LA FAMIGLIA E L'INFLUENZA DELLA SOCIETA INDUSTRIALE
A partire all’incirca dal XVII secolo in Europa le famiglie contadine più piccole cominciarono ad essere espulse dai poderi che avevano avuto in affitto, via via che cominciava a svilupparsi l’agricoltura commerciale su larga scala: questo processo di espulsione fu poi fortemente accelerato dall’industrializzazione, mentre la produzione di beni e servizi si spostava nelle officine, nelle fabbriche e negli uffici.
Le persone (specialmente gli uomini e, all’inizio, i ragazzi) lasciavano la propria abitazione per andare a lavorare: la famiglia non era più un’unità produttiva, avendo il “ luogo di lavoro”, superato la casa, luogo in cui la famiglia era unita anche dal punto di vista lavorativo.
Le trasformazioni, nell’ambito familiare, nella società industrializzata, toccarono inizialmente i ceti più elevati: furono i primi imprenditori agricoli, commerciali e industriali che cominciarono a liberarsi dei vincoli tradizionali e dai legami comunitari tipici dell’epoca precedente.
Il ruolo degli uomini, delle donne e dei bambini fu trasformato da questi cambiamenti.
Fin dai primi tempi dell’industrializzazione, molte donne cominciarono a lavorare fuori di casa, prendendosi cura nello stesso tempo dei bambini. Tra i gruppi più benestanti, però, si diffuse ampiamente la convinzione che “il posto di una donna è la casa”, mentre all’uomo spetta il compito di “guadagnare il pane”: molte donne sposate diventarono “casalinghe”, lavoratrici domestiche non retribuite, il cui ruolo era quello d’occuparsi del marito e dei figli.
Con l’approvazione di leggi che limitavano il lavoro minorile e di altre che imponevano la frequenza scolastica obbligatoria, cambiò col passare di un bel po’ di tempo, anche la situazione dei bambini.
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Antonio Dott. Gelsomino
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