Traumi che caratterizzano la società moderna
Anno 2008_13 Ottobre
Il 13 Ottobre, la LIDU, prendendo spunto da alcune affermazioni del Papa sul fatto che il denaro è, per così dire, da considerare, senza riserve, così come asseriva Sant’Agostino della donna, res damnationis, e da altre sue pregresse esternazioni in merito a problematiche di carattere “secolare”, si addentra in un’analisi del “personaggio”, oggettivamente, nel bene e nel male, pieno di contraddizioni, soprattutto al cospetto della “solare” figura di Giovanni XXIII, presule dalle origini contadine e dal cuore gonfio di umanità solidale.
Nelle valutazioni che conseguono, la LIDU, mentre attribuisce all’uso “disordinato”, ingiusto e scorretto della ricchezza molti dei traumi che caratterizzano la società moderna, e non già al “bene denaro” in se stesso, altrimenti in grado, se ben usato, di soccorrere ed aiutare le popolazioni più diseredate del mondo, accenna, attraverso affermazioni volutamente retoriche, a cosa mai sarebbe della “missione” e dell’impegno sociale della Chiesa, in Italia e nel mondo, se solo lo Stato italiano annullasse tutti i privilegi e le guarentigie di cui gode il Vaticano; ivi compreso, in questo senso, il “vantaggio” d’avere sia gli insegnanti di religione (obbligatori) nella scuola, nominati dai vescovi e pagati dallo Stato, sia il finanziamento pubblico alle scuole private confessionali.
E questo, soprattutto alla luce del piano di riforma scolastico del Ministro Gelmini che, facendo, come si usa dire, di necessità virtù, prospetta un taglio drastico di risorse alle scuole d’ogni ordine e grado della Repubblica italiana, ivi comprese quelle relative alla ricerca, di cui il Paese avrebbe, invece, il massimo bisogno.
Confessiamo che questo Papa, apparentemente così schivo ed “inerme”, con il suo sorriso un po’ impacciato ed un’aria modesta come di chi si trova, improvvisamente, calato in una realtà che non è la sua e che lo sovrasta, ancorché dotato di indubbie capacità intellettuali, a volte ci fa tenerezza.
Ci fa tenerezza perché, appunto, ci sembra, per così dire, un po’ “sperso”.
In verità, l’avremmo visto meglio negli ambulacri raccolti e riservati di un convento, a recitar salmi o passeggiare sotto le volte di un chiostro, ovvero a studiare, prendere appunti, chiosare documenti od incunaboli nel “ristretto” di una cella o nel vasto silenzio di una dotta biblioteca.
Purtroppo, questo né a lui, né a noi, è più consentito: primo perché lui è stato inaspettatamente “strappato” ai suoi studi di teologia e di filosofia della Chiesa, da un Conclave; secondo perché, a noi, tocca ormai ascoltarlo e sentirgli ripetere cose che pensavamo il Concilio Vaticano secondo avesse definitivamente superato per affrontare, dopo gli storici “Non possumus!” e “Non prevalebunt!”, più due concordati “sostanziali” di stretta valenza politica e politico-religiosa (quello fascista e quello postconciliare), i problemi della vita d’ogni giorno, della gente nuova e modesta che, ogni mese, combatte con l’insufficienza del salario, di coloro che, insomma, ricchi solo di figli, sono il proletariato del nostro Paese e del mondo.
Che differenza, tra Papa Giovanni XXIII e questo Benedetto Papa Ratzinger!
L’uno, pieno di bonomia contadina, ricco di afflati umani e solidaristici (ne ricordiamo un’immagine soprattutto: quella della visita ai carcerati di Regina Coeli), l’altro, freddo, distaccato, tutto compenetrato, negli “atti” dell’alto magistero ecclesiale, con la “sicumera” dogmatica degli studi e delle verità rivelate.
No!, Non è possibile tra i due un confronto.
E se pure è possibile, l’uno è agli antipodi dell’altro.
L’uno, pacioso, confidenziale, misericordioso, l’altro, razionale, severo, inflessibile dietro un sembiante apparentemente caritatevole.
Di più, quest’ultimo, anche fisicamente, al cospetto del primo, è (ci si perdoni la gratuita licenza, che non vuole essere affatto offensiva; anzi!) la conferma sostanzialmente lombrosiana dei “brevilinei”, ovvero, nel bene o nel male (ci si perdoni anche il termine alquanto ardito), “cazzuti” e fortemente determinati nelle loro convinzioni (di esempi in merito ne esistono a iosa), quasi si trattasse di una “procurata” rivalsa mentale rispetto ad una condizione fisica piuttosto ingenerosa.
Diciamo questo perché questo Papa, con troppa disinvoltura, almeno a nostro parere, invece di salmodiare ed esercitare il proprio ministero, lasciando al secolo le cose del secolo ed a Cesare le cose di Cesare, in breve tempo, ha preso l’abitudine di parlare di tutto, della politica ordinaria dello Stato italiano, di ciò che si deve fare o non si deve fare “sotto le lenzuola”, dello stato o meno della condizione di “finis vitae” e dei problemi dell’accoglienza, giungendo anche a pronunciarsi, lui che è a capo di uno Stato che, negli ultimi 50 anni, non ha fatto altro che combinare “sfraceli” in materia di finanza, accumulando e sperperando “fortune” sesquipedali, affidate anche a mani sostanzialmente mafiose (vedi Sindona, Marcinkus, Ortolani e Calvi), in merito all’insano valore del denaro, nonché all’insana caducità dell’economia di mercato (perfettamente in linea, guarda caso, con le più sbracate e resuscitate teorie vetero-marxiste).
Di più, mentre, qualche volta, come direbbe Di Pietro, ci “azzecca”, magari gabellando per valori cristiani, valori che sono, invece, d’origine prettamente laica e che costituiscono il patrimonio della nostra come di altre civiltà che non siano obnubilate da dogmi o da verità assolute e “rivelate”, altre volte, invece, spaziando in campi che gli sono strutturalmente ostici, non solo “improvvisa”, ma addirittura non si sofferma ad analizzare, anche solo in termini di pura ipotesi, poiché viviamo questa vita in questo mondo, quali potrebbero essere le conseguenze di ciò che afferma.
Non solo, poiché, nella fattispecie, trattasi di esternazioni di un “Monarca” assoluto, circondato da plenipotenziari che non hanno né autonomia, né voglia, né tanto meno coraggio per consigliarlo, le sue elucubrazioni vengono liberamente lasciate alla mercé delle sue improvvide convinzioni.
Almeno due sono gli esempi recenti di ciò che abbiamo appena affermato.
Il primo, con qualche doverosa precisazione, riguarda l’encomiabile “pronuncia” sui temi del razzismo, dell’accoglienza e dell’integrazione dei reietti di tutto il mondo.
Ebbene, del fatto che siamo tutti fratelli, che non esiste differenza di razza e che, per tanto, dobbiamo vedere noi stessi negli altri, siamo più che convinti e consapevoli, come pure siamo d’accordo che negli altri, anziché vedere il rischio di perdere “porzioni” di parvente benessere, dobbiamo saper cogliere l’opportunità per arricchirci reciprocamente ed in senso generale, materiale, spirituale e culturale.
Pur tuttavia, non possiamo, come fa troppo disinvoltamente il Papa, attribuire la scoperta dei valori dell’uguaglianza, della reciprocità, dell’accoglienza, al senso di giustizia ed ai lumi della Chiesa di Roma e della cristianità.
Non possiamo farlo, in primis, perché non esiste prova scientifica che gli uomini siano diversi tra loro per ragioni di colore di pelle, di pensiero e di sesso (ivi compresi gli omosessuali), ed, in secundis, perché, in proposito, rivendichiamo un laico diritto di primazialità se non addirittura di esclusiva, in quanto, ben altri lumi, nel ‘700, riportarono alla luce, per l’incolto e per l’inclita, il lascito inequivocabile, parimenti sacro per noi, della filosofia socratica e postsocratica.
Il secondo, in concomitanza con la grave crisi finanziaria internazionale che il mondo intero sta attraversando, è relativo alla “concione” che il Papa ha voluto tenere in tema di denaro, denunciando l’illusorietà di un idolo cui usano prosternarsi le masse della moderna società globale.
A questo punto, ci piacerebbe che lo Stato italiano, in considerazione delle particolari ristrettezze nelle quali, e non solo da ora, si ritrova, provvedesse ad adombrare al Vaticano: la possibilità di tagliargli contributi e sovvenzioni; l’applicazione, ai suoi molteplici luoghi di commercio, accoglienza religiosa e turistica, delle leggi fiscali, cui sottostanno regolarmente tutti i cittadini-imprenditori della penisola; la revoca di ogni “soccorso” agli istituti di studio confessionale di qualsivoglia gerarchia e specie; l’annullamento della convenzione per la quale, mentre gli insegnanti di religione sono designati dai Vescovi, è lo Stato italiano che li paga (questo, tra l’altro, al cospetto di una scuola chiamata dal governo a compiere le più drastiche economie, potrebbe essere un segnale positivo per chi si prepara a protestare e scioperare).
Ad ogni buon conto, anche a voler trascurare le cose di “casa nostra”, comunque importanti e significative, le parole del Papa, specie se viste nella loro intrinseca consequenzialità, appaiono come la prova provata di una visione particolarmente “regressiva” di una comunità civile, in quanto è addirittura dai tempi del superamento del modello di transazione costituito dal baratto che l’umanità è potuta crescere e “moltiplicare” affidandosi esclusivamente al danaro.
In realtà, il “vile” danaro, come strumento di scambio e come valore di accumulo per realizzare beni ed opere, anche di carattere umanitario, non solo è utile ma, addirittura, necessario.
Naturalmente, non deve essere considerato e visto come un Moloch, cui tutto sacrificare e subordinare, bensì come opportunità funzionale alla crescita ed al mantenimento di un’umanità in costante espansione; umanità, per il contenimento della quale, tra l’altro, la Chiesa, con il rifiuto pregiudiziale del preservativo, non sa che additare l’astinenza.
Cosa per cui, quindi, è alla degenerazione di un sistema che fa del danaro opportunità esclusiva e disinvolta di arricchimento e di speculazione, immancabilmente a danno dei meno abbienti, che bisogna guardare con attenzione e gridare con forza al pericolo.
Attribuire, invece, allo “strumento danaro” responsabilità che sono solo frutto della degenerazione di un sistema di valori facenti capo a precise potestà politiche, è sbagliato, fuorviante e, per certi versi, colpevolmente regressivo.
Tratto dal documento della Lega Italiana
dei Diritti dell’Uomo Onlus:
Testimonianza
“Report 2008-2009”
Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,
lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio
curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli