguaglianza, libertà , pari dignità , rispetto per la persona e giustizia, non sono concetti sui quali si possa tergiversare attraverso sofismi di maniera e di parte, infarciti di assoluta malafede. Vanno solo difesi ed affermati ad oltranza, senza tentennamenti, secondo l’accezione originaria di Diritti Universali pro omnibus et erga omnes!
Al momento, attraverso una generale protesta formale degli stati di Democrazia “compiuta”, più sensibili al rispetto dei diritti, da inoltrare, al più presto, al Segretario Generale dell’ONU, perché si muova ed “esca” con precise prese di posizioni e prefigurazioni di provvedimenti sostanziali, fino a minacciare sanzioni ed espulsioni.
E questo, perché, sempre secondo noi, non è ulteriormente tollerabile che un organismo altamente rappresentativo, concepito quale strumento supremo di giustizia generale e di libertà per gli uomini ed i popoli di tutto il mondo, subentrato, per fare meglio e di più, rispetto all’”inabile”, quanto imbelle, “Società delle Nazioni”, che non riuscì ad impedire lo scatenarsi della Seconda Guerra Mondiale, possa tenere nel suo seno, come uguali e con pari dignità , Paesi che applicano, senza nemmeno vergognarsene, la pena di morte, così come promuovono la violenza dell’individuo sull’individuo per le più disparate ragioni immaginabili, riconducili, comunque, tutte ad un vizio ideologico di stampo politico-religioso e ad una volontà pertinace, quasi si trattasse di un postulato cui corrispondere senza riserve, di prevaricare e violare la natura stessa dell’uomo.
Di un organismo siffatto, ancorché massimamente autorevole, non sappiamo proprio che farcene, ma, soprattutto, non sappiamo cosa mai possano farsene quelle frange d’umanità , oltraggiate, vilipese, concusse e letteralmente violate da provvedimenti d’inequivocabile sopraffazione dell’uomo sull’uomo, quali quello dello “Stupro di stato”.
Sempre il 2 Aprile, la LIDU, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica (A.I.P.G.), nell’ambito di un’iniziativa divulgativa, centrata sul tema dei Diritti Umani, relativi ai minori, dal titolo “Seminari Formativi di Psicologia Giuridica sui Diritti Umani”, tiene un convegno, aperto ad operatori del settore, avvocati, magistrati e docenti della materia, che vede una larga ed attenta partecipazione.
Dopo una specifica introduzione dell’avvocato Gianmarco Cesari, “calibrata” soprattutto sugli aspetti “giuridici e vittimologici”, hanno relazionato sul tema: Paolo Capri, Presidente AIPG, Professore a. c. di Psicologia Giuridica presso l’Università Europea di Roma, Vicepresidente del CEIPA., Vicepresidente dell’Associazione Italiana Rorschach, membro del Comitato Albo Formazione CTU e Periti Ordine degli Psicologi del Lazio; Anita Lanotte, Psicologa, Psicoterapeuta, Presidente del CEIPA, membro del Direttivo dell’AIPG, nonché socio del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale; Maria Emanuela Torbidone, Psicologa, Psicoterapeuta, CTU del Tribunale di Teramo, Esperto dell’AIPG per l’area tematica relativa al Danno Biologico con Pregiudizi Esistenziali; Mario Saccà , Psicologo e membro del Consiglio Direttivo dell’AIPG; Lucia Chiappinelli, Psicologa, Amministrazione di Giustizia Minorile presso il Ministero della Giustizia, Responsabile del Settore di Psicologia Giuridica presso l’Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica del CEIPA e membro del Consiglio Direttivo dell’AIPG.
I relatori, nei loro interventi, hanno, rispettivamente, trattato di: “Il minore nei procedimenti giudiziari come testimone o vittima”; “Le capacità genitoriali in relazione all’affidamento minorile ed allo stato di adottabilità ”; “Il danno alla persona: tutele e garanzie psicologiche per la vittima”; “Il minore nella rete: uso ed abuso di Internet. Aspetti pedagogici e psicologici dell’intervento”; “Il minore autore di reato nel processo penale minorile”.
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Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli
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