DICHIARAZIONI INCIDENTI SUL “ POTERE ESTERO“
Parzialmente diverso e peculiare si dimostra il discorso concernente le dichiarazioni rilasciabili dal Capo dello Stato in tema di politica estera.Anche in questo campo sono state da tempo superate le concezioni troppo riduttive del ruolo presidenziale, come quella meramente protocollare, sostenuta dall’opposizione di sinistra, in antitesi al Presidente Saragat. Effettivamente, non è dubitabile che il Capo dello Stato costituisca tuttora un organo essenziale delle relazioni internazionali; tanto che i suoi rapporti con l’amministrazione degli affari esteri, che anche nel periodo repubblicano ha continuato a tenerlo costantemente informato, sembrano essere più intensi e frequenti di quelli relativi a qualsiasi altro Ministro (fatta forse eccezione per la grazia e la giustizia).
E ciò riflette sulla materia delle «esternazioni», che sono rese addirittura inevitabili a suoi incontri con altri Capi di Stato (sia sul territorio nazionale che nel corso dei ricorrenti viaggi all’estero), nonché dai discorsi, dagli indirizzi di saluto, dai colloqui e dai messaggi del più vario genere, che egli pronuncia, emette od intrattiene in veste ufficiale: senza che i Ministri eventualmente presenti lo possano ridurre ad un puro illustratore della politica governativa.
Nella prassi numerosissimi episodi valgono ormai da molti anni a comprovare l’importanza che gli interventi presidenziali si prestano ad assumere.
Se ne ritrovano ampie tracce già nel corso della Presidenza Gronchi, sebbene certi attriti fra il Quirinale e Palazzo Chigi non siano emersi in tal caso se non in via successiva ed informale.
Lo stesso Gronchi, nella qualità di senatore a vita, ebbe, infatti, a ricordare – in occasione del discorso tenuto al Senato il 21 aprile 1967 – le diversità di vedute che lo avevano opposto all’esecutivo durante la crisi internazionale dovuta ai fatti di Suez e dell’Ungheria.
Né da conferma la Presidenza Saragat più volte accusata di troppo aperto atlantismo.
E’ questo, in particolar modo, il caso del discorso che il Capo dello Stato tenne a Benevento il 15 giugno 1967, nonché del telegramma del 13 settembre 1968, inviato per stigmatizzare l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia*.
Dopo di che è pur sempre nel corso della Presidenza Pertini che si rinviene la casistica più ricca e più interessante: rappresentata da una vasta serie di messaggi, non solo e non tanto di adesione e plauso, quanto di appello, di denuncia e persino di censura, come quelli che il Capo dello Stato ha direttamente o mediamente rivolto ai più vari Governi di altri Paesi.
Né simili interventi hanno mai suscitato decise reazioni da parte dell’esecutivo italiano, ove si eccettui il noto ma vetusto caso del messaggio Gronchi che intendeva trasmettere al Presidente degli Stati Uniti (aprile 1957) e che il Ministero degli Affari Esteri decise di non inoltrare.
In circostanze del genere la dottrina costituzionalistica appare concorde nel rilevare che il Presidente della Repubblica incontra specifiche limitazioni.
Fermo rimane che la direzione della politica estera non spetta al Presidente, cui compete solo un «intervento consultivo», bensì al raccordo Governo-Parlamento; e da questo dato risultano condizionati non soltanto gli “atti” ma anche le “attività” presidenziali, «esternazioni» comprese.
Tali dichiarazioni «debbono essere accuratamente e responsabilmente concordate con il Governo»** anziché venire espresse all’insaputa dell’esecutivo; e vanno comunque armonizzate con gli indirizzi del Governo e della maggioranza parlamentare.
In altre parole vale l’avviso – manifestato in difesa di Saragat dal Presidente del Consiglio Moro – per cui appartiene al Capo dello Stato la facoltà di porre in evidenza «le linee fondamentali della politica estera del Paese»; ed è indispensabile che egli non si discosti dalle linee stesse, con particolare riguardo alle ipotesi in cui esse siano già saldamente fissate, anziché controverse anche nell’ambito della coalizione di governo.
Diversamente il Capo dello Stato non riuscirebbe a mantenere una posizione politicamente neutra: poiché i suoi messaggi esporrebbero l’intero Paese nei suoi rapporti con gli Stati esteri volta per volta interessati, rischiando di costringere il Governo alla grave alternativa di appoggiare il Presidente, a prezzo degli impegni precedentemente assunti, oppure di smentirlo apertamente, con il pericolo di generare all’interno pesanti situazioni conflittuali.
Salvatore Dott. Carlone
* Enciclopedia del Diritto Giuffrè vol. XXXV 1986
** Negri, La direzione e il controllo democratico della politica estera in Italia, Milano, 1967, p. 55
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