Anno 2009
“Rinfocola” il caso Englaro.
Contrapposizioni profonde ed insanabili si determinano tra forze politiche, associazioni culturali, confessionali ed aconfessionali, centri di pensiero laico e Chiesa.
La figura della “povera” giovane, in condizioni di coma irreversibile da anni ed anni, diventa oggetto di basse strumentalizzazioni tra chi si arroga il diritto di definirsi defensor vitae, per cui vorrebbe che, a prescindere dalla dignità della persona e dalla volontà della famiglia, fino all’ultimo istante, venisse perpetrato un vero e proprio “accanimento terapeutico” attraverso l’uso di sonde, macchine e medicinali, al fine di preservarla, comunque, in uno stato d’esistenza artificiale e chi, invece, trattandosi di soggetto cerebralmente morto, che viene, appunto, mantenuto, senza possibilità di “ripresa” o recupero fisico-cognitivo, in condizione di vita apparente attraverso l’uso di terapie, di fatto coattive, chiede che sia lasciata morire.
La LIDU, facendo esclusivo riferimento al Diritti Universali dell’Uomo che, recepiti anche dalla Costituzione italiana, consentono ad ogni cittadino di “disporre” della propria persona e, quindi, di rifiutare ogni tipo di cura che gli venga imposta da chicchessia, rifacendosi all’espressa volontà della giovane, manifestata, a suo tempo, ai genitori, al cospetto di un amico ridotto in condizione di coma irreversibile dagli esiti di un incidente stradale, ritiene che quella volontà, formulata, tra l’altro, in situazione di “pienezza” di facoltà fisico-intellettuali, debba essere assolutamente rispettata.
Ragion per cui, in base anche alla battaglia che, assieme ad eminenti giuristi, da tempo, va conducendo acciocché nell’ordinamento del Paese vengano introdotti la norma e le procedure per l’attuazione del “Testamento Biologico”, con l’ausilio di uno specifico documento inviato, a metà Gennaio, alla stampa ed alle autorità di Governo, che, nel frattempo, attraverso l’improvvida presa di posizione del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, onorevole Sacconi, ha emesso una “disposizione” che fa obbligo al personale sanitario di nutrire ed ”idratare” Eluana ad ogni costo, chiede che alla giovane, martoriata da anni ed anni di cure inutili, che hanno ottenuto solo il risultato di ridurla progressivamente ad uno “stato vegetativo”, non solo irreversibile, ma anche fisicamente assai mortificante, venga, per così dire, “staccata la spina” perché il suo corpo possa finalmente riposare in pace.
La triste “problematica” relativa alla sorte della giovane Eluana Englaro, a prescindere dalle “pronunzie” della Magistratura, comunque da rispettare, a nostro parere, va vista secondo una consequenzialità di fatti che, poggiano, in parte, sui Diritti Fondamentali dell’Uomo e sulla Costituzione italiana ed, in parte, così come ha, di recente, rilevato Stefano Rodotà, su una specie di direttiva, ovvero di un atto d’indirizzo comportamentale, emanato dalla Comunità Europea.
In base a quanto sopra, la prima considerazione da fare è che, così com’è diritto di ogni uomo “autodeterminare”, senza nuocere agli altri, ogni atto afferente la propria persona, la Costituzione italiana, prevede, in modo specifico e senza equivoci, che nessun cittadino del nostro Paese, possa essere obbligato a curarsi.
Ragion per cui, chiunque può rifiutare di sottoporsi ad ogni e qualsivoglia cura, così come può lasciarsi morire di fame, ovvero suicidarsi. Questo è un diritto inalienabile sul quale non possono essere consentiti equivoci, compromessi o pattuizioni, ovvero atti d’imperio in deroga.
Secondo Rodotà, inoltre, questo diritto, parimenti acclarato dalla Comunità Europea, vale pure nella circostanza in cui la persona, incapace di comunicare la propria volontà per il sopraggiungere di uno stato comatoso, irreversibile, di tipo “vegetativo”, abbia, comunque, espresso in precedenza, per iscritto od attraverso manifesta comunicazione verbale, le proprie volontà.
Questo, beninteso, se la persona, al momento di “esprimersi” è in grado di intendere e di volere.
Si ravvisa, in questo, un’anticipazione più che esplicita dell’auspicato “Testamento Biologico”, fortemente prefigurato e sostenuto da personalità, sia del mondo giuridico, qual è l’emerito avvocato Maurizio De Tilla, sia di quello della Magistratura, giornalisticamente impegnata, qual è il dottor Lucio Militerni, sia di quello sanitario, qual è il famoso oncologo Umberto Veronesi.
Entrando nello specifico della “questione” si dà il caso che, secondo quanto riferito dai genitori della Englaro, la povera ragazza, dopo una visita al capezzale di un amico, ridotto in stato comatoso-vegetativo da un incidente stradale, abbia, in modo chiaro, preciso, circostanziato ed inequivocabile, comunicato loro che, in caso di situazione analoga, avrebbe desiderato essere lasciata morire in pace, senza che su di lei si operassero accanimenti terapeutici di sorta o tentativi di sostegno nutrizionale.
Lasciando, quindi, dopo quasi diciotto anni di speranze mortificate, ai poveri genitori, il grave compito d’ ottemperare o meno (decisione difficilissima da prendere; decisione di cui bisogna avere il massimo rispetto, qualunque essa sia), alle volontà espresse, a suo tempo, dalla figlia, l’unica obiezione di fondo che, in termini etico-morali, nonché giuridici, potrebbe essere fatta (ed il Papa ha tentato di farla), è quella che, non ci sono, dal punto di vista documentale o testimoniale di terzi, certezze che Eluana Englaro abbia veramente detto ai genitori ciò che questi riferiscono.
Da parte nostra, siamo propensi a credere che nessun genitore (tanto più che, nella fattispecie, i genitori sono le prime vittime di un evento che, da oltre tre lustri, tanto li avvilisce e li degrada psicologicamente e fisicamente), possa anche solo pensare di mentire in proposito. E, comunque, nessuno è certamente in grado di provare il contrario, in quanto l’eventuale malafede è tipica materia da “foro interno” della persona, inaccessibile agli altri.
D’altro canto, per contrastare la decisione di porre termine a questa specie di vita-non vita che, da tanto tempo, affligge la povera Eluana, meno di ogni altro, può insinuare dubbi la Chiesa.
La Chiesa che, con disinvoltura, da secoli, attraverso la Sacra Rota, non ha pudori ad annullare matrimoni (che, val bene ricordarlo, costituiscono un Sacramento), in base a semplici dichiarazioni di parte, assertive di eventuali condizionamenti subiti nel manifestare reale volontà a stipulare un vincolo indissolubile usque ad mortem, oppure di averlo contratto a condizione di non procreare, ovvero dietro la prefigurazione di specifiche convenienze o vantaggi, se non addirittura al cospetto di minacce espressamente pronunziate od anche solo ventilate.
Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli
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