I POTERI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
LIMITI DEI POTERI POLITICI
L’appartenenza delle funzioni del Presidente della Repubblica al potere esecutivo non significa che al Presidente competa di svolgere un’attività di indirizzo politico governativo.
Tale attività, invero, spetta al Governo ed è ripartita tra gli organi che concorrono la compagine governativa: il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale mantiene l’unità d’indirizzo politico e dirige la politica generale del Governo; il Consiglio dei Ministri, il quale delibera sulla politica generale del Governo, ed i singoli Ministri, i quali pongono in essere l’attività politica inerente ai rispettivi dicasteri.
L’attribuzione delle funzioni di Governo all’apparato governativo e non al Presidente della Repubblica appare coerente con la forma di governo rigorosamente parlamentare recepita dalla Costituzione, che vede il Parlamento al centro del sistema politico, il Governo responsabile politicamente dinanzi al Parlamento, dal quale deve ottenere la fiducia per attuare il suo programma politico, ed il Presidente della Repubblica in una posizione di garante del funzionamento dello stesso sistema.
Ciò spiega perché si è voluto escludere la sua responsabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni e sia richiesta la controfirma ministeriale in modo che tali atti potessero avere validità.
Anche se l’obbligo della controfirma ministeriale riduce notevolmente l’ampiezza della discrezionalità del P. d. R., non può certamente negarsi che egli sia abilitato a svolgere una propria attività politica, quando esercita le funzioni per le quali ha un più o meno ampio margine di discrezionalità*.
E ciò soprattutto per funzioni rilevanti per la vita delle Istituzioni Costituzionali, come quelle relative alla risoluzione della crisi di governo o allo scioglimento del Parlamento.
Tale attività non può essere ricondotta a quello che è stato definito «indirizzo politico costituzionale» sia perché tale concetto sul piano delle scelte politiche costituzionali non differisce in realtà dall’indirizzo politico di governo o da quello parlamentare diretto ad attuare la Costituzione, sia soprattutto perché lo stesso «indirizzo politico costituzionale» è un concetto non ben definito.
Il riconoscimento di un autonomo potere politico al Presidente della Repubblica (diverso e distinto da quello d’indirizzo politico governativo) impone ovviamente di stabilire i limiti di tale potere.
Essi possono essere individuati dallo stesso sistema parlamentare nel quale il Presidente opera, in coerenza con le finalità che egli è chiamato a realizzare.
Sembra quindi evidente che il Presidente nello svolgimento delle sue attività politiche deve indirizzare i suoi comportamenti in modo da non turbare l’equilibrio che si è concretato nella formula di governo approvata dal Parlamento.
I limiti dell’attività del Presidente della Repubblica si evidenziano inoltre quando il suo intervento concerne atti che sono tipica espressione di un potere politico appartenente ad altro organo, come avviene ad esempio con la legge, oppure la vita di altri organi costituzionali come avviene per esempio con il Parlamento.
Nel caso del rinvio della legge alle Camere, infatti, l’intervento del Presidente si risolve in un controllo sull’operato del Parlamento, senza per altro alcuna possibilità di modificare una legge.
Controllo che si esaurisce nel rinvio e non può evitare che le scelte se confermate, producono i loro effetti.
*Enciclopedia Giuridica Treccani vol, XXIV, 1991
Non sembra invero che il Presidente possa evitare la promulgazione (a meno ovviamente che non si dimetta per non promulgare egli la legge, che comunque sarebbe promulgata dal supplente), nemmeno in quei casi che una parte della dottrina individua nell’attentato alla Costituzione e nell’alto tradimento.
Salvatore Dott. Carlone