In memoria ad Antonio Gelsomino
Friday, November 15, 2024

Gente di citta' - Quaresima in seminario

ombra-deserta

Quaresima in seminario

Ā 

Erano cresciute pallide viole al primo sole di febbraio.La sera, erano giĆ  recise nel gambo dalla brezza gelida che frugava la terra. Le cercavano tra le zolle rassodate dal freddo e sapevano, prima di coglierle, che erano giĆ  morte; languivano nelle tenere mani con la corolla cinerea appena striata di azzurro e di verde e odoravano di erba che non ha saputo succhiare il profumo della terra.Ā La terra era acerba ancora e il grano appena spuntava; il tramonto pieno di rosso o di amaranto era una precaria festa del cielo che declinava rapido e cupo sui tetti della vecchia cittĆ .Le campane dellā€™Ave Maria si ricordavano che la notte giungeva come sempre e il loro suono era respinto dal cielo freddo e vagava per i vicoli dove sā€™accendevano fatui lumi nellā€™ombra deserta.


Il ragazzo aveva giĆ  il ricordo di altre primavere e ora gli accadeva di desiderare un cielo alto, pieno di rondini e un vento odoroso di foglie e di fiori giovani; il desiderio dava alla sua anima alcuni presagi di una malinconia che poi si sarebbe fatta piĆ¹ grave. I suoi compagni, mentre si avviavano verso il seminario, si stringevano muti attorno al prefetto e facevano, con la notte che incupiva, un solo, mobile mucchio di ombra.

Poi si misero in fila e il prete disse:

-Ā Ā Ā  Procedamus in pace, - e una voce atona rispose: - In nomine Jesus Christi.
-Ā Ā Ā  Amen, - disse lui in coro con gli altri; ritrovĆ² il suo passato ritmico e riudƬ lo scalpiccio misurato dei suoi compagni e il suono, vago di un uragano remoto, che facevano le sottane larghissime ventando sulle gambe.
CosƬ lā€™ultimo desiderio del cielo alto e della primavera gli si spense nellā€™anima e ritrovĆ² i suoi soliti pensieri della sera.Il suo compagno biondo gli premĆØ leggermente col gomito sul fianco e gli disse sottovoce senza voltarsi: - Venderdinix lumborcender?Ā Il piccolo seminarista rispose: - Sinix -. Tutti capivano il gergo e si passarono la notizia; le teste con i tondi cappelli neri guardarono la luce che illuminava le finestre dellā€™appartamento del rettore e capirono che cā€™era monsignor Vescovo.Un piccolo mormorio, appena un bisbiglio, percorse la duplice fila dei seminaristi e il prefetto fece: - pis pis, - e il bisbiglio si spense.Il ragazzo dovĆ© cambiarsi la sottana e il collare; stentĆ² ad agganciarlo, il collo gli faceva male, la pressione della celluloide sul gonfiore lo costringeva a tener il capo chino.

La dolorosa inclinazione del collo gli impedƬ di partecipare alla generale allegria per la festa serale.Ā Monsignor Vescovo veniva a cena per lā€™ultima volta in seminario prima di partire per la nuova sede: dopo la predica del quaresimale ci sarebbe stata la serata dā€™addio. ā€“ padre M. da X fa la predica dellā€™inferno, - gli annunziĆ² il compagno biondo.
Poi gli chiese premuroso:
-Ā Ā Ā  Ti fa male il collo?
-Ā Ā Ā  Cresce, - rispose il ragazzo e lo ringraziĆ² con un sorriso angelico.
In cattedrale conservĆ² quel sorriso per il gruppo di putti grassi che sorreggevano lā€™arco dellā€™abside e si staccavano dal buio del fondo con le carni rosa-bruno illuminate da un candelabro.Il ragazzo aveva una tasca piena di violette pallide colte nel prato al tramonto e le stringeva nel pugno chiuso: poi di tanto in tanto odorava il palmo della mano e gli piaceva che il sottile odore dellā€™erba e dellā€™incenso che vagava nellā€™aria avesse cancellato lā€™odore solito della sua pelle.Ā Morire: parola che non impaura il giusto; ĆØ la morte eterna che fa tremare il peccatore. Libera, a porta inferi.Ā La voce del predicatore tuonava e si perdeva nelle navate dopo aver sorvolato le teste dei fedeli immersi nel buio. Il ragazzo vedeva, di tanto in tanto, la gigantesca ombra del predicatore agitarsi su una colonna a pungere con un dito enorme il cielo della nave.Ā Lā€™aria si veniva facendo calda; pareva che i corpi sotto le parole del predicatore fermentassero. Se una voce sottile di donna che poco prima lui aveva distinto tra le altre nel coro, avesse cantato ancora:Ā Voglio chiamar MariaĀ se spunta in ciel lā€™auroraĀ avrebbe avuto toni bassi e pesanti.

Gli occhi del ragazzo si velavano di sonno; sentiva, se chiudeva gli occhi, rintronargli nel capo la voce del predicatore come se parlasse a lui solo, e tentasse di togliergli dalla mente la dolcissima voce di donna che diceva: ā€œVoglio chiamar Mariaā€. Ma il sonno vinse la terribile voce e il canto gentile riprese a risonargli dentro; i putti grassi dellā€™abside erano scesi su un prato fiorito di altissime viole e di margherite rosse e, nudi, intrecciavano una danza sul ritmo della canzone.Ā Il ragazzo dormiva ma senza calma: gli occhi del prefetto gli avevano proibito di dormire, fissandolo con aria ostile e gravida di minaccia. Egli rispondeva allo sguardo col suo occhio umile, appannato, tentando di fargli comprendere che si sentiva male e che quellā€™odore di incenso della chiesa, quel respiro caldo della folla si mischiavano allā€™odore lontano delle viole, e gli davano invincibile sonno.

Il compagno biondo si spostĆ² leggermente per tentare di coprire col suo corpo la testa del ragazzo che dormiva e di tanto in tanto lo sogguardava amorevolmente.Ā CosƬ il ragazzo dormƬ qualche minuto col mento sui bottoni rossi della sottana come se pregasse.Ā Allā€™improvviso, dal fondo della navata una donna scoppiĆ² in un pianto altissimo rotta da strazianti singhiozzi: molte voci si unirono a quel pianto, flebili e gravi, con sospiri e gemiti e la chiesa fu un confuso coro doloroso e implorante.Il ragazzo si svegliĆ² di soprassalto, e vide di fronte lā€™ombra del predicatore: due enormi braccia alzavano ferocemente il cilizio cheĀ  pareva si abbattesse sulla folla piangente, e una deforme testa dondolava con affanno. Le fioche luci della navata tetra oscillavano come se il vento dei sospiri e dei singhiozzi tentasse la via del cielo.Ā La voce del predicatore dominĆ² per un attimo quella della moltitudine, poi lā€™ombra si ritirĆ² e fu inghiottita dal buio.Ā La folla si calmĆ² e cominciĆ² a ripetere con un minuto balbettio la preghiera che veniva dal pergamo.
-Ā Ā Ā  Eā€™ finita, - disse il compagno biondo. ā€“ Prega, ti guardano, - e il ragazzo mosse le labbra e mischiĆ² la sua voce a quella di tutti.
Fuori cā€™era un cielo lucido e calmo: il piccolo vento sā€™era quietato e lā€™aria era tiepida. Il ragazzo respirĆ² profondamente e di sentƬ allegro.

-Ā Ā Ā  Ora dovresti andare a letto, - gli sussurrĆ² il compagno.

-Ā Ā Ā  Poi, poi, voglio stare con voi, - rispose il ragazzo. ā€“ non sono malato -. Rispondeva con una voce leggermente bizzosa come avrebbe fatto con sua madre. Gli pareva di sta meglio, aveva in tutto il corpo un piacevole tepore e sentiva che il collo era meno rigido e, a prova, guardĆ² il cielo stellato.

Quando furono in seminario fecero per qualche minuto una lieta gazzarra e il prefetto non potĆØ impedirla; e finƬ per ridere rumorosamente anche lui.
GiĆ¹ in refettorio lā€™animazione continuĆ² mentre tutti in piedi con le spalle alle lunghe tavole apparecchiate aspettando lā€™arrivo di monsignor Vescovo.
Quelli della camerata San Raffaele, che erano piĆ¹ prossimi alla cucina, odoravano le vivande e passavano sottovoce la lista ai compagni piĆ¹ lontani.
Il rettore capitĆ² due volte sgonnellando rapido con aria eccitata e fece un gesto di scherzosa minaccia per tutto quellā€™allegro brusio. Venne poi il cameriere di monsignore e disse ad alta voce una delle sue facezie abituali; tutti risero ripetendola ai compagni che non lā€™avevano udita.Ā La tavola dei superiori nel fondo era ornata di piccoli mazzi di fiori finti e, nel centro, aveva una grande fruttiera di argento e cristallo che rappresentava il dono di addio dei seminaristi.Ā ScrosciĆ² un applauso dal fondo: tutte le teste si valsero e videro monsignor Vescovo altissimo e magro che entrava benedicendo.
Un gruppetto di preti professori e il rettore lo seguivano con le mani intrecciate sul ventre le la testa umilmente china.Ā I ragazzi delle due ali si inchinarono al passaggio con la destra sul cuore.

La voce grave e nasale del prelato recitĆ² il ā€œbenediciteā€ e tutta lā€™eccitazione cadde. Incominciarono a mangiare con gesti gravi e lenti seguendo involontariamente il ritmo imposto dalla pacatezza austera di monsignore.Ā Il ragazzo si pentƬ di non aver chiesto di andare a letto: si accorgeva di non poter mangiare. Il piatto che aveva davanti conteneva una quantitĆ  enorme di cibo e occorreva un tempo lunghissimo per mangiarlo tutto.
Ora per muoversi sarebbe stato necessario chiedere il permesso a monsignor Vescovo dopo avergli detto che lui era molto malato; poi attraversare tutta la sala sotto lo sguardo dei compagni. Era una cosa difficilissima a farsi e forse egli non ne avrebbe avuto la forza. Il compagno biondo che gli sedeva accanto e capiva tutti i suoi pensieri, mangiava svogliatamente anche lui e gli diceva in gergo che la cena sarebbe presto finita e lui avrebbe potuto andare a letto.Ā ScrosciĆ² un altro applauso: nella tavola dei superiori sā€™era alzato n piedi un prete grasso e pallido con testa scaruffata e lunatica che cominciĆ² a leggere con voce tonante una poesia:

Oh di febbraio uggioso le nuvole grige, le lunghe piogge:
Febbrar, monsignor, scegliesti per la partenza?


Nella mente del ragazzo lā€™ardore della febbre faceva le gi e le erre piĆ¹ frequenti come un confuso coro di cicale.Per le scale il compagno biondo lo sostenne.Appena a letto il ragazzo cadde in un profondissimo sonno. Si trovĆ² chiuso in una botte che navigava in un mare di pece: la botte aveva per vele due enormi ali di pipistrello e avanzava verso la riva piena di fiamme dove diavoli enormi con lunghi cilizi in mano sferzavano le acque e lo chiamavano a gran voce. Poi la botte si capovolse e il ragazzo annegĆ² nella pece.

Francesco Jovine

R a c c o n t i ,
casa ed. G. Einaudi ,
finito di stampare il 14 ottobre 1967
dall'Officina Grafica Artigiana Panelli - TORINO

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