Giustizia e libertà tra i popoli
Anno 2009_fine Luglio
L’ultima settimana di Luglio, quello che era stato previsto dai più avveduti “osservatori”, consapevoli di come vanno le cose in questo mondo pieno di contrapposizioni, dissimulazioni ed infingimenti, tesi a mascherare il vero volto delle cose e dei rapporti che intercorrono tra i protagonisti più scellerati d’un fondamentalismo bieco, crudele ed insensato, basato sulla sopraffazione degli uni sugli altri, fino alla riproposizioni di nuovi olocausti, è immancabilmente avvenuto.
Infatti, come la LIDU, per tempo, aveva previsto e come facevano anche presagire, d’acchito, i primi accenni d’una realtà effettuale che si stava, a bella posta, “apparecchiando”, il “combinato disposto”, tra la “voglia” degli Americani di “ridefinire” l’impegno in Iraq, lasciando progressivamente, al legittimo governo di quel Paese, la gestione amministrativa ed organizzativa dello Stato, ed il callido accordo, di pretta matrice fondamentalista, surrettiziamente stipulato tra le supreme autorità, religiose e civili, che presiedono ai destini delle due nazioni (Iran ed Iraq), ha sortito la messa a rischio, non solo dell’esistenza della cittadina di Ashraf, simbolo della Resistenza iraniana, affidata dalle supreme autorità di Ginevra alla salvaguardia degli Stati Uniti, ma addirittura della stessa incolumità personale dei suoi abitanti.
Purtroppo ciò che avevamo paventato è avvenuto.
Non ostanti i nostri appelli, infatti, la cittadina irachena di Ashraf, ubicata ai confini con l’Iran (trovandosi ad appena sessanta miglia da Teheran è letteralmente avvertita come una spina nel fianco da Ahmadinejad e dai mullah che lo spalleggiano) ed abitata da oltre 3.500 profughi iraniani che, sfuggiti ad un regime sanguinario, hanno saputo trasformare un piccolo villaggio di pastori in un insediamento abitativo di tutto rispetto, fornito di ogni tipo di servizio e di comfort, sta per essere rasa al suolo e distrutta per sempre.
Questo, in attuazione dell’accordo surrettizio, di cui avevamo dato notizia qualche tempo fa, intervenuto tra le autorità del fondamentalismo sciita dell’Iran ed il governo, anch’esso di stretta connotazione sciita, dell’Iraq. Accordo che prevedeva lo “sgombero” (è un eufemismo) della cittadina, non appena gli “Americani” avessero cominciato a “disimpegnarsi” dall’importante area di riferimento logistico militare.
Di fatto, purtroppo, ancora una volta la real politik, prevale sui Diritti Fondamentali dell’Uomo, quali, come nel caso in specie, la salvaguardia della libertà e dell’inviolabilità fisica della persona.
Ancora una volta, ancorché le situazioni siano strutturalmente diverse, il disimpegno statunitense, che, garantiva, a nome delle Nazioni Unite, la “sopravvivenza” di Ashraf, espone, alla stregua di quel che avvenne a Saigon, la popolazione di Ashraf, “simbolo” di libertà e giustizia sociale, alla violenza dei sopraffattori iracheni ed iraniani coalizzati.
Paventando tutto questo, avevamo, appunto, rivolto un appello accorato all’ONU, alla Comunità Europea, agli Stati Uniti e ad ogni altro soggetto internazionale “deputato”, direttamente od indirettamente, a farsi garante di giustizia e libertà tra i popoli.
Ebbene, a questo punto, non potendo che dichiararci sgomenti per tanta insensibilità verso cittadini, uomini, donne, vecchi e bambini, abbandonati al loro ineluttabile destino (sembra che una colonna militare irachena, in pieno assetto di guerra e dotata anche di bulldozer, abbia già effettuato un primo assalto, provocando almeno 7 morti, più centinaia di feriti, più ancora decine e decine di arrestati, tradotti non si sa dove) non ci resta che esprimere il nostro pieno e convinto cordoglio ai “resistenti” iraniani che, nei giorni scorsi, a Parigi, presente la loro leader in esilio, Maryam Rajavi, hanno celebrato, in centomila, non solo il rafforzamento generale del loro movimento, in Iran e nel resto del mondo, ma anche l’esplodere, finalmente, dopo i brogli elettorali, della protesta, ancorché brutalmente repressa, di un moto di opposizione, come non avevamo più visto dalla “cacciata” dello Shia, Reza Palevi.
Comunque, forti del fatto che all’onorevole Franco Frattini ci lega il conferimento del nostro prestigiosissimo “Premio Paolo Ungari”, attribuitogli per il buon “lavoro” fatto per la salvaguardia dei diritti dei profughi politici, quando fu Commissario della Comunità Europea, chiediamo al Ministro degli Esteri di una nazione, che, tra l’altro, per la causa irachena, ha versato il sangue di molteplici cittadini e soldati, di farsi personalmente carico, prima che accada l’irreparabile, della salvezza di Ashraf.
E questo, perché crediamo che l’Italia, proprio per quanto appena accennato, possa ben vantare “poteri d’interdizione” in merito ai “disegni” tragicamente appalesatisi sulla testa della cittadina di frontiera.
Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli
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