Quaresima in seminario
Ā
Erano cresciute pallide viole al primo sole di febbraio.La sera, erano giĆ recise nel gambo dalla brezza gelida che frugava la terra. Le cercavano tra le zolle rassodate dal freddo e sapevano, prima di coglierle, che erano giĆ morte; languivano nelle tenere mani con la corolla cinerea appena striata di azzurro e di verde e odoravano di erba che non ha saputo succhiare il profumo della terra.Ā La terra era acerba ancora e il grano appena spuntava; il tramonto pieno di rosso o di amaranto era una precaria festa del cielo che declinava rapido e cupo sui tetti della vecchia cittĆ .Le campane dellāAve Maria si ricordavano che la notte giungeva come sempre e il loro suono era respinto dal cielo freddo e vagava per i vicoli dove sāaccendevano fatui lumi nellāombra deserta.
Il ragazzo aveva giĆ il ricordo di altre primavere e ora gli accadeva di desiderare un cielo alto, pieno di rondini e un vento odoroso di foglie e di fiori giovani; il desiderio dava alla sua anima alcuni presagi di una malinconia che poi si sarebbe fatta piĆ¹ grave. I suoi compagni, mentre si avviavano verso il seminario, si stringevano muti attorno al prefetto e facevano, con la notte che incupiva, un solo, mobile mucchio di ombra.
Poi si misero in fila e il prete disse:
-Ā Ā Ā Procedamus in pace, - e una voce atona rispose: - In nomine Jesus Christi.
-Ā Ā Ā Amen, - disse lui in coro con gli altri; ritrovĆ² il suo passato ritmico e riudƬ lo scalpiccio misurato dei suoi compagni e il suono, vago di un uragano remoto, che facevano le sottane larghissime ventando sulle gambe.
CosƬ lāultimo desiderio del cielo alto e della primavera gli si spense nellāanima e ritrovĆ² i suoi soliti pensieri della sera.Il suo compagno biondo gli premĆØ leggermente col gomito sul fianco e gli disse sottovoce senza voltarsi: - Venderdinix lumborcender?Ā Il piccolo seminarista rispose: - Sinix -. Tutti capivano il gergo e si passarono la notizia; le teste con i tondi cappelli neri guardarono la luce che illuminava le finestre dellāappartamento del rettore e capirono che cāera monsignor Vescovo.Un piccolo mormorio, appena un bisbiglio, percorse la duplice fila dei seminaristi e il prefetto fece: - pis pis, - e il bisbiglio si spense.Il ragazzo dovĆ© cambiarsi la sottana e il collare; stentĆ² ad agganciarlo, il collo gli faceva male, la pressione della celluloide sul gonfiore lo costringeva a tener il capo chino.
La dolorosa inclinazione del collo gli impedƬ di partecipare alla generale allegria per la festa serale.Ā Monsignor Vescovo veniva a cena per lāultima volta in seminario prima di partire per la nuova sede: dopo la predica del quaresimale ci sarebbe stata la serata dāaddio. ā padre M. da X fa la predica dellāinferno, - gli annunziĆ² il compagno biondo.
Poi gli chiese premuroso:
-Ā Ā Ā Ti fa male il collo?
-Ā Ā Ā Cresce, - rispose il ragazzo e lo ringraziĆ² con un sorriso angelico.
In cattedrale conservĆ² quel sorriso per il gruppo di putti grassi che sorreggevano lāarco dellāabside e si staccavano dal buio del fondo con le carni rosa-bruno illuminate da un candelabro.Il ragazzo aveva una tasca piena di violette pallide colte nel prato al tramonto e le stringeva nel pugno chiuso: poi di tanto in tanto odorava il palmo della mano e gli piaceva che il sottile odore dellāerba e dellāincenso che vagava nellāaria avesse cancellato lāodore solito della sua pelle.Ā Morire: parola che non impaura il giusto; ĆØ la morte eterna che fa tremare il peccatore. Libera, a porta inferi.Ā La voce del predicatore tuonava e si perdeva nelle navate dopo aver sorvolato le teste dei fedeli immersi nel buio. Il ragazzo vedeva, di tanto in tanto, la gigantesca ombra del predicatore agitarsi su una colonna a pungere con un dito enorme il cielo della nave.Ā Lāaria si veniva facendo calda; pareva che i corpi sotto le parole del predicatore fermentassero. Se una voce sottile di donna che poco prima lui aveva distinto tra le altre nel coro, avesse cantato ancora:Ā Voglio chiamar MariaĀ se spunta in ciel lāauroraĀ avrebbe avuto toni bassi e pesanti.
Gli occhi del ragazzo si velavano di sonno; sentiva, se chiudeva gli occhi, rintronargli nel capo la voce del predicatore come se parlasse a lui solo, e tentasse di togliergli dalla mente la dolcissima voce di donna che diceva: āVoglio chiamar Mariaā. Ma il sonno vinse la terribile voce e il canto gentile riprese a risonargli dentro; i putti grassi dellāabside erano scesi su un prato fiorito di altissime viole e di margherite rosse e, nudi, intrecciavano una danza sul ritmo della canzone.Ā Il ragazzo dormiva ma senza calma: gli occhi del prefetto gli avevano proibito di dormire, fissandolo con aria ostile e gravida di minaccia. Egli rispondeva allo sguardo col suo occhio umile, appannato, tentando di fargli comprendere che si sentiva male e che quellāodore di incenso della chiesa, quel respiro caldo della folla si mischiavano allāodore lontano delle viole, e gli davano invincibile sonno.
Il compagno biondo si spostĆ² leggermente per tentare di coprire col suo corpo la testa del ragazzo che dormiva e di tanto in tanto lo sogguardava amorevolmente.Ā CosƬ il ragazzo dormƬ qualche minuto col mento sui bottoni rossi della sottana come se pregasse.Ā Allāimprovviso, dal fondo della navata una donna scoppiĆ² in un pianto altissimo rotta da strazianti singhiozzi: molte voci si unirono a quel pianto, flebili e gravi, con sospiri e gemiti e la chiesa fu un confuso coro doloroso e implorante.Il ragazzo si svegliĆ² di soprassalto, e vide di fronte lāombra del predicatore: due enormi braccia alzavano ferocemente il cilizio cheĀ pareva si abbattesse sulla folla piangente, e una deforme testa dondolava con affanno. Le fioche luci della navata tetra oscillavano come se il vento dei sospiri e dei singhiozzi tentasse la via del cielo.Ā La voce del predicatore dominĆ² per un attimo quella della moltitudine, poi lāombra si ritirĆ² e fu inghiottita dal buio.Ā La folla si calmĆ² e cominciĆ² a ripetere con un minuto balbettio la preghiera che veniva dal pergamo.
-Ā Ā Ā Eā finita, - disse il compagno biondo. ā Prega, ti guardano, - e il ragazzo mosse le labbra e mischiĆ² la sua voce a quella di tutti.
Fuori cāera un cielo lucido e calmo: il piccolo vento sāera quietato e lāaria era tiepida. Il ragazzo respirĆ² profondamente e di sentƬ allegro.
-Ā Ā Ā Ora dovresti andare a letto, - gli sussurrĆ² il compagno.
-Ā Ā Ā Poi, poi, voglio stare con voi, - rispose il ragazzo. ā non sono malato -. Rispondeva con una voce leggermente bizzosa come avrebbe fatto con sua madre. Gli pareva di sta meglio, aveva in tutto il corpo un piacevole tepore e sentiva che il collo era meno rigido e, a prova, guardĆ² il cielo stellato.
Quando furono in seminario fecero per qualche minuto una lieta gazzarra e il prefetto non potĆØ impedirla; e finƬ per ridere rumorosamente anche lui.
GiĆ¹ in refettorio lāanimazione continuĆ² mentre tutti in piedi con le spalle alle lunghe tavole apparecchiate aspettando lāarrivo di monsignor Vescovo.
Quelli della camerata San Raffaele, che erano piĆ¹ prossimi alla cucina, odoravano le vivande e passavano sottovoce la lista ai compagni piĆ¹ lontani.
Il rettore capitĆ² due volte sgonnellando rapido con aria eccitata e fece un gesto di scherzosa minaccia per tutto quellāallegro brusio. Venne poi il cameriere di monsignore e disse ad alta voce una delle sue facezie abituali; tutti risero ripetendola ai compagni che non lāavevano udita.Ā La tavola dei superiori nel fondo era ornata di piccoli mazzi di fiori finti e, nel centro, aveva una grande fruttiera di argento e cristallo che rappresentava il dono di addio dei seminaristi.Ā ScrosciĆ² un applauso dal fondo: tutte le teste si valsero e videro monsignor Vescovo altissimo e magro che entrava benedicendo.
Un gruppetto di preti professori e il rettore lo seguivano con le mani intrecciate sul ventre le la testa umilmente china.Ā I ragazzi delle due ali si inchinarono al passaggio con la destra sul cuore.
La voce grave e nasale del prelato recitĆ² il ābenediciteā e tutta lāeccitazione cadde. Incominciarono a mangiare con gesti gravi e lenti seguendo involontariamente il ritmo imposto dalla pacatezza austera di monsignore.Ā Il ragazzo si pentƬ di non aver chiesto di andare a letto: si accorgeva di non poter mangiare. Il piatto che aveva davanti conteneva una quantitĆ enorme di cibo e occorreva un tempo lunghissimo per mangiarlo tutto.
Ora per muoversi sarebbe stato necessario chiedere il permesso a monsignor Vescovo dopo avergli detto che lui era molto malato; poi attraversare tutta la sala sotto lo sguardo dei compagni. Era una cosa difficilissima a farsi e forse egli non ne avrebbe avuto la forza. Il compagno biondo che gli sedeva accanto e capiva tutti i suoi pensieri, mangiava svogliatamente anche lui e gli diceva in gergo che la cena sarebbe presto finita e lui avrebbe potuto andare a letto.Ā ScrosciĆ² un altro applauso: nella tavola dei superiori sāera alzato n piedi un prete grasso e pallido con testa scaruffata e lunatica che cominciĆ² a leggere con voce tonante una poesia:
Oh di febbraio uggioso le nuvole grige, le lunghe piogge:
Febbrar, monsignor, scegliesti per la partenza?
Nella mente del ragazzo lāardore della febbre faceva le gi e le erre piĆ¹ frequenti come un confuso coro di cicale.Per le scale il compagno biondo lo sostenne.Appena a letto il ragazzo cadde in un profondissimo sonno. Si trovĆ² chiuso in una botte che navigava in un mare di pece: la botte aveva per vele due enormi ali di pipistrello e avanzava verso la riva piena di fiamme dove diavoli enormi con lunghi cilizi in mano sferzavano le acque e lo chiamavano a gran voce. Poi la botte si capovolse e il ragazzo annegĆ² nella pece.
Francesco Jovine
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