La Serbia despotia (1389-1459)
Le conseguenze di Kosovo furono disastrose. Fu tuttavia ancora possibile scongiurare il completo asservimento alla Turchia, mercé l’abile politica della regina Milica, vedova di Lazzaro, che manovrò in modo da far apparire i Serbi simpatizzanti e naturali alleati dei Turchi contro i cristiani. Si accettò il vassallaggio, si pagarono tributi, si fornirono truppe, si consegnarono le fortezze; la più giovane figlia del re caduto, Oliviera, andò a rinchiudersi nel harem sultaniale di Brussa. A queste condizioni l’intelaiatura dello stato poté mantenersi.
A Lazzaro succedette Stefano Lazarević che si batté valorosamente a lato dei Turchi, una prima volta nel 1394 contro il principe romeno Giovanni Mircea, una seconda nel 1396 a Nicopoli, decidendo col suo intervento della sconfitta dei crociati di Sigismondo di Lussemburgo, una terza nel 1398 contro la Bosnia, una quarta nel 1402 ad Angora contro Tamerlano. Angora, nella quale il sultano Bāyazīd I fu disfatto, segna un arresto nell’espansione turca.
Stefano fu pronto ad approfittarne per ricostituire l’indipendenza della Serbia.
Tornando, dopo la rotta, su galere italiane, e passando per Costantinopoli, si fermò alla corte di Giovanni Paleologo dal quale ebbe il titolo di despota che poi sempre portò e trasmise ai successori. Orientò la sua politica verso l’Ungheria, dichiarandosene vassallo, e ottenne Macsó con Belgrado, dove fissò la sua residenza. Sfruttò abilmente le lotte dinastiche turche gettandosi ora dall’una ora dall’altra parte e ricavando sempre qualche vantaggio, per lo meno morale. Aiutò Sigismondo contro i Bosniaci ed ebbe nel 1412 Srebrnica. Nel 1421, dopo la fine dei Balsa del Montenegro, ebbe la Zeta.
Un tempo in aspra lotta con la famiglia dei Brankovići, discendenti da re Lazzaro per via materna, si rappacificò con essi, designando anzi nel 1426 Giorgio a suo successore.
Sotto Giorgio (1427-1456) incomincia il tracollo definitivo. Belgrado ritorna all’Ungheria quale prezzo del riconoscimento di Giorgio a despota.Riprende l’offensiva turca che fa della Serbia uno stato doppiamente vassallo: dell’Ungheria e della Turchia.Stretto tra queste due potenze, in continua guerra, il paese è ogni momento calpestato da eserciti nemici, le fortezze occupate e rovinate, la popolazione sospettata, la vacillante politica del despota tacciata di infida doppiezza.
Le sorti si rialzano un poco nel 1442, quando le truppe di Giorgio, in unione a quelle di Giovanni Hunyádi, sotto l’egida del papato, muovono vittoriose contro gli infedeli fino a Sofia, ma la sconfitta cristiana di Varna (1444) aggrava sempre più la situazione. Oramai Giorgio è più incline ai Turchi che ai Magiari. Sue truppe collaborano con gl’infedeli alla presa di Costantinopoli. Anche tra la nobiltà ed il popolo si delineano correnti turcofile. E’ perduto ogni senso di nazionalità, razza e religione. Restano solo le miserie e le tribolazioni del popolo e le implacabili lotte fra nobili e governanti, sempre avidi di potere e ossessionati dalla frenesia di sopraffarsi. Giorgio Branković muore nel 1456. Si sognano irrealizzabili progetti di fusione della despotia con la Bosnia. Prevale però la corrente pacifista turcofila che nel 1459 consegna Semendria, l’ultima roccaforte serba, alle forze di Maometto II.
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