In memoria ad Antonio Gelsomino
Friday, November 15, 2024

Gli autori di ogni delitto

Gli autori di ogni delitto

 

Anno 2009_15 Febbraio

Il 15 Febbraio, la LIDU stila e diffonde un articolato comunicato-stampa in merito alle ultime vicende relative al terrorista Cesare Battisti, che, una volta “dirottato”, per così dire, dalla Francia in Brasile (l’asilo “politico” in territorio transalpino era diventato ormai troppo imbarazzante perché le autorità francesi non ci dessero un “taglio”), affidandolo alle amorevoli “cure” del proto-rivoluzionario presidente Lula, che, non ci ha pensato due volte, a sottrarlo, di fatto, alla giusta pena del carcere a vita che lo attendeva in Italia.

Ebbene, nel comunicato, la LIDU, alla luce della situazione paradossale, se non addirittura “grandguignolesca”, in cui il “Caso Battisti” sembra essere “precipitato”, tenendo ben fermi i principi cardine della sua ragion d’essere, ovvero quelli di difendere, sempre e comunque, le vittime di ingiustizia, ma, al contempo, di “condannare”, senza riserve, gli autori d’ogni delitto, specie se efferato, per tradurre nelle patrie galere questo mai abbastanza vituperato terrorista, si permette di suggerire alle autorità italiane di assumere un comportamento sostanzialmente eterodosso, rispetto alla prassi consolidata.

 

Suggerisce, cioè, di adottare il “Metodo Wiesenthal”, vale a dire quello dell’ebreo, che, reduce dai lager, a suo tempo, per le tante catture effettuate, fu universalmente denominato il “cacciatore di nazisti”.

Ovvero quello di colui che, tra gli altri, ebbe il grande merito di riuscire a catturare e portare, dal Sudamerica in Israele, ove fu, poi, regolarmente processato e giustiziato, quella “belva” di Adolf Eichmann.

Delicata e, per certi versi, assai istruttiva sullo stato di sostanziale impotenza, appare la condizione del nostro sistema giuridico e della nostra diplomazia, allorché si trova a dover chiedere, anche a Paesi amici, partners economici in molte imprese, protagonisti di fruttuosi scambi commerciali, ovvero comprimari nei più ampi ed importanti consessi internazionali, sia continentali che mondiali, l’estradizione di autentici criminali, autori di efferati delitti, ispirati da deliranti ideologie politico-rivoluzionarie.

Buon ultimo, nella fattispecie, è il caso eclatante di Cesare Battisti che, condannato in contumacia, con sentenza passata in giudicato (si è, a suo tempo, sottratto ai rigori della legge, fuggendo all’estero), per ben quattro omicidi, viene, speciosamente e provvidenzialmente, trattenuto nelle carceri del Brasile, ove, così come ha dichiarato lui stesso, è stato fatto fuggire dai Francesi che, a lungo (anch’essi assai speciosamente), l’avevano trattenuto, in veste di perseguitato politico, negando all’Italia la legittima estradizione.

A questo punto, non ci interessa e non lo vogliamo sapere quali intrecci ed accordi, magari anche di natura economica, sono intercorsi tra il governo carioca e gli epigoni di chi, assieme alla “Marsigliese”, coniò il motto “Liberté, Egalité, Fraternité” che, dalla fine del 1700, fino ai giorni nostri, ha costituito l’aspirazione di ogni popolo, etnia, classe sociale discriminata ed oppressa, che tenda ad emanciparsi da soprusi ed abusi compiuti dai governi sull’uomo.

Peccato, però, che questi epigoni della insorgente Democrazia in Europa (gli Americani l’avevano già conquistata, insieme all’indipendenza, già da qualche anno), ad onta di ogni conclamata primazialità e superiorità in materia, abbiano, nella fattispecie, dimenticato il quarto pilastro su cui poggia questa forma di governo che, seppure imperfetta, così come ebbe ad affermare Churchill, resta la migliore, ovvero abbiano stolidamente obliterato, dando fondo al loro sciovinismo di maniera, per cui si sentono, sempre e comunque, migliori degli altri, la Justice.

Alla luce della definitiva sentenza pronunciata dalla Corte Suprema brasiliana che, auspice il demagogo Presidente di sinistra Lula, ha stabilito che Battisti non sarà, per il momento, estradato, siccome non è più tempo di recriminare, riteniamo si debbano seguire altre, per così dire, altre vie ed altre “procedure”. Procedure che vediamo, subito, di spiegare.

A nostro parere, allo stato delle cose, senza nulla tralasciare in termini di ricorsi e pressioni, anche in sede comunitaria o di Nazioni Unite, per far capire al Brasile che, pur importante e potenzialmente ricco qual è, non ha alcuna convenienza a contrapporsi “sfacciatamente” ad una nazione come l’Italia che, prescindendo dall’attuale crisi internazionale, detiene, comunque, una delle economie più forti del mondo, è tempo d’affidarsi, più che alle parole, ad atti concreti quanto irrituali.

E per concreti ed irrituali non intendiamo certo, perché sarebbe cosa assai ridicola, rimandare a casa loro tutti quei bravi campioni di calcio che, da anni, con ritmi sempre più crescenti, e, letteralmente, strapagandoli, stiamo importando, insieme a legname pregiato, minerali e caffè dal Paese del “Fiume di Gennaio” con le insuperate fantasmagorie del suo carnevale, degli immensi chapadas, degli imbriferi bacini amazzonici e delle lussureggianti foreste tropicali. Intendiamo, invece, che il nostro Paese, al cospetto di chi non intende rispettare i canoni del diritto internazionale e le buone consuetudini tra nazioni amiche, come fin’ora è stato, debba rispondere con i fatti, scendendo al pari livello d’un “interlocutore”, che, in qualsivoglia modo la si metta, mostra chiaramente di non “volerla intendere”.

Ossia, deve percorrere strade “traverse” per arrivare a “conquistare” la meta, e “riportare”, in Italia, a scontare la pena a cui è stato, non sommariamente, condannato, Cesare Battisti.

Battisti, la cui sedicente ed invocata sostanziale innocenza per i reati ascrittigli è stata, tra l’altro, ampiamente smentita, anche nei giorni scorsi, dai complici e da chi aveva ideologicamente subornato.

Tutte persone che, per quanto le riguarda, hanno giĂ  pagato, con il carcere, le loro colpe.

Ci spieghiamo meglio, attingendo a fatti che, dopo l’olocausto e la fuga in vari Paesi del Sudamerica, Brasile compreso, di molti criminali nazisti, colpevoli di gravi nefandezze, ci dettero la speranza che nessuna nazione, ovunque i rei si fossero rifugiati, avrebbe mai più potuto garantire ad alcuno spazi o rifugi d’impunità, se solo, con determinazione ed impegno, si fosse voluto veramente scovarlo, catturarlo e portarlo al cospetto del suo giudice naturale per essere sottoposto a giusto processo con tutte le garanzie del caso.

Pensiamo all’“esempio” che, per anni ed anni, senza mai demordere, rispetto al disegno che, reduce dai campi di concentramento nazisti si era dato, offrì al mondo Simon Wiesenthal, morto a Vienna, nel Settembre del 2005.

Simon Wiesenthal, cui, rispetto alla numerosa lista dei criminali da catturare, sfuggirono solo il famigerato medico di Auschwitz, Mengele, il delfino di Hitler, Borman, ed il braccio destro di Eichmann, Alois Brunner, probabilmente protetto, in Siria, dal regime di Hafiz al-Asad.

Simon Wiesenthal, che non ebbe timore di dichiarare, in base alle sue ricerche, che diversi ministri del governo socialista di Bruno Kreisky, d’origine ebraica, erano stati membri del Partito nazista, quando, l’Austria, caduto l’appoggio di Mussolini, con l’Anschluss del 10 Aprile 1938, venne annessa, da Hitler, al Terzo Reich.

Simon Wiesenthal, che, nel 2003, annunciando il suo ritiro, dopo aver dichiarato d’aver catturato gli sterminatori che stava cercando, aggiunse “Sono sopravvissuto a tutti loro. Se ne è rimasto qualcuno, sarebbe troppo anziano e debole per sostenere un processo oggi. Il mio lavoro è finito”.

Simon Wiesenthal, che, nel 2004, la Gran Bretagna premiò con la carica di Cavaliere per aver speso “La vita al servizio dell’Umanità”.

Ebbene, per quanto ci riguarda, riteniamo utile che i nostri “Servizi” predispongano un piano (da attuare non appena il “regime” di Lula, avrà consentito al nostro terrorista d’uscire dal carcere in cui adesso è rinchiuso, in attesa di processo per essere entrato clandestinamente in Brasile con documenti falsi), che impedisca a Cesare Battisti di “spassarsela” da impunito, com’è avvenuto in Francia, in lungo e largo, per il quinto stato più grande del mondo.

Se la cattura di criminali è riuscita ad una persona quale Simon Wiesenthal, che poté avvalersi soltanto di qualche decina di collaboratori, a volte addirittura scontrandosi, pur di ottenere il risultato, con l’intelligence israeliana, crediamo che i “Servizi” italiani possano ben “stare alle calcagna” del nostro criminale una volta che sia uscito dal carcere, per catturarlo, “impacchettarlo” ed, in modi acconci, portarlo in Italia a scontare la condanna all’Ergastolo che gli spetta.

Se il Governo, restituendo al Brasile “pan per focaccia”, darà, surrettiziamente, ai Servizi l’ordine di riportare a casa, per così dire, con un eufemismo al limite della decenza, “il figliol prodigo”, riteniamo che, questi ultimi siano ben in grado di compiere la missione.

Servizi che, per fini assolutamente meno nobili, anzi assolutamente criticabili, hanno dimostrato di “saperci fare” in almeno tre occasioni: quando salvarono letteralmente la pelle a Gheddafi, evitandogli, nei pressi di Ustica, il mortale “appuntamento” con alcuni caccia d’intuibile nazionalità, probabilmente decollati dalla Corsica (al riguardo, tra l’indifferenza generale, abbiamo scritto che, purtroppo, in quell’occasione, se andò veramente come, di recente, rivelato dalle autorità Libiche e confermato dal Senatore a vita Andreotti, nessuno si peritò di dirottare l’aereo italiano, che portava a bordo oltre 80 persone e che, partito da Bologna in grave ritardo, si trovò, per questo, come si usa dire, “nel posto sbagliato al momento sbagliato”); quando, dietro ordine personale dell’allora Presidente del Consiglio Craxi, depistando la Magistratura, che lo “inseguiva” con un mandato di cattura, fecero scappare in Jugoslavia il terrorista palestinese, Abu Abbas, sequestratore della nave da crociera italiana, “Achille Lauro”, nonché brutale assassino del cittadino americano di fede israelita Leon Klinghoffer, costretto in sedia a rotelle, in quanto paraplegico; quando, in tempi più recenti, aiutarono la CIA, a “rapire” l’imam egiziano, con passaporto italiano, Hassan Mustafa Osama Nasr, noto come Abu Omar, che, trasferito, poi, in Egitto, con un volo partito dalla base militare Nato di Aviano, sembra abbia colà subito, insieme al carcere, torture e sevizie.

 

Tratto dal documento della Lega Italiana

dei Diritti dell’Uomo Onlus:

Testimonianza “Report 2008-2009”

Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,

lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio

curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli

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